Le restrizioni sociali imposte dal governo per contenere i rischi di contagio dal virus Covid-19 hanno cambiato le nostre abitudini e questo ha avuto una ricaduta anche nell’ambito delle cure psicologiche. Anche se la psicoterapia non rientrava nel novero delle attività sottoposte a restrizione, si è creato da subito un allineamento nella convinzione sia dei pazienti che dei terapeuti che fosse auspicabile il venire meno della presenza anche in esse, dato il momento, e che si potesse trasferire online lo spazio di incontro.

Non tutti hanno accettato l’alternativa: alcuni pazienti e terapeuti hanno preferito fare una sospensione e rimandare le cure al “dopo emergenza Covid”, per vari motivi. Per quel che riguarda i pazienti, c’è chi non apprezza il rapporto con la tecnologia e si sente poco a suo agio a raccontarsi in uno spazio virtuale, e chi non riesce a ritrovare uno spazio di privacy adeguato a casa, se abita in un piccolo appartamento che condivide con un partner, con i genitori, con i fratelli o con i figli.

Per quel che riguarda i terapeuti c’è chi, come tra i pazienti, non ha un buon rapporto con la tecnologia e guarda con diffidenza il cyberspazio perché ritiene che qui venga meno il passaggio di molte informazioni (per esempio il linguaggio del corpo) e che questo favorisca momenti di incomprensione e difficoltà di comunicazione e, in virtù di questa carenza di dati, vive lo schermo come un ostacolo alla percezione empatica del paziente.

Io ho attraversato diverse fasi, da quella di diffidenza iniziale tanti anni fa a quella di curiosità, a quella di saltuario ricorso al virtuale per seguire pazienti che si erano trasferiti in altre città, all’utilizzo più assiduo della videoseduta, fino alla condizione attuale in cui dai primi di marzo il mio lavoro si realizza totalmente online.

La domanda più frequente è: quanto il lavoro online sia equiparabile a quello in presenza? Quanto sia realmente efficace? Se pone più vantaggi o svantaggi di quello in presenza.

In generale la psicoterapia è un percorso di cura che avviene all’interno di quello che noi chiamiamo setting cioè all’interno di regole precise che pazienti e terapeuti devono rispettare. Il setting è uno spazio mentale e fisico che definisce il luogo, l’orario, le date degli incontri, così come gli accordi economici e la possibilità di contatti tra paziente e terapeuta al di fuori delle sedute e altro ancora.

La terapia online segue le stesse regole ma è priva di presenza fisica, avviene in uno spazio virtuale, internet, e attraverso uno strumento, pc, tablet, smartphone. Gli aspetti importanti per il buon esito di una terapia, cioè l’alleanza terapeutica, l’empatia, la fiducia, la costruzione di obiettivi da perseguire sono presenti in entrambi i percorsi e non sono legati alla condizione di presenza della terapia, ma ai suoi aspetti relazionali e progettuali.

Sull’efficacia delle terapie online e sull’effettiva possibilità di ricostruire online un’adeguata vicinanza emotiva e sufficienti processi empatici si riflette da una ventina di anni e più. Molte sono le ricerche effettuate al riguardo; alcune di queste hanno dimostrato che le perplessità sono per lo più pregiudiziali e che le terapie online possono avere la stessa efficacia della psicoterapia in presenza, a volte addirittura essere più efficaci.

Sembrano inoltre offrire diversi vantaggi: oltre a essere possibili a distanza, quindi permettere di scegliere uno specifico indirizzo terapeutico e un professionista preferito, aiutano a mantenere la continuità in una relazione terapeutica se uno dei due si trasferisce in altra città; sono fruibili anche da chi ha difficoltà a raggiungere il terapeuta per i più svariati motivi (lavoro, malattia, disabilità) e, in ultima analisi, anche da chi ha più difficoltà a superare la paura del giudizio e la vergogna di rivolgersi a uno psicoterapeuta e trova più facile aprirsi e raccontarsi sentendosi protetto da uno schermo.

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