Mentre gli Stati europei chiedono alla Commissione Ue di intervenire sul mercato a sostegno degli agricoltori alle prese con la crisi economica innescata dal Covid19, in Italia l’agroalimentare sta aspettando che si riattivino le filiere collegate al settore, dalla produzione di componentistica a quelle di macchine agricole. Andare avanti diventa sempre più complicato. Soprattutto perché non c’è certezza del futuro e quanto fatto finora non basta più. Non è bastata nemmeno la risposta del commissario Ue all’Agricoltura Janusz Wojciechowski. “Abbiamo preso in considerazione interventi sul mercato come il finanziamento allo stoccaggio privato di latte – ha replicato agli eurodeputati che sollecitavano interventi – ma viviamo una situazione di bilancio molto particolare, siamo alla fine del periodo finanziario e abbiamo esaurito i fondi”. Insomma, le misure di mercato dipendono dai fondi disponibili e allo stato non ci sono ancora né “un bilancio pluriennale, né quello del 2021”.
Le filiere da riaprire
Nel frattempo in Italia tutto il settore ha gli occhi puntati sulle decisioni che verranno prese dal governo sulle riaperture. L’agroalimentare non si è mai fermato (insieme a farmaceutica, energia e logistica) e il Dpcm del 22 marzo già consente a una serie di aziende (al di fuori dai settori indicati) di andare avanti con determinate produzioni qualora dimostrino (e comunichino alle prefetture) che tale attività sia necessaria alle imprese ritenute indispensabili. “Resta bloccato il 70 per cento delle aziende italiane – spiega a ilfattoquotidiano.it Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia – e questo significa che il settore agroalimentare non può andare avanti senza la riaperture di altre filiere funzionali, da quella della componentistica a quella delle macchine agricole industriali. Se oggi mi serve l’imballaggio, domani mi servirà il trattore o la seminatrice”. Il rischio, dunque, è che si fermi tutto, ma anche quello di rimanere indietro, perdere posizioni sul mercato internazionale. Questo perché, solo in Europa, Germania e Francia non hanno mai fermato il manifatturiero e la Spagna l’ha riaperto pochi giorni fa. “Quando chiederanno lumi sui tempi che occorrono per le forniture – aggiunge Scordamaglia – i nostri principali clienti internazionali non potranno mai accettare di sentirsi rispondere ‘non lo so’ e, di fronte a questa incertezza, si rivolgeranno alla Cina per la componentistica e alla Germania, perché faccia quello che l’Italia non sta facendo più”.
Ma si è davvero pronti a riaprire? “Senza alcuna distinzione geografica, visto che quasi il 50% del Pil lo fanno Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia”, replica . “E seguendo ciò che è stato fatto nelle fabbriche del settore alimentare, dove lavorano 3 milioni di persone e dove in tutte queste settimane si sono conciliate due esigenze, quella produttiva e quella di tutelare la salute dei lavoratori, attraverso diverse misure che dovranno essere ora adottate anche dalle altre filiere. Dalle termocamere al distanziamento delle postazioni e alla rimodulazione dei turni”. Secondo Filiera Italia se non si riapre il 4 maggio anche il manifatturiero, la crisi potrebbe portare a “un calo del Pil tra il 12% e il 14%, oltre a un crollo dell’export del 10% circa”. Ad oggi, secondo i dati di Coldiretti, il 70% delle imprese agroalimentare esportatrici a marzo ha segnalato un calo delle vendite per le disdette. A pagare il conto più pesante sono stati il settore del vino e del florovivaismo, ma difficoltà sono segnalate anche per ortofrutta, formaggi, salumi e conserve.
