La Fase 2 si baserà su un “piano nazionale”. Questo ha detto il premier Giuseppe Conte e questo è l’invito che la ministra della Pa, Fabiana Dadone, rivolge alle Regioni: “Evitare fughe in avanti“. Altrimenti “si rischierebbe di aprire una nuova fase di contagio, il famoso secondo picco“, avverte la ministra. Il dibattito su come ripartire continua. Il governo, con il ministro della Salute, Roberto Speranza, annuncia che “nel prossimo decreto investiremo risorse per rafforzare la rete di assistenza sul territorio” e per “strutture che si specializzano sul Covid, perché gli ospedali misti facilmente moltiplicano il contagio”. Tra i governatori invece prosegue la polemica sull’ipotesi di un’apertura differenziata per Regioni. Ipotesi che non è stata scartata dal ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli: “Si può ragionare su una regionalizzazione delle riaperture, nelle regioni che hanno meno persone positive è più facile tracciare i contatti”, ha detto domenica sera ospite a Che tempo che fa.
Domenica il governatore del Veneto Luca Zaia ha parlato di “un Sud contro Nord“. “Invito i governatori – dice la ministra Dadone su Rtl 102.5 – a non fornire risposte completamente disordinate ma a coordinarsi con il governo ed evitare di fare inutili polemiche, creando la sensazione in chi li ascolta che si sia completamente allo sbando, mentre tra governo con le regioni c’è un confronto constante“. “In realtà è la confusione percepita che regna sovrana – continua Dadone – abbiamo chiesto alle Regioni di attenersi a quelle che sono le linee generali“. “Poi possiamo concedere ai governatori, all’interno della propria specificità, di intervenire“, ma solo in forma più restrittiva rispetto alle decisioni del Governo, spiega la ministra Dadone.
“Quella che abbiamo di fronte sarà una settimana fondamentale per l’elaborazione della cosiddetta ‘fase 2‘, una ripartenza in piena sicurezza per tutti i cittadini”, sottolinea su Fb il Guardasigilli e capo delegazione M5s, Alfonso Bonafede: “Alla base della ripartenza deve esserci la compattezza di tutte le istituzioni coinvolte: dal Governo, insieme al Comitato tecnico scientifico e alla task force, alle Regioni e i Comuni. Bisogna essere uniti e coordinati nell’applicare e declinare le misure nei singoli territori. Ogni divisione rallenterebbe la ripartenza”, avverte Bonafede.
Fontana: “Rischio se alcune Regioni aprono prima” – Contro l’ipotesi di riaperture differenziate Regione per Regione si schiera anche il governatore lombardo Attilio Fontana: “Io credo che se rispettassimo tutti le stesse regole riusciremmo a contenerlo. Se così non fosse non dovrebbe aprire nessuno“, dice a Centocittà su Rai Radio 1, rispondendo alla domanda se sarebbe giusto far ripartire prima della Lombardia le Regioni al momento meno colpite dal coronavirus. “O siamo in grado di contenere il contagio, allora si apre tutti, o se non siamo in grado non c’è chi ‘è più o chi è menò, perché se il contagio riprende anche da chi è meno è un rischio per tutti“, sostiene Fontana. Che poi in un post su Facebook risponde al governatore Vincenzo De Luca che ha ‘minacciato’ di chiudere i confini della Campania: “Noi non chiuderemo mai la porta ai 160 mila italiani, tra cui circa 14mila campani, che ogni anno scelgono di venire in Lombardia per farsi curare“.
