Il caso delle residenze sanitarie per gli anziani fa definitivamente esplodere lo scontro tra la Lombardia e il Lazio. Milano accusa Roma: anche nella Capitale hanno assunto decisioni che hanno aperto le porte delle Rsa al coronavirus. Da Roma rispondono: è tutto falso, la delibera laziale è completamente diversa da quella lombarda. Un casus belli drammatico visto che le case di riposo sono l’epicentro all’epidemia, i luoghi più fragili con un numero di vittime che è ancora difficile da calcolare. Secondo l’Istituto superiore della sanità nelle Rsa da febbraio sarebbero morte 7.000 persone, il 7% degli ospiti totali e il 40% aveva sintomi covid. La maggior parte delle vittime nelle residenze della Lombardia, i cui uffici della Regione sono stati perquisiti pochi giorni fa dalla Guardia di Finanza. La procura di Milano, infatti, ha aperto un’indagine sulla delibera del Pirellone dell’8 marzo che apriva le porte delle Rsa ai malati di Covid.

Secondo il quotidiano Il Giornale una atto simile sarebbe stata emesso, venti giorni dopo, anche dalla Regione Lazio. Ed è proprio a quell’articolo che si riferisce Attilio Fontana quando attacca la regione di Nicola Zingaretti. “Una delibera simile alla nostra era stata presa dal Lazio. Ma al governatore del Lazio non è stato fatto alcun tipo di contestazione”, ha detto il governatore lombardo lo ha detto a Radio Padania. Secondo Fontana, “si cerca di attaccare l’organizzazione lombarda. C’è un attacco nel confronto mio in quanto rappresentante di una certa parte politica. Si sta facendo quel fuoco incrociato – ha sostenuto – che è sempre stato fatto quando al governo c’era un rappresentante del centrodestra. Qui al governo c’è un rappresentante non del centrodestra, ma in Lombardia c’è un rappresentante del centrodestra”.

La delibera della Ragione Lazio

Da Roma è arrivata la replica dettagliata della Regione di Zingaretti, che ha smentito sia Fontana che gli articoli del Giornale. “Nessuna promiscuità tra positivi e negativi” nelle Rsa del Lazio, “nessuna facilità nel contagio, nessun caso Lombardia nel Lazio. Anzi l’opposto di quanto sembra essere stato fatto in Lombardia”, dicono dalla Pisana invitando Fontana “prima di accusare” a informarsi “bene” e definendo quella della delibera sulle Rsa una “bufala”. “Alcuni giornali”, si legge nella nota diffusa dalla Regione, in riferimento al Giornale, “prendendo spunto da una richiesta di disponibilità fatta alle Rsa del territorio dalla Regione per creare strutture esclusivamente Covid, vorrebbero far credere al lettore che, al pari della Lombardia, il Lazio avrebbe facilitato il contagio nelle residenze dedicate agli anziani. È totalmente falso– sottolinea la nota- Sarebbe bastata una telefonata, cosa che anche stavolta alcuni giornalisti non hanno fatto, per conoscere la verità”.

Ma cosa ci sarebbe di diverso tra le due delibere? “Quell’avviso pubblicato sul sito regionale aveva come obiettivo – spiegano dal Lazio – di individuare quelle Rsa disponibili a diventare centri Covid, ossia luoghi che avrebbero ospitato esclusivamente pazienti contagiati che non necessitavano di ricovero ospedaliero. Questa scelta è stata fatta proprio per isolare totalmente i contagiati e contenere la diffusione del virus. Quindi nessuna promiscuità tra positivi e negativi, nessuna facilità nel contagio, nessun caso Lombardia nel Lazio. Anzi l’opposto di quanto sembra essere stato fatto in Lombardia: dividere e ripetiamo dedicare strutture esclusivamente al Covid“. “Una buona pratica – conclude la nota – validata dall’Istituto Spallanzani, in piena conformità delle linee guida del ministero della Salute e che porterà ora anche all’apertura a Genzano di una Rsa covid totalmente pubblica proprio per continuare l’azione di divisione dei pazienti”.

La delibera della Regione Lombardia

La delibera laziale è disponibile sul sito della Regione. Si legge che in effetti “a seguito delle numerose segnalazioni di focolai covid 19 in case di riposo, si è manifestata l’esigenza di ricollocare gli ospiti non autosufficienti, anche anziani, in strutture specifiche“. Per questo motivo la Regione “invitava i titolari di strutture residenziali per persone non autosufficienti, anche anziane, a manifestare la disponibilità ad accogliere pazienti Covid positivi che non necessitano di ricovero in ambiente ospedaliero. La richiesta di disponibilità è rivolta alle strutture che siano in possesso dei requisiti minimi autorizzativi purché in grado di garantire quelli del livello estensivo all’interno di strutture o di nuclei dedicati”. Quindi si specifica che “i nuclei o le strutture devono essere isolati e dotati di personale dedicato e dovranno rispettare criteri di eleggibilità, requisiti e procedure come regolate nel documento Strutture/nuclei residenziali per l’accoglienza di pazienti non autosufficienti, anche anziani, Covid 19 positivi, tutto in conformità alle linee guida del Ministero della Salute del 25 marzo 2020″.

Diversa la delibera della Lombardia, che l’8 marzo, dava la possibilità alla strutture per anziani, su base volontaria, di ospitare pazienti Covid dimessi dagli ospedali, perché si era reso “necessario liberare rapidamente i posti letto degli ospedali per acuti (terapie intensive, sub intensive, malattie infettive, pneumologia, degenze ordinare)”. Tre le condizioni richieste alle residenze per anziani anche quella di essere “autonome dal punto di vista strutturale (padiglione separato dagli altri o struttura fisicamente indipendente) e dal punto di vista organizzativo”. A seguito di quella delibera, 15 Rsa hanno deciso di mettere a dispozione 145 posti letto liberi, in cambio del pagamento di una retta da 150 euro al giorno da parte delle casse regionali.

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