La crisi della manodopera stagionale nei campi
Tra i nodi da sciogliere anche quello dei lavoratori stagionali nei campi, tutt’altro che risolto. Come riporta il Corriere della Sera, tra i ministeri competenti (Agricoltura, Lavoro, Interni, Economia e Giustizia ) circola, in via riservata, una bozza di legge in 18 articoli nella quale si parla di regolarizzazione tramite una dichiarazione di emersione dei rapporti di lavoro. Finora ognuno ha fatto come ha potuto: in Veneto è stata messa in piedi la piattaforma ‘IncontraLavoro Agricoltura’, che incrocia domanda e offerta di lavoro per reperire manodopera per campi, serre e aziende agricole. A gestirla è l’ente strumentale Veneto Lavoro, attraverso 39 Centri per l’impiego. Coldiretti ha varato la banca dati ‘Jobincountry’ autorizzata dal ministero del Lavoro, che in un solo giorno ha raccolto più di 500 richieste di cassintegrati e disoccupati. Del Comune di Riccione, invece, l’idea (rilanciata da Luca Bracci, presidente di Confcooperative di Rimini e Ravenna) di ‘dirottare’ i lavoratori stagionali del turismo sul comparto agricolo.
“Dall’Europa risposta deludente contro la crisi del settore”
In questo contesto, anche in Italia, non si sono fatte attendere le reazioni alle parole del commissario Wojciechowski. Secondo la Confederazione italiana agricoltori le azioni messe in campo finora dall’Europa “sono solo un piccolo passo per rispondere alla crisi”. Da Bruxelles, infatti, è arrivata la flessibilità per la gestione degli aiuti Pac (Politica agricola comune) oltre all’annuncio di un provvedimento per riassegnare i 6 miliardi di fondi Ue non ancora impegnati nell’ambito dei programmi per lo sviluppo rurale. La risposta del commissario Ue all’Agricoltura è stata definita “deludente e inadeguata alla gravità della situazione” anche dal presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, secondo cui l’emergenza non può essere gestita con il ricorso agli aiuti di Stato e con la riprogrammazione dei fondi ancora non spesi a livello nazionale per lo sviluppo rurale. “È una visione priva di qualsiasi orizzonte strategico – ha dichiarato – mentre la crisi è profonda e non sarà di breve durata. È indispensabile mettere a punto un piano di accompagnamento dell’agricoltura almeno fino alla fine di quest’anno”.
I ministri alla Commissione: “Subito aiuto allo stoccaggio”
Secondo le recenti stime dell’Organizzazione mondiale del commercio la recessione economica taglierà la domanda interna, il commercio internazionale farà registrare nel 2020 una contrazione in volume di oltre il 10 per cento nella migliore delle ipotesi. “Va ricordato – ha sottolineato Giansanti – che l’Ue è il primo esportatore al mondo di prodotti agroalimentari”. Sulla base della normativa vigente, alcune proposte sono già arrivate sul tavolo della Commissione. Ad esempio, gli aiuti allo stoccaggio per i prodotti della zootecnia. “Nel bilancio agricolo dell’Ue esiste già una riserva di crisi – ha evidenziato il presidente di Confagricoltura – con una dotazione di circa 450 milioni di euro, a cui attingere per il varo dei provvedimenti più urgenti. Ulteriori stanziamenti dovranno essere individuati nella proposta sul nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Unione che la Commissione presenterà entro la fine di aprile”. Confagricoltura ricorda anche che nel 2014, per limitare l’impatto del bando delle esportazioni agroalimentari della Ue verso la Federazione Russa, furono stanziati fondi extra-agricoli per oltre un miliardo di euro.
Nel frattempo, c’è stata una nuova presa di posizione da parte degli Stati membri e i ministri dell’agricoltura dell’Unione hanno chiesto, con una dichiarazione congiunta, alla Commissione europea l’attivazione immediata dell’aiuto allo stoccaggio dei prodotti alimentari e di tutte le misure anti-crisi previste dalla Pac. I ministri sono tornati a sollecitare interventi sul mercato da parte della Commissione Ue “per tutti i settori vulnerabili”, facendo seguito alle richieste già presentate al commissario all’agricoltura. Alla fine una risposta è arrivata da un portavoce della Commissione, Daniel Rosario. “La Commissione europea controlla e analizza costantemente la situazione in tutti i mercati agricoli” e “sta discutendo proposte per ulteriori misure a sostegno degli agricoltori”.