Bonaccini: “Fiducia in Conte, ma faccia in fretta” – “Verso il premier Conte ho piena fiducia. Dico al presidente del consiglio di fare in fretta, come è stato fatto in altri Paesi”, dice il governatore della Regione Emilia-Romagna e presidente della Conferenza della Regioni Stefano Bonaccini, in un’intervista su Rai News24. “Si prendano decisioni – aggiunge – perché non vogliamo che riapra tutto, ma ci mancherebbe”, però ci sono ” imprese del manifatturiero con vocazione internazionale e i cantieri che bisogna che ripartano”. “Non capisco perché, se in alcuni Paesi europei si è ripartiti o non si è mai chiuso, non lo si possa fare, in sicurezza, nel Paese”, sostiene il governatore, che chiede per esempio che le mascherine siano “obbligatorie a livello nazionale, mettendo anche a fianco una sanzione per chi non rispetta il suo utilizzo”.
Strutture Covid e medicina territoriale – Intanto l’esecutivo continua il lavoro sul dossier che fisserà i paletti della Fase 2. “Nel prossimo decreto investiremo risorse per rafforzare la rete di assistenza sul territorio. Abbiamo bisogno di strutture che si specializzano sul Covid, perché gli ospedali misti facilmente moltiplicano il contagio: molte ne sono nate in giro per l’Italia, dobbiamo insistere su questo terreno”. Il ministro della Sanità Roberto Speranza, intervistato a Radio Capital, anticipa che nel prossimo decreto ci saranno fondi per strutture che possano occuparsi esclusivamente di pazienti contagiati dal coronavirus, per evitare che gli ospedali – come è successo a Codogno e nella Bergamasca – diventino focolai. Parlando della fase due, il ministro ha sottolineato l’urgenza di “rafforzare la rete di assistenza territoriale. Così il virus si combatte meglio. Conta quanto sei veloce a individuare un caso positivo e isolarlo”. Un punto sollevato nella lettera inviata al ministero da 100mila medici, che hanno evidenziato la centralità della medicina territoriale per evitare nuove ondate. “Noi ci attrezziamo con linee guida nazionali su come reggere questa sfida“, aggiunge Speranza. “È fondamentale insistere, sul piano sanitario”.
L’ipotesi: restrizioni per chi non scarica l’app – A giocare un ruolo importante sarà anche la app Immuni, per la quale Arcuri ha già firmato l’ordinanza, e che intende tracciare i contatti via bluetooth di chi volontariamente la installerà. Perché abbia successo e possa essere utile, dovrà averla almeno il 60% degli italiani: per orientare la scelta, secondo quanto emerge, chi non la scaricherà smartphone avrà restrizioni (al momento non meglio definite) sulla mobilità. Per gli anziani invece, in genere meno tecnologici ma più esposti al Covid-19, si fa strada l’ipotesi di un braccialetto elettronico. “L’app – ha detto Speranza – è uno degli strumenti: in questa vicenda non c’è una mossa salvifica. Oltre alla prima funzione essenziale di tracciare i contatti, potrà essere molto utile per rafforzare la sanità digitale del nostro Paese – aggiunge – dobbiamo lavorare in questa direzione“. Il ministro immagina dunque che l’uso di Immuni possa andare “anche al di là del Covid, immaginando come il paziente a casa possa avere una modalità di comunicazione diretta con il medico e le strutture sanitarie. Credo ci aiuterà anche a colmare un divario sul terreno della sanità digitale“.
Quanto alla ripartenza del campionato di calcio, “con più di 400 morti al giorno, con sincerità, e parlo anche da tifoso, questo è l’ultimo problema di cui possiamo occuparci. Le priorità del Paese sono altre”. Poi ricorda che “tutte le imprese, quelle che sono rimaste aperte e quelle che apriranno, devono rispettare le stesse norme, e l’indicazione è di rispettare la distanza di almeno un metro, che è l’indicazione che viene utilizzata dall’Oms e dall’Ecdc, centro europeo per il controllo e la sorveglianza delle malattie”. E aggiunge che l’Italia sta facendo “più di 60 mila tamponi al giorno, ai livelli della Germania e più di molti altri Paesi europei”, che la “fase due sia da costruire insieme” e che, soprattutto, la battaglia” contro il coronavirus “non è già vinta”.