C’è un campionato in Italia che dal 2017 è tornato a chiamarsi serie C, composto da 60 squadre divise in tre gironi. A dividerlo dalla A ci sono molte più differenze dei due gradi di separazione. L’emergenza dovuta al coronavirus sta aggravando una situazione che era già critica prima. Michele Serena da calciatore ha giocato in squadre come Juventus, Inter, Sampdoria, Fiorentina, Parma, Atletico Madrid, esordendo anche in Nazionale maggiore. Da allenatore ha invece frequentato soprattutto la B e la C. “La C è una realtà completamente diversa dalla A – spiega Serena – per esempio il ritiro in una sorta di clausura per i calciatori, di cui si è parlato in questi giorni, sarebbe molto complicato in Lega Pro a livello di strutture e insostenibile come costi. Per il futuro vedo uno scenario nero, la crisi economica degli imprenditori colpirà le sponsorizzazioni. Lo Stato dovrà dare un aiuto a tutte la varie industrie e il calcio è una di queste. Senza fare scalette sui problemi del pallone: ogni attività produce, dalla A alla C”.
Al telefono Serena parla, come è solito fare, molto pacatamente, ma c’è una cosa che lo fa arrabbiare. “Non ci sono solo i calciatori della serie A, ci sono padri di famiglia che guadagnano 1500 euro al mese in Lega Pro. La maggioranza non prende stipendi da favola”.
Nel 2010-2011 il mister ha realizzato un favoloso triplete in C (allora denominata Lega Pro Prima Divisione), vincendo campionato, coppa Italia e Supercoppa di categoria. “In questo momento non sto pensando alla mia carriera, stavo aspettando tranquillamente una panchina già prima. Penso soprattutto di stare con la mia famiglia, ora la priorità deve essere comunque la salute. Io sono un privilegiato per quello che ho fatto in passato e il mio lavoro non è così importante”.
Serena ha già vissuto più volte sulla sua pelle esperienze difficili a livello economico in alcune società. “Esistono anche esempi virtuosi. Ho letto che la Reggina vuole pagare il 100 percento dello stipendio. Monza e Vicenza hanno proprietà solide ed è giusto continuino a investire quello che possono. Ci saranno tuttavia sempre più differenze tra club grandi e piccoli”.
Serena ha due figli maschi, entrambi calciatori in C. Riccardo del 1996, di proprietà del Padova, quest’anno è a Rieti. Filippo ha vent’anni ed è a Pontedera, in prestito dal Venezia. “Sono giovani e pieni di forza. Giustamente hanno l’entusiasmo dalla loro. Io ho qualche capello bianco e sono più preoccupato”.
Il calcio senza pubblico sarebbe un ulteriore danno per la C? “I diritti tv valgono per la A e la B. Vicenza, Bari, Cesena, Reggina, e dimentico di sicuro qualche club, hanno migliaia di abbonati. Però va detto che ci sono stadi dove sono presenti solo poche centinaia di spettatori. Non è vero che tutte le società avrebbero un danno economico in questo senso, basta vedere i biglietti staccati”.
Chissà il format del prossimo campionato come e se sarà stravolto. Due soli gironi da oltre venti squadre oppure due gironi più snelli ma con il ripristino di una specie di C2 che faccia da cuscinetto con i Dilettanti. “Non penso – conclude Serena – più semplicemente potrebbero far salire squadre dalla D per compensare quelle che non si iscriveranno”.