Dopo le perquisizioni nella sede del Pio Albergo Trivulzio e le acquisizioni nella sede della Regione Lombardia la Guardia di finanza di Milano sta effettuando perquisizioni all’Istituto Palazzolo Fondazione Don Carlo Gnocchi nell’inchiesta della Procura sulla gestione delle Residenze sanitarie assistenziali per le morti di centinaia di anziani. Nell’indagine sul Don Gnocchi sono indagati per epidemia e omicidio colposi il direttore generale Antonio Dennis Troisi, il direttore sanitario Federica Tartarone e Fabrizio Giunco, direttore dei servizi medici socio-sanitari. Indagato anche Papa Wall Ndiaye, presidente della Ampast, cooperativa di cui fanno parte i lavoratori della struttura.
Le attività andranno avanti per tutto il giorno (si tratta di acquisire cartelle cliniche, documentazione e comunicazioni anche informatiche, come avvenuto al Trivulzio e in altre Rsa nei giorni scorsi). E partecipa anche la squadra di polizia giudiziaria del dipartimento guidato dall’aggiunto Tiziana Siciliano. La Fondazione ha sempre ribadito che “sin dal 24 febbraio e per tutta l’evoluzione dell’emergenza” è stata adottata “la massima cautela possibile, attuando le procedure e le misure precauzionali definite da Iss e Oms, anche quelle riguardanti” i dispositivi di protezione.
L’esposto dei lavoratori e i 140 morti – Il fascicolo sul Don Gnocchi (sono un’altra ventina quelli sulle Rsa milanesi e crescono sulla base di denunce continue) è scaturito da un esposto di una quindicina di lavoratori, assistiti dal legale Romolo Reboa, che hanno contestato ai vertici della struttura di avere tenuto “nascosti moltissimi casi di lavoratori contagiati da Covid 19, benché ne fossero a conoscenza almeno dal 10 marzo” e di avere “impedito ai lavoratori l’uso delle mascherine per non spaventare l’utenza”. A inizio aprile il Don Gnocchi contava un numero di ospiti deceduti da marzo simile a quello del Trivulzio, ossia circa 140 morti. Nel fascicolo sono confluite anche le denunce di familiari. Intanto, la cooperativa Ampast ha inviato una contestazione disciplinare con sospensione ai lavoratori che hanno denunciato il Don Gnocchi. Le perquisizioni riguardano anche la cooperativa.
Finanzieri a caccia di documenti sui pazienti – Gli investigatori, su ordine della procura di Milano, sono a caccia delle disposizioni impartite dalla Regione e da Ats (ex Asl) sull’emergenza Covid, la corrispondenza anche informale con gli uffici regionali e Ats e poi ancora ordini e disposizioni al personale e la documentazione sui pazienti trasferiti da ospedali nella struttura in base all’ormai nota delibera regionale dell’8 marzo. I finanzieri stanno cercando, anche con sequestri di dispositivi informatici, anche registri, fascicoli personali, cartelle cliniche dei pazienti malati o deceduti, oltre a bozze, agende, carte di lavoro per un periodo che va da gennaio in poi. Stessa attività che hanno fatto alcuni giorni fa al Pio Albergo Trivulzio. E poi ancora le carte sulla distribuzione dei dispositivi di protezione come le mascherine e l’elenco dei tamponi effettuati su ospiti e personale.
La fondazione precisa “di aver legittimamente esercitato il proprio diritto contrattuale di ‘non gradimentò nei confronti della cooperativa Ampast” perché quei lavoratori “a mezzo stampa e televisione, avevano espresso giudizi gravi e calunniosi”. In generale, le indagini della Procura puntano anche ad accertare eventuali irregolarità nell’operato di Regione Lombardia e dell’Agenzia di tutela della salute, sia in relazione alla delibera dell’8 marzo sul trasferimento di pazienti Covid nelle case di riposo che sulle indicazioni fornite alle strutture sui rischi dell’epidemia.
Nelle denunce presentate dai parenti dei pazienti abbiamo chiesto di accertare se sia stata corretta la scelta” da parte dell’Istituto Palazzolo-Don Gnocchi “di aprire il reparto Covid-19, rispondendo alla richiesta di aiuto della delibera regionale dell’8 marzo e se nel farlo siano state adottate tutte le cautele previste da tale delibera” precisa l’avvocato Romolo Reboa, che insieme agli avvocati Gabriele Germano e Massimo Reboa, assiste i 18 lavoratori di una cooperativa che lavora nella rsa di via Palazzolo, a Milano.
L’avvocato dei lavoratori: “Fare chiarezza su apertura reparto Covid” – In particolare, continua il legale, “abbiamo chiesto di accertare se non sarebbe stato meglio aprire il reparto Covid in una terza palazzina isolata già esistente, piuttosto che al piano terra della Palazzina Montini”. L’avvocato, che assiste anche famiglie di anziani morti alla Don Gnocchi e nella rsa della Girola, in zona Niguarda a Milano, ha detto di augurarsi “che la Guardia di Finanza rinvenga le prove di quelli che erano i protocolli operativi in seno all’Istituto dall’inizio dell’anno, il numero dei deceduti e le copie degli avvisi di morte inviati ai comuni di residenza, dato che ai nostri assistiti o non sono stati inviati o sono stati trasmessi incompleti, cioè omettendo le pagine ove sono le cause della morte, viceversa fondamentali in una inchiesta ove, a causa dell’emergenza covid19, la Procura della Repubblica non ha potuto disporre l’autopsia sulle salme dei tanti deceduti”.
Per quanto riguarda le contestazioni disciplinari comunicate ieri dalla cooperativa Ampast ai lavoratori che hanno sporto denuncia contro la Fondazione, l’avvocato Reboa ha affermato: “Quello di procedere ad azione disciplinare nei confronti dei lavoratori che hanno denunciato fatti che ritengono abbiano un nesso causale con i contagi propri e di molti colleghi, oltre che la morte di centinaia di anziani, mi sembra corrisponda ad un modus operandi comune a molte rsa, dato che così ha proceduto il 13 Marzo anche la cooperativa che gestisce la rsa Virginio Ferrari, ove il mio studio difende altri lavoratori, per una segnalazione fatta al sindaco di Milano”. “Queste azioni – ha aggiunto – , che a mio avviso saranno sanzionate dalla magistratura anche con riferimento alla recente normativa in tema di whistleblowing di cui alla L. 179/2017, hanno però un effetto deterrente sugli altri lavoratori, che al rischio di perdere lo stipendio preferiscono rischiare la salute o, persino, la vita”.
Intanto anche la Procura di Bergamo – dopo quella di Brescia – ha aperto un’inchiesta sulle morti nelle Rsa del territorio. Un’indagine che, come scrive l’Eco di Bergamo, va ad aggiungersi a quella, aperta da tempo, su quanto accaduto nell’ospedale di Alzano in cui si intende chiarire per quali ragioni il 23 febbraio scorso il pronto soccorso fu chiuso e riaperto dopo quattro ore e se la sanificazione fu fatta in modo corretto. La decisione di aprire l’inchiesta sulle Rsa è stata presa dopo una riunione tra il procuratore facente funzione Maria Cristina Rota e i pm che fanno parte del pool creato appositamente.