La bellezza di assumersi delle responsabilità. Di ammettere che possono essere stati commessi errori, senza per forza puntare il dito sugli altri per alleggerire il peso di scelte risultate evidentemente infelici. La bellezza di sentirsi davvero ‘responsabile’ per qualcun altro, perché lo rappresenti. E invece no. Questo non accade. Secondo il governatore lombardo Attilio Fontana, la Regione non ha commesso errori. Nonostante i numeri: secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, in 266 residenze sanitarie assistenziali della Lombardia, tra febbraio e marzo, sono morti (su 3.045 decessi) 1.625 anziani positivi a Covid-19 o che avevano i sintomi del Coronavirus.

Non accade, nonostante l’apertura di diverse inchieste sulla strage che si è consumata tra le mura delle Rsa lombarde. Per carità, non è mica accaduto solo in Lombardia, ci sono fascicoli aperti in diverse procure italiane, ma è lo stesso Iss a spiegare con i numeri che qui – anche su questo fronte – i dati sono i più critici. Poi ci sono le storie di chi ha affidato una mamma o un papà in buone condizioni di salute alle cure di una rsa e non li ha più rivisti.

Cosa è accaduto lo stabilirà la magistratura. Ma, al di là delle eventuali responsabilità penali che si riscontreranno o meno, degli esiti delle indagini su singoli, strutture ed enti coinvolti, non posso non domandarmi come si faccia a leggere quei dati, ad ascoltare quelle storie e a dire “non abbiamo assolutamente sbagliato niente”.

Quello doveva fare una cosa (“sono stati i nostri tecnici che ci hanno fatto la proposta e hanno valutato le proposte delle singole case di riposo e noi ci siamo adeguati”), quell’altro ne doveva fare un’altra (“l’Ats doveva controllare le condizioni della delibera, ossia l’isolamento in singoli reparti e dipendenti dedicati esclusivamente a quei pazienti”), e quell’altro ancora ha fatto come noi, ma nessuno lo accusa (“al governatore del Lazio non è stato fatto alcun tipo di contestazione” nonostante una delibera simile a quella lombarda “presa nel Lazio”). Per la cronaca, ha spiegato la Regione Lazio, l’avviso in questione pubblicato sul sito istituzionale “aveva come obiettivo quello di individuare le Rsa disponibili a diventare centri Covid, ossia luoghi che avrebbero ospitato esclusivamente pazienti contagiati, che non necessitavano di ricovero ospedaliero”.

Ma torniamo al punto: le responsabilità, non penali ma politiche. Perché è lo stesso Fontana che dice “i nostri tecnici”. Mica quelli di Trump, di Macron o quelli di qualche altro Ente. Massima comprensione quando il governatore della Lombardia dice: “Bisogna ricordare che la scelta è stata fatta perché non avevamo più posti per curare gente in ospedale”. Verissimo, ma da qui a “non abbiamo assolutamente sbagliato niente” mi pare che ce ne passi. Nessuno saprà mai, possiamo solo immaginare, cosa sarebbe accaduto in altre regioni se fossero state le prime a trovarsi faccia a faccia con il contagio. Perché quei presidi territoriali pubblici che sono mancati in Lombardia, non è che in altre aree del Paese abbondino. Il fattore legato al momento drammatico non può essere ignorato, ma non cancella tutto il resto.

Lo stesso sindaco di Milano ha ammesso alcuni dei suoi errori. “Il 27 febbraio in rete circolava il video #milanononsiferma: forse ho sbagliato a rilanciarlo, ma in quel momento nessuno aveva compreso la veemenza del virus” ha scritto sui social, passando un mese dopo a #restateacasa. E ammettendo di aver preso una cantonata nella strategia su trasporti pubblici.

Da quando è iniziata l’emergenza, però, sono mancate da parte di molti parole di vera ‘responsabilità’. Mi hanno colpito quelle del sindaco di Vaiano (Prato), Primo Bosi, che ha appena annunciato la sua guarigione, ma che il 24 marzo aveva comunicato di essere risultato positivo al tampone per il Covid-19. E che sui social aveva scritto: “È terribile, ho messo in difficoltà amici, colleghi e collaboratori. Chiedo perciò scusa a tutti voi”. La bellezza di chiedere scusa (persino quando non si hanno colpe).

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