La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina lo ha detto chiaramente: non si tornerà a scuola fino al prossimo settembre. Una decisione necessaria anche per dare il tempo al Ministero di riorganizzare il ritorno sui banchi in questo contesto di emergenza coronavirus, compito che spetterà al tavolo tecnico presieduto da Patrizio Bianchi che assicura fin d’ora risposte nel più breve tempo possibile su come e se si potrà rientrare in aula. Una delle ipotesi in campo è quella di un mix tra alunni in classe e a casa con la didattica a distanza. Una soluzione che non piace alle organizzazioni sindacali che spingono per partenze diversificate da regione a regione e una dotazione straordinaria di organico sia di docenti che di bidelli, tornando in classe quando non ci sarà più alcun problema di contagio. Un’idea condivisa anche dall’Associazione nazionale presidi che esclude lezioni con le mascherine e il distanziamento sociale. Chi è pronto a farsi carico di questo impegno è Bianchi: “La nostra sarà una commissione tecnica di supporto al ministro e all’amministrazione. Non ho per ora delle ipotesi sulla riapertura. Ho chiarissima però la questione dei tempi: sento tutta l’urgenza di dare al ministro, all’amministrazione e alle famiglie un contributo affinché si possa ripartire serenamente. Ho chiarissima l’urgenza. Lavorerò perché tutti si possano rendere conto delle problematiche e delle diverse opzioni nel più breve tempo possibile”.
Con lui potrebbero sedersi al tavolo tecnico il professor Giuseppe Paschetto, tra i 50 insegnanti finalisti del Global Teacher Prize nel 2019 e due dirigenti, Amanda Ferrario e Salvatore Giuliano, che ha ricoperto anche il ruolo di sottosegretario all’Istruzione. “Ritengo – spiega Giuliano – che si debba tornare tutti a scuola quando le condizioni sanitarie lo consentiranno. I turni non rispondono all’interesse della scuola e nemmeno ai dettami della sicurezza. Non riesco a intravederne i punti di vantaggio di un’operazione del genere. Non so se è logico pensare che muoverne metà degli alunni sia meno pericoloso che spostarli tutti. Dobbiamo considerare gli aspetti logistici dell’organizzazione dell’attività scolastica: non c’è lo spazio per distanziare gli alunni; i mezzi di trasporto dopo un certo orario non ci sono in alcune aree del Paese”.
Ancora più lapidario Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: “L’idea di tornare a scuola con il distanziamento sociale non la vedo praticabile. Meglio proseguire con la didattica a distanza se a settembre dovessero ancora esserci problemi. Se i bambini tornano a scuola i morti aumentano. Non possiamo scimmiottare quello che avviene nelle fabbriche. Un lavoratore è disposto a portare i dispositivi di protezione individuale, un bambino di cinque o sei anni fa fatica”.
Particolarmente critico Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil: “Questa idea della task force non può sostituire il confronto con le organizzazioni sindacali. Siamo in ritardo. E’ sconcertante che finora non si sia ragionato sul rientro in aula a settembre. Ciò che serve per ripartire è un organico straordinario. Bisogna mettere in cattedra i precari e ragionare sulla sanificazione”.
Lena Gissi, segretaria nazionale della Cisl Scuola chiede di non avere fretta a riaprire le scuole e snocciola una serie di questioni che vanno affrontate da qui a settembre: “Va elaborato un protocollo. Se si dovesse riaprire servirebbero dispositivi di protezione individuale per personale e alunni. Bisogna ragionare sulle aule ma anche sugli spazi comuni come le palestre, i giardini, corridoi. Come si farà la ricreazione? E la pulizia? Servirà una sanificazione, non si può più pensare allo straccetto che passa una volta alla settimana con un collaboratore per plesso. Serve una sanificazione di tutti i banchi, dei computer, delle sedie, delle scrivanie. E poi pensiamo agli scuolabus sempre sovraffollati”. Diverso il parere di Rino Di Meglio della Gilda: “Dovremo abituarci a convivere con il distanziamento sociale. Il ministero si sta orientando per un mix tra didattica a distanza e lezioni in presenza, potrebbe essere una soluzione. Ma lasciamo spazio all’autonomia delle scuole. Dovrebbero essere loro a trovare le soluzioni migliori”.