Un barattolo pieno di popcorn su un tavolo e accanto un televisore sintonizzato su Curioso come George che, come sa chi ha un bambino o una bambina sotto i 6 anni, è cartone animato che ha per protagonista una scimmietta che combina guai. Nello stabulario del complesso Biotecnologico dell’Università di Parma Alan e Larry, i due macachi finiti al centro di una battaglia legale, però “preferiscono mangiare noccioline e giocare” come spiega Luca Bonini, neuroscienziato e professore dell’ateneo emiliano. Perché i due primati, nati in cattività e importati dall’Olanda, avevano iniziato l’addestramento per diventare protagonisti del progetto LightUp, autorizzato dal comitato etico del Consiglio Europeo della Ricerca, dall’organismo preposto al benessere animale dell’Università di Parma, e infine dal ministero della Salute, previo parere del Consiglio Superiore di Sanità. Il progetto però è stato congelato dal Consiglio di Stato, dopo un ricorso della Lega Antivivisezione, anche se sarà il Tar a decidere nel merito nell’udienza prevista martedì 21 aprile. Per ora quindi possono essere solo nutriti. In questo breve viaggio nel laboratorio siamo entrati nello stabulario, prima che scattasse l’emergenza sanitaria provocata da Sars Cov 2, dove sono tenuti gli animali e abbiamo chiesto perché non c’è una valida alternativa scientifica a questi test.

“Abbiamo bisogno del modello animale per individuare trattamenti efficaci” – L’obiettivo del progetto di ricerca “Meccanismi anatomo-fisiologici soggiacenti il recupero della consapevolezza visiva nella scimmia con cecità corticale” degli atenei di Parma e Torino è davvero ambizioso ovvero “trovare i meccanismi che sono responsabili” di una condizione di cecità provocata da traumi o ictus per esempio e che ogni anno in Italia riguarda circa 100mila persone. I test servono per aver informazioni fondamentali per le quali “abbiamo bisogno di studiare i cervelli” dice Bonini. Prima dello stop Alan e Larry giocavano con una scatola, una piccola gabbia nella quale premere pulsanti e prendere ricompense. Solo l’inizio di un percorso di ricerca. Lo sviluppo di un farmaco richiede dai 15 ai 20 anni e quando si tratta “di procedure riabilitative o dispositivi biomedicali o le due cose integrate, cioè creare uno strumento, che attraverso un processo riabilitativo, consenta di recuperare la funzione visiva – continua Bonini – sono necessarie informazioni di base che non si possono ottenere nei pazienti, abbiamo bisogno di un modello riproducibile, fare prove e individuare i trattamenti efficaci e poi passare ai test sui pazienti”.

Se i test potranno continuare i due macachi dovranno imparare a rispondere se hanno visto oppure no degli stimoli presentati su uno schermo, quindi riceveranno in anestesia generale” una piccola lesione della corteccia visiva che produrrà una macchia nel campo visivo “ed è una zona limitata”. I pazienti, per esempio, hanno lesioni più grandi pur mantenendo una certa capacità di riconoscere ed evitare ostacoli. “Noi utilizzeremo gli animali per studiare come il cervello elabora gli stimoli presentati dentro questa macchia” e capire come nei pazienti si può “ripristinare la consapevolezza visiva”. La missione, l’ambizione quindi è curare, ma “ogni paziente è diverso” e c’è bisogno del modello animale per “riprodurre un esempio, trattarlo sull’animale e quando troveremo il modo di farlo sulla scimmia queste informazioni saranno applicabili sui pazienti”.

La Lav: “Sperimentazione già dimostrata come inutile” – Ed è per questa lesione e il conseguente studio del cervello che la Lav ha organizzato la campagna “la sperimentazione rende ciechi”. Il presidente Gianluca Felicetti, nel corso di una conferenza stampa a Parma a febbraio, ha sostenuto che i macachi nello stabulario non corrispondono ai documenti: “I macachi del progetto Light-Up sono gli stessi da quando è iniziato il progetto, o come risulta dai documenti del ministero sono cambiati nel corso dei mesi e, se cambiati, perché e dove sono stati allocati gli altri? Dove sono le relazioni semestrali e obbligatorie sullo stato e sulle condizioni di stress di questi animali che avrebbero dovuto certificare che i test sui macachi sono a posto?”. Prima ancora ha ricordato di essere stato indagato per diffamazione dalla procura di Parma: “Non sono state diffuse informazioni false, né segrete. I dati utilizzati sono stati soltanto quelli in possesso degli avvocati e dei dati scientifici. Ci sentiamo colpevoli sì, ma di lottare contro la sperimentazione a volto scoperto da 43 anni. E chiediamo di cambiare le leggi”. Il 27 febbraio è stato interrogato dal pm di Parma Andrea Bianchi.

