Il 24 marzo scorso, anche la Protezione civile della Regione Sardegna – incardinata nell’ufficio di presidenza del governatore sardoleghista Christian Solinas – deve far fronte al Coronavirus e acquista “con somma urgenza” 4 milioni di mascherine. Spesa totale: 18,5 milioni di euro Iva compresa. Con una semplice firma del responsabile della Protezione civile e con affidamento diretto. Nessuna gara, insomma. Lo permette un’ordinanza del governo Conte. Anche l’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari è alle prese con il Covid-19 e nello stesso giorno acquista i medesimi prodotti, sempre con affidamento diretto, spendendo tre volte di meno. E chi è il ‘patron’ dell’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari? Sempre la Regione. In sostanza, a conti fatti la ‘holding’ guidata da Christian Solinas avrebbe potuto risparmiare circa 9 milioni di euro se solo avesse seguito l’esempio del suo ‘ramo d’azienda’.
La vicenda è parecchio articolata e va scandita passo passo. Ad aggiudicarsi la fornitura richiesta dalla Regione, il 24 marzo scorso, è la Demar Hospital, società con sede operativa a Reggio Calabria e base legale a Roma che ha inviato il preventivo alla Protezione civile sarda ventiquattr’ore prima. L’amministratore unico è Renato De Martin, ha 60 anni ed è originario di Ottaviano, in provincia di Napoli. Il 24 marzo firma con la Regione un contratto a sei zeri: 15,1 milioni di euro per 4 milioni di mascherine. Spesa alla quale va aggiunta l’Iva, per cui la Regione mette sul piatto, come detto, 18,5 milioni.
Si tratta di 2 milioni di mascherine chirurgiche a 0,93 centesimi a pezzo, per un totale di 1 milione e 860mila euro, quindi un milione di mascherine Ffp2 a 5,45 euro (5 milioni e 450 mila euro) e altrettante Ffp3 a 7,8 euro (7 milioni e 800mila euro). Totale: 18,5 milioni di euro Iva compresa. Esattamente lo stesso giorno, l’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari – sempre in capo alla Regione – acquista 100mila mascherine chirurgiche a 35 centesimi per un totale di 35mila euro, 10mila Ffp2 a a 2,11 euro (21.100 euro) e 5mila Ffp3 a 3,03 euro (15.150 euro). Spende cioè tre volte meno, grazie ai prezzi concorrenziali strappati alla Selvel Hong Kong Limited, che invierà il carico durante questa settimana.
Calcolatrice alla mano, vien fuori che se la Regione avesse acquistato le mascherine agli stessi prezzi della ‘controllata’ Azienda ospedaliera universitaria di Sassari, avrebbe risparmiato in totale 9,3 milioni di euro. Di più: “Fino a qualche settimana fa, quando la Regione ha ordinato le mascherine, noi distributori potevamo avere le Ffp2 a 1,2 euro (la Regione le ha pagate 5,4). Oggi, complice l’incremento dei prezzi di trasporto, si possono avere a 1,6 euro”, dice dietro anonimato un operatore di settore.
A spuntarla però è la Demar Hospital di Reggio Calabria. La firma del contratto di fornitura suggella la fase finale di un percorso iniziato dieci giorni prima. “Il 13 marzo abbiamo pubblicato una richiesta di informazioni sul sito della centrale di committenza regionale SardegnaCat. In quel giorno non c’erano offerte”, dice oggi il numero uno della Protezione civile regionale Antonio Pasquale Belloi. Laureato in ingegneria ma più noto come campione di sollevamento pesi dei Vigili del fuoco ed ex assessore del Partito Sardo d’Azione a Nuoro. Su ordinanza del presidente Solinas, gestisce i fondi stanziati per l’emergenza Covid-19. “La Demar Hospital? Scelta tra tantissimi preventivi – assicura Belloi – perché ritenuta l’offerta più congrua”.
A smentirlo però è la stessa Regione per cui lavora, visto che l’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari ha speso un terzo. Prosegue l’uomo di Solinas alla Protezione civile: “Guardi i numeri della fornitura e veda chi era in grado di fornire quei numeri e a quale prezzo in quei giorni”. L’abbiamo fatto. Anche in questo caso la smentita arriva per tabulas dall’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari, che in piena emergenza – il 25 marzo – ha acquistato 500mila mascherine Ffp2 dalla Shangai New Union Limited pagandole 2 euro l’una, contro i 5,4 euro della società calabrese scelta da Belloi. In soldoni, la Regione avrebbe risparmiato 3 milioni e 450mila euro.
Non basta. Il 23 marzo, giorno in cui la Regione riceve il preventivo dalla società calabrese, negli uffici della Protezione civile è arrivata pure un’altra proposta. “Per le Ffp2 abbiamo proposto 2,9 euro a pezzo (contro i 5,4 della Demar, NdR) – racconta un imprenditore di settore che richiede l’anonimato – Se ce ne avessero chiesto un milione, non avremmo avuto problemi e chiaramente il prezzo sarebbe stato ancora più basso. L’offerta è stata declinata: ci hanno fatto sapere che avevano trovato un canale diretto con la Cina”. Passando, evidentemente, per Reggio Calabria. Tant’è che all’aeroporto di Cagliari arrivano le KN95, certificate da Pechino. In Europa non sono riconosciute come Dpi (Dispositivi di protezione individuale), ma lo sono diventate per legge il 17 marzo, quando il premier Conte ha firmato il decreto legge che dà il via libera alle deroghe sulla certificazione dei dispositivi. Attenzione però: “Di per sé non sono un prodotto scadente, anzi. Malgrado non abbiano la certificazione europea – dice un altro esperto di settore, sempre dietro anonimato – sono molto efficienti. Ma di certo, pagarle 5,4 euro è fuori da ogni logica di mercato, malgrado le speculazioni in atto. Anche oggi, in piena emergenza e con i costi di trasporto lievitati, in Italia arrivano al dettaglio a 1,6 euro”.
Non va meglio il paragone con le mascherine chirurgiche. La Regione di Solinas e Belloi ne ha acquistate 2 milioni a 93 centesimi l’una per una spesa totale di 1 milione e 860mila euro. Sempre l’Aou di Sassari, negli stessi giorni, le ha acquistate a 35 centesimi l’una. Infine – e qui si arriva a circa 9 milioni totali di surplus pagati dalla Regione – sempre l’Aou di Sassari ha acquistato le Ffp3 a 3,03 euro, contro i 7,8 euro della fornitura firmata Belloi. “Perché con l’emergenza bisogna bruciare i tempi”, dice il dirigente. E infatti secondo gli accordi con la Demar, un primo carico sarebbe dovuto arrivare entro il 31 marzo, ma le prime mascherine sono state distribuite solo il 10 aprile, vale a dire undici giorni dopo l’ipotetica data di consegna.