Pochi ricordano che Homer Simpson, da tutti riconosciuto quale capostipite della famiglia protagonista di un famoso cartone animato, ha un illustre, omonimo antenato. Homer Simpson è uno dei protagonisti di un romanzo pubblicato da Nathanael West nel 1939, Il giorno della locusta. Il racconto termina con una terribile, caotica, catastrofica immagine di rivolta e violenza gratuita di cui Homer è partecipe, simboleggiata dall’incendio di Los Angeles che tormenta la fantasia dell’altro protagonista. Nella gente con “gli occhi pieni di odio” si specchia la disperazione degli americani che hanno lavorato una vita intera solo per rendersi conto, troppo tardi, che il sogno americano era più sfuggente di quanto immaginavano.

Se il coronavirus è la locusta che sta divorando la coscienza di quella porzione di umanità che abita nei paesi ricchi, c’è una nuova, concreta minaccia che potrebbe colpire l’Africa. E, stavolta, non sono cavallette virtuali, ma reali. L’invasione delle locuste metterà a repentaglio ciò che è sopravvissuto alle alluvioni autunnali e primaverili, nonché la resistenza finora dimostrata dal continente alla diffusione della pandemia. Nonostante numerose siano le perdite illustri, come l’ex primo ministro libico Mahmud Jibril, il re dell’Oud (una sorta di liuto, strumento nazionale somalo) Ahmed Hudeydi o il capo dello staff presidenziale della Nigeria, Muhammadu Buhari.

Senza sosta sta squillando la chat della locusta trasmessa da WhatsApp. Agricoltori e pastori di ampie zone rurali del Kenya stanno inviando videoclip di sciami smisurati che volano sopra di loro, oscurando il sole come in una piaga biblica. Lo sciame delle locuste del deserto ha colpito per la prima volta l’Africa orientale lo scorso giugno, divorando centinaia di migliaia di ettari di colture e pascoli e spianando una larga, devastata fascia di terra che attraversa almeno otto paesi: Kenya, Uganda, Sudan del Sud, Etiopia, Somalia, Eritrea, Gibuti e Sudan.

Gli studiosi hanno assodato che le locuste del deserto – i più spietati tra gli insetti – non hanno mai lasciato l’Africa orientale. Le abbondanti precipitazioni, ben superiori alla media stagionale, ne favoriranno la riproduzione. Entro giugno di quest’anno, almeno due generazioni di nuovi esemplari ne aumenteranno la popolazione fino a 400 o 500 volte. È la peggiore invasione del secolo che, secondo la Fao, potrebbe affamare 25 milioni di persone.

Non soltanto l’Africa rischia la seconda invasione nel giro di un anno, ma anche Pakistan e India hanno già pagato un prezzo salato alla voracità di questi insetti. E la Cina ha da poco messo in campo un “esercito” di 100mila anatre per fronteggiare la minaccia. L’assetto climatico dell’inverno 2020 ha creato condizioni senza precedenti affinché le locuste del deserto arabico, solitamente sterile, si riproducessero in modo abnorme. Gli sciami si sono poi diffusi in Yemen, già prostrato dalla guerra civile e incapace di difendersi dal flagello, per avventarsi sull’Africa attraversando il golfo di Aden. E alcuni temono che il fenomeno possa risalire verso nord e perfino lambire le sponde del Mediterraneo, se non attraversarlo.

Il meccanismo che ha innescato l’invasione delle cavallette assomiglia all’effetto farfalla scoperto da Edward Lorenz nel 1962. E già profetizzato da Alan Turing: “Lo spostamento di un solo elettrone di un miliardesimo di centimetro in un certo momento, potrebbe fare la differenza tra l’uccisione di un uomo a causa di una valanga, un anno dopo, o la sua salvezza”. Siamo sicuri che la genesi della pandemia di coronavirus sia stata poi così diversa dal battito d’ali di farfalla che Lorenz citò in una famosa conferenza?

Molti colleghi – medici e matematici, fisici e ingegneri – si cimentano a interpolare ed estrapolare dati incerti e traballanti tramite modelli previsionali di tipo puramente deterministico, dove causa ed effetto non sono messi in discussione. Potrebbe, invece, il batter d’ali di una farfalla a Wuhan provocare un tornado a New York? Non mi sento di escluderlo.

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