Per la Lav c’è stata una “facilità” da parte del ministero a rilasciare le autorizzazioni: “Chiediamo come vengono spesi 2 milioni di euro (finanziati dall’Erc, il Consiglio europeo delle ricerche, ndr)”. Per Felicetti in questo campo di ricerca – quello relativo alla capacità visiva – non ci sono stati “passi avanti” e si chiede “quali progressi” siano stati fatti “per i malati le ricerche precedenti già svolte”. I due atenei, sui macachi presuntamente sostituiti o scomparsi, replicano che le procedure sono state sempre eseguite correttamente e in accordo con veterinari e ministero della Salute, organismi istituzionalmente preposti ai controlli. Dall’inizio della vicenda sono state diverse le ispezioni ministeriali, poi nei laboratori sono entrati gli ispettori dell’Ausl e veterinari. L’associazione ritiene questo studio “inutile” perché ha già fallito in passato. “La scienza e la ricerca non sono immuni dalle leggi dello Stato, il resto del mondo sta andando verso la ricerca sostitutiva. Un progresso scientifico è possibile senza maltrattare, né uccidere animali” dice definendo la senatrice a vita Elena Cattaneo, che ha criticato duramente l’ordinanza del Consiglio di Stato, “talebana della ricerca”.

Elena Cattaneo: “Metodi alternativi per patologie complesse non esistono” – La scienziata, ancora nei giorni scorsi, non solo ha difeso il progetto ma in un intervento su D di Repubblica ha ricordato che anche per trovare cure efficaci e un vaccino per il coronavirus che, ha provocato a oggi quasi 160mila morti nel mondo, i test sugli animali sono imprescindibili. “Non avremmo debellato la poliomielite, studiata in particolare su scimmie, non avremmo la macchina per la dialisi renale, sviluppata su conigli e cani, e niente insulina, cui si è giunti grazie a test sui cani. Non avremmo i vaccini, nessun farmaco chemioterapico né statine, nulla per la cura di asma o depressione o per il controllo del rigetto nei trapianti. Non avremmo i farmaci silenziatori – spiega la ricercatrice – che agiscono sui geni mutati, nella SMA o nell’ Huntington, dai quali oggi dipendono la vita e la speranza di tante persone colpite dalla malattia. Perché metodi ‘alternativi’ per lo studio di patologie difficili e complesse, semplicemente, non esistono. Inoltre, le conquiste di una rigorosa sperimentazione pre-clinica hanno permesso anche di fare enormi passi avanti nella protezione degli animali impiegati nei test: non uno di più, non uno di meno del necessario. Come pensate siano testati i potenziali vaccini per fronteggiare il coronavirus, se non su animali? Se oggi, con mani ben disinfettate, applaudiamo ogni passo avanti della ricerca, dovremmo imparare a dare continuità a questo sentimento sostenendo i nostri ricercatori ogni giorno, non solo nell’emergenza. I potenziali vaccini per fronteggiare il Covid sono testati sugli animali”.

Il professor Tamietto: “Lo stop danno alla ricerca, il progetto può andare all’estero”- “Il concetto di inutilità è il più doloroso per un ricercatore”. Marco Tamietto, professore ordinario di Psicobiologia e Psicologia fisiologica dell’Università di Torino, è il coordinatore del progetto LightUp. Ed è per questo motivo che è stato minacciato di morte – come è avvenuto anche a Bonini – e addirittura inseguito per strada. Minacce su cui indaga la Digos. L’accusa di inutilità sembra però preoccupare maggiormente questo ricercatore che prima di Torino lavorava a Oxford – dove è stato allievo Larry Weiskrant scopritore del fenomeno della visione cieca – dove ricorda che ogni giovedì ci sono associazioni animaliste che protestano democraticamente: “Se esistono cento strade percorribili e se ne scelgono dieci che poi si rivelano inefficaci quella procedura non è stata inutile perché chi arriverà dopo di noi avrà novanta strade”. E anche se è un “percorso verso l’ignoto” bisogna affrontarlo. Tamietto dice di essere provato: “Da mesi di disparità di mezzi”, dalle “minacce” e “aggressioni” e di essere preoccupato per i giovani scienziati coinvolti: un ricercatore arrivato dalla Francia e una dottoranda arrivata da Trieste: “Il mio lavoro non riesco a farlo, ma ce l’ho”. Sono circa 100mila ogni anno pazienti con lesione al cervello e un problema di campo visivo, lo stop dei giudici avrebbe una inevitabile ripercussione. “La ricerca è sempre in ritardo per definizione, in ritardo per nuove cure, in ritardo rispetto alla richiesta di conoscenza. Lo stop è un danno ai pazienti e alla conoscenza. Il progetto male che vada se ne va all’estero”.

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