Per Toti è una “operazione lungimirante”. Ma della nave ormeggiata nel porto di Genova per ospitare i malati di Covid dimessi dagli ospedali, il governatore ligure ha sempre taciuto i costi: ben 835mila euro al mese, escluse le spese per i servizi sanitari e gli stipendi di medici e infermieri. Non ne ha fatto alcun cenno nemmeno quando l’8 aprile ha presentato sulla banchina, davanti al maxi traghetto, l’attivazione a bordo del secondo modulo da 25 posti letto. Senza dire che il primo modulo, nelle prime due settimane, è costato alle casse pubbliche la bellezza di 1.150 euro al giorno per paziente, come mostrato in un servizio della trasmissione Sono le venti di Peter Gomez. Almeno dieci volte in più di quanto sarebbe costato un analogo posto letto sulla terraferma, in una delle tante strutture disponibili in Liguria. Anche per questo motivo secondo il Pd quella di Toti è “un’operazione pubblicitaria“.

La nave di Aponte – I costi sono a carico della protezione civile, in virtù dell’accordo che Toti, quale “soggetto attuatore”, ha siglato con Grandi navi veloci, compagnia del gruppo Msc. L’armatore, Gianluigi Aponte, da tempo punta su alcuni progetti legati al porto di Genova per incrementare il suo volume di affari nelle crociere e nel business dei terminal container. Tanto che il 19 febbraio, pochi giorni prima dello scoppio del contagio, era in regione per un super vertice con Toti e il sindaco Marco Bucci. Di lì a poco, l’idea di offrire il traghetto Splendid, inutilizzato in tempi di coronavirus, che con qualche minimo allestimento sarebbe diventato una “nave ospedale”. Il prezzo del noleggio è simbolico: un euro al giorno. Ma una nave in porto costa. E tanto. Solo di carburante 162mila euro al mese, visto il consumo di 0,5 tonnellate all’ora che farà storcere il naso a più di un ambientalista. Ci sono poi i 274mila euro al mese di stipendi più 12mila di pasti per l’equipaggio, i 23mila euro di costi portuali e tutta una serie di altre voci di spesa che si hanno solo perché si è scelta una nave.

Per un mese e mezzo 1,3 milioni di euro a spese pubblicheCon Grandi navi veloci sono stati siglati al momento due contratti che coprono il periodo dal 19 marzo al 3 maggio, per un costo complessivo di quasi 1,3 milioni di euro. “Sono costi previsionali, spenderemo molto meno”, garantisce Luigi Bottaro, direttore generale dell’Asl ligure che gestisce il progetto. Di un tetto di spesa massimo autorizzato parla anche la protezione civile: “Verosimilmente si spenderà meno, ipotizziamo 700mila euro”, fanno sapere dagli uffici romani che hanno dato l’ok alla soluzione proposta da Toti perché “la nave ha una capienza fino a 300 pazienti qualora vengano attivati tutti i moduli da 25 posti letto e consente di concentrarli tutti in una unica struttura, senza distribuirli in più strutture, anche alberghiere”. Strutture alberghiere che però sono state utilizzate nella Bergamasca, dove i dimessi dagli ospedali ancora positivi e non in condizioni di tornare a casa sono stati distribuiti su quattro diversi hotel. E anche il Veneto si sta preparando a usare gli alberghi in caso di necessità.

“Un posto letto sulla terraferma? Costa 120-150 euro al giorno”Ma torniamo ai risparmi ora ipotizzati per la nave di Toti. In buona parte derivano dal fatto che sul traghetto sono stati attivati al momento solo due moduli: i convalescenti ricoverati sono stati fino a 25 nelle prime due settimane, ora sono 46. Anche considerando eventuali risparmi a consuntivