Spread tra titoli di Stato decennali italiani e tedeschi di nuovo alle stelle, a 268 punti base, in vista del Consiglio europeo di giovedì. E deciso rialzo anche per i Btp trentennali, il cui rendimento è salito di 21 punti al 2,92%. Intanto le Borse sono sotto choc davanti al fenomeno senza precedenti del petrolio “sottozero”, anche se i prezzi negativi hanno riguardato solo i contratti future con consegna a maggio e martedì sono tornati in positivo. Quella del 21 aprile è stata un’altra seduta ad alta tensione, con tutti i listini europei in rosso affossati dal crollo dei prezzi del barile. Piazza Affari ha lasciato sul terreno il 3,59%. Sono crollati Eni, Saipem e Tenaris ma anche i bancari e il lusso. Nessun titolo in positivo.
Sul fronte obbligazionario gli scossoni dipendono dal fatto che gli investitori guardano al prossimo vertice dei leader Ue che vedrà sul tavolo anche la proposta spagnola di un fondo con debito perpetuo da almeno 1.000 miliardi di euro, potenzialmente ben visto dalla Germania in quanto sgombrerebbe il campo dall’utilizzo degli eurobond. Ieri la cancelliera Angela Merkel ha anticipato: “Posso ben immaginare che il bilancio non sarà come quando ne abbiamo discusso fisicamente a Bruxelles. Immagino che nei primi anni dopo la pandemia il bilancio dovrà avere ben altre possibilità, ma anche questo deve restare nell’ambito dei trattati in vigore“.
Il nervosismo in vista del vertice dei leader si è fatto fa sentire sui rendimenti dei titoli dei Paesi del “Sud”, a partire dall’Italia: il tasso sui Btp ha raggiunto il 2,15% e il differenziale (spread) rispetto ai Bund tedeschi ha chiuso a 268 punti base, dai 239 di lunedì. E anche i tassi sul Btp a 3 e 7 anni sono aumentati di 15 punti base rispetto all’ultima chiusura, salendo rispettivamente all’1,313% e all’1,857%. In Germania invece la ripresa sembra ingranata: la fiducia degli investitori a sorpresa è tornata positiva: ad aprile l’indice Zew è volato a 28,2 punti da -49,5 punti di marzo, contro attese che immaginavano una risalita più lieve a -42 punti.
Il crollo del petrolio causato dagli stoccaggi pieni – Quello che è accaduto ieri sul mercato dei future può essere considerato l’opposto dello “short squeeze“, che si verifica quando i trader temono di non riuscire a trovare più il bene fisico sottostante la commodity a cui i future si riferiscono e, di conseguenza, ricoprono le proprie posizioni innescando una corsa al rialzo dei prezzi. Ieri al contrario hanno temuto di non farcela a uscire dal contratto Wti a causa della difficoltà di trovare un sito dove stoccare il petrolio fisico. Cosa succede se i depositi sono tutti pieni? Nel caso del contratto Wti, il riferimento da fare è all’hub di consegna di Cushing, nello stato americano dell’Oklahoma. E’ questa la destinazione per lo stoccaggio del petrolio sottostante i future scambiati a New York.
Ma, stando ai dati di Rystad Energy, lo spazio rimasto a disposizione può contenere solo 21 milioni di barili di petrolio, praticamente meno di due giorni della produzione americana di crude. La capacità di Cushing, pari a 80 milioni di barili di petrolio, è insomma al limite, tanto che diversi esperti ritengono che i depositi, già stracolmi di petrolio, avranno esaurito la capacità di stoccaggio già a maggio (a febbraio la quantità depositata non arrivava al 50% della capacità). Tutta colpa del coronavirus e del lockdown che ne è seguito. L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha già avvertito nel suo report mensile che la domanda di petrolio del mese di aprile potrebbe essere inferiore a quella dello stesso periodo del 2019 di ben 29 milioni di barili, al minimo dal 1995.