Un “allentamento” della stretta, ma non uno “stravolgimento” delle misure di contenimento del Covid-19. Il piano messo a punto dalla task force guidata da Vittorio Colao, alla base della Fase 2, “prevede una ripartenza sempre all’insegna della massima cautela” nella consapevolezza che si dovrà sempre tenere sotto controllo la curva epidemiologica e “non farsi trovare impreparati in caso di una possibile risalita”, spiegano fonti di Palazzo Chigi dopo una giornata di incontri. Prima con gli esperti coordinati dall’ex manager di Vodafone, poi le parti sociali, quindi la cabina di regia con Regioni, Anci e rappresentanti delle Province. Durante la quale Giuseppe Conte lo ha detto chiaramente: “La revisione delle misure non significa un “liberi tutti”, ma non possiamo chiudere i cittadini in casa per sempre”.
Saracinese su per i negozi l’11, poi bar e ristoranti – Tradotto nella pratica: il 4 maggio sarà possibile uscire da casa e spostarsi solamente all’interno della regione di residenza, ma le aperture si conteranno con il contagocce. Per dire: è previsto che i negozi al dettaglio possano alzare la saracinesca da metà di maggio, solo dopo toccherà a bar e ristoranti. Insomma, l’ipotesi è che nel giorno più atteso dall’inizio del lockdown queste attività restino ancora ferme ma con la possibilità di eccezioni, come consentire la vendita da asporto per la ristorazione, che si aggiungerebbe alle consegne a domicilio, già permesse. Non sarebbero ancora definite date, ma un’ipotesi sarebbe far riaprire i negozi dall’11 maggio, la ristorazione una settimana dopo. L’ufficialità, come anticipato dal premier, arriverà entro la settimana e indicherà nel dettaglio il programma nazionale. Dovrebbe farlo tra venerdì e sabato. Con una specifica, anticipata dal ministro della Salute Roberto Speranza, che durante l’incontro con le Regioni avrebbe spiegato che bisognerà adattare alla evoluzione del livello R0 le scelte sia in termini di nuove aperture che di eventuali ritorni a chiudere.
La posizione di sindacati ed enti locali – Cgil, Cisl, Uil hanno ribadito che il protocollo dello scorso 14 marzo “deve restare punto di riferimento imprescindibile per garantire la sicurezza dei lavoratori coinvolti, quale condizione necessaria a riprendere la produzione e a dare un futuro al Paese”. I dispositivi di sicurezza, gli strumenti di screening, le attività negli appalti, ad esempio, ad oggi – dicono – “non sono ancora sufficienti per garantire quella condizione. Così come si pone un problema di assicurare il distanziamento sociale sui mezzi di trasporto pubblico che saranno utilizzati dai lavoratori”. Stesse richiesta da parte dell’Anci: quattro le richieste avanzate dal presidente Antonio Decaro. La prima riguarda le mascherine, “su cui non ci possono essere speculazioni”. E per questo “è necessario fissare un prezzo calmierato”. Secondo punto: “fissare una capienza massima” sui mezzi pubblici usati dai lavoratori, ai quali andranno proposti anche “incentivi all’acquisto di bici e monopattini elettrici”. Un’ultima richiesta riguarda i figli di chi tornerà al lavoro: “Pensiamo – ha detto Decaro – che si debbano estendere il bonus baby sitter e autorizzare le attività del terzo settore ad accogliere i bambini”. Sul tema dei mezzi pubblici, durante la cabina di regia, è intervenuta anche la sindaca di Roma, Virginia Raggi, avvisando che c’è “la necessita di un ristoro per la mancata bigliettazione”, altrimenti “le aziende collassano e gli italiani restano senza servizi”. Sugli stessi temi si sono concentrate le richieste della Regione Lombardia, che chiede anche certezze sul “come” e “quando” si potrà ripartire.
Cosa c’è nel memorandum della task force di Colao – Al centro dei vari incontri c’è sempre il memorandum della task force guidata da Colao, che ne ha illustrato a Conte il contenuto. Il documento è stato ultimato martedì sera in una riunione plenaria della commissione e ha al centro le modalità di riavvio delle attività produttive e il sistema del trasporti pubblici, sui quali – secondo Colao – tornerà circa il 15% di coloro che li utilizzavano prima della crisi sanitaria. La Fase 2 coinvolgerebbe tra i 2,7 e i 2,8 milioni di lavoratori e tra i tanti punti discussi ci sono appunto l’utilizzo dei mezzi pubblici nel rispetto delle disposizioni di sicurezza, l’aggiornamento del protocollo di sicurezza con i sindacati del marzo scorso che verrà discusso giovedì mattina, la questione della disponibilità e del prezzo dei dispositivi di protezione, su tutto le mascherine. L’elenco di proposte, insieme ai suggerimenti della comunità scientifica, verrà utilizzato dall’esecutivo per elaborare la propria strategia che, come detto, Conte ha promesso di annunciare entro la fine della settimana.
I tempi della Fase 2 – La Fase due partirà dal 4 maggio, ma sul tavolo del governo c’è anche l’ipotesi di rimettere in carreggiata anche le attività produttive che sono in grado di garantire la massima sicurezza ai propri dipendenti già a partire dal prossimo 27 aprile. Non si tratterebbe, dunque, solo di estendere la cosiddetta lista Ateco in capo al ministero dello Sviluppo economico, “ma consentire a chi è nelle condizioni di farlo” di riaprire i battenti. L’idea che sarebbe stata avanzata, riferiscono fonti di governo, da Vittorio Colao nel corso della conference call ‘allargata’ di questa mattina con la regia di Palazzo Chigi. “Ogni valutazione dovrà essere affrontata con le parti sociali, per il momento si tratta di una possibilità”, chiariscono diverse fonti. Nel governo – e come detto c’è il “no” dei sindacati – però c’è chi nutre diversi dubbi, riconoscendo le difficoltà nell’individuare chi sia realmente pronto a ripartire: “E’ un gran casino“, riconosce uno dei ministri presenti alla riunione, stando alla ricostruzione fornita dalla Adnkronos. Perché oltre a individuare i requisiti necessari – dagli spazi nei reparti, ad esempio, ai dispositivi di protezione individuale – c’è da considerare il braccio di ferro con i sindacati che una decisione di questo tipo potrebbe innescare. “Quelle sul tavolo sono solo ipotesi – ha spiegato la stessa fonte – al momento di certezze non ce ne sono”.
Boccia: “Imprese ripartono se garantiscono sicurezza – Da registrare, al contempo, le parole del ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, che in un’intervista a Repubblica ha ribadito che “il 4 maggio ripartono le imprese che garantiscono sicurezza per i lavoratori. Per la vita sociale ci vuole molta cautela”. Nella fattispecie, a riaprire saranno “i settori dell’apparato produttivo che adotteranno le linee guida stabilite dal Governo“. Il ministro ha parlato di “crisi devastante: siamo tutti allarmati – ha detto – ma la cosa importante non è riaprire prima, ma riaprire bene, con linee guida valide per tutti, anche se alcune Regioni che vorranno applicare regole più rigide, ad esempio per stroncare un nuovo focolaio, potranno farlo. Penso che le Regioni siano pronte per la fase 2 – ha concluso Boccia – ma occorre ancora tanta pazienza perché, finché ci sarà ancora il virus, non potremo tornare al nostro passato e chi non rientra nelle categorie che ripartono è ancora a rischio contagio“.