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Coronavirus, l’ipotesi della nicotina “protettiva”. Ma fumare altera le difese immunitarie e le capacità polmonari

"Fra il Sars Cov 2 e il tabacco c'è qualcosa di molto particolare. Abbiamo verificato che l'immensa maggioranza dei casi gravi non riguarda fumatori" dice il professor Jean-Francois Delfraissy, direttore del comitato scientifico che affianca il presidente Emmanuel Macron e il governo nella lotta alla pandemia 
Coronavirus, l’ipotesi della nicotina “protettiva”. Ma fumare altera le difese immunitarie e le capacità polmonari
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La prima riflessione potrebbe essere che lo studio in questione è stato finanziato dalla lobby del tabacco. Ma scartato il pensiero cattivo bisogna dar conto di questa notizia che arriva dalla Francia ovvero dell’ipotesi che la nicotina possa giocare un ruolo positivo rispetto a Covid 19. “Fra il coronavirus e il tabacco c’è qualcosa di molto particolare. Abbiamo verificato che l’immensa maggioranza dei casi gravi non riguarda fumatori. Come se il tabacco ‘proteggesse’ contro questo virus, attraverso la nicotina” dice il professor Jean-Francois Delfraissy, direttore del comitato scientifico che affianca il presidente Emmanuel Macron e il governo nella lotta alla pandemia.

L’idea che il fumo possa proteggere da una malattia che, nei casi gravi, attacca i polmoni, è assolutamente controcorrente. In Francia, da anni, le autorità conducono una vera e propria crociata contro la sigaretta ed è stato innalzato a 10 euro il costo di un pacchetto di sigarette per disincentivare il fumo. E persino a epidemia già in corso, il Comitato nazionale contro il tabagismo – a fine marzo – aveva allertato i fumatori: “Fumare altera le difese immunitarie e le capacità polmonari – avevano fatto sapere i membri dell’organizzazione antifumo – ma non solo: i fumatori avvicinano regolarmente le dita, potenzialmente portatrici del virus, alla loro bocca, frequentemente la porta d’ingresso del virus”.

Già alcuni studi cinesi e americani avevano evidenziato il basso numero di fumatori tra i malati di Covid-19 rispetto al tasso di fumatori abituali nei rispettivi Paesi. In uno studio condotto su 7.000 pazienti negli Stati Uniti, soltanto l’1,3% sono fumatori, una percentuale 10 volte inferiore al tasso di fumatori, come spiega a BFM TV Bertrand Dautzenberg, ex pneumologo e presidente dell’associazione ‘Paris Sans Tabac’. “Attendiamo la pubblicazione di dati precisi – aggiunge però Dautzenberg – dipende dal fumo, dalla nicotina? Per il momento non lo sappiamo”. “Il tabacco – aggiunge l’ex pneumologo – non sarà però mai una soluzione per il Covid-19, significherebbe affrontare una polmonite col kalashnikov. Bisogna sempre smettere di fumare, la sigaretta non sarà mai qualcosa di positivo”.

“L’ipotesi è che fissandosi sul recettore cellulare utilizzato anche dal coronavirus, la nicotina gli impedisca o lo trattenga dal fissarsi, bloccando così la sua penetrazione nelle cellule e il suo propagarsi in tutto l’organismo” secondo Jean-Pierre Changeux, membro dell’Istituto Pasteur e del Collège de France. I ricercatori ipotizzano che il “recettore nicotinico dell’acetilcolina” abbia un ruolo centrale nel propagarsi del coronavirus e sia all’origine della varietà di sintomi del Covid-19, tra cui la perdita dell’olfatto e disturbi neurologici.

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