Oggi ho ripensato alla frase “Siamo tutti sulla stessa barca”, pronunciata da Papa Francesco durante il suggestivo momento di preghiera in una Piazza San Pietro deserta. Mi sono fermata a riflettere su questa bellissima immagine: l’Umanità unita e solidale che condivide la stessa barca, le stesse emozioni e le stesse sofferenze.

Stiamo vivendo un momento storico unico, un pezzo di storia del nostro Paese che segnerà per sempre le generazioni future e che ci sta offrendo l’occasione di ripensare meglio alle nostre vite. Stiamo riscoprendo il valore del tempo e della pazienza, degli affetti, della solidarietà e dell’impegno sociale. Questa condizione forzata ci sta dando la possibilità di individuare le nostre priorità, le cose per le quali vale la pena lottare e impegnarsi.

Questa occasione non può essere sprecata, soprattutto dal nostro governo che in questo momento così delicato ha l’arduo compito di valutare meglio e in maniera più lucida possibile ciò che è meglio per il Paese.

E il pensiero torna a quella frase: siamo davvero sicuri di essere tutti sulla stessa barca? La mia impressione è quella di navigare tutti sullo stesso mare, ma su barche diverse. Ci sono le Navi di salvataggio, che hanno visto nel corso degli anni e dei governi dimezzare sempre più le loro finanze, a vantaggio dei mega Yacht privati che festeggiavano con musica e champagne.

Ma oggi che la festa è finita e anche l’ultimo sorso di champagne è stato bevuto, non appena è scoppiata la tempesta gli Yacht si sono incagliati e le navi di salvataggio accolgono i superstiti, senza clamore, senza sosta e soprattutto senza sufficienti mezzi per difendersi dalla violenza della bufera.

Poi c’è l’elegante Veliero che si fa largo tra le onde, sembra danzare ma in realtà naviga a vista e fa di tutto per non capovolgersi e affondare. Cerca di trovare soluzioni immediate al mare in burrasca e si affida al suo capitano, il quale tenta in ogni modo di mantenere la calma e di domare le onde sempre più minacciose. Ma le onde non sono l’unica minaccia per lui, poco distante si staglia sull’acqua la Nave dei Pirati capitanata da due abili intrattenitori di masse, due incantatori di serpenti che navigano col favore della tempesta nel tentativo di minacciare la stabilità del Veliero.

Pericolosamente in balìa delle onde altissime si intravede a malapena il Traghetto. Non c’è nessuno al timone, segue le onde e spera di non schiantarsi sugli scogli. Di tanto in tanto riceve qualche indicazione dal Veliero, che segue le sue sorti con ansia. Ogni passeggero è chiuso nella propria cabina, sempre che ci si possa permettere di averne una, altrimenti ci si arrangia sulle poltrone e per i meno fortunati rimane solo un sacco a pelo o una coperta sul ponte centrale.

In tanti muoiono, specialmente i più cagionevoli e gli anziani, che vengono scaraventati con forza contro le pareti del traghetto dalla potenza del mare. In lontananza, quasi fosse un miraggio, si vede avanzare una piccola imbarcazione. E’ scoperta e poco stabile, sembra quasi possa capovolgersi da un momento all’altro. Ci sono alcune persone a bordo che nonostante la tempesta si danno da fare per riparare le numerose falle dello scafo. Qualcuno canta, qualcun altro danza insieme alle onde, altri ancora decantano poesie o recitano passi di Shakespeare e c’è anche chi riproduce sulla propria tela l’inquietante paesaggio che lo circonda.

Non appena l’imbarcazione si avvicina alle altre un coro di voci chiede aiuto, ma non per sé, per la propria arte. C’è chi lancia la propria tela sul Veliero e chiede che venga preservata dalle acque, chi invece canta con trasporto perché chi lo ascolta non possa mai dimenticare quella canzone, c’è chi racconta la propria disperazione attraverso un personaggio e chi lancia libri a tutte le altre imbarcazioni, perché chi li legge possa trovare un modo per scappare da quella orribile realtà.

Ma nessuno risponde loro. Nessuno sembra volerli aiutare, tutti li ignorano. Tutti convengono che in una simile situazione non si può pensare a cantare, ballare e dipingere tramonti. La situazione impone una scelta per il Veliero, che è l’unico che potrebbe salvare qualcuno senza rischiare di affondare lui stesso e per adesso la barchetta degli artisti può aspettare. Forse ripasserà, magari nella fase 3, quando tutto sarà più tranquillo. Sempre che la barchetta sopravviva alla tempesta. Il rischio è calcolato, le conseguenze purtroppo no.

Quando la tempesta sarà finita e torneranno gli abbracci, ricordiamoci di quel Paese meraviglioso fondato sulla cultura e sulle arti, tanto amato e ammirato da tutto il resto del mondo, che è miseramente sprofondato in fondo al mare della noncuranza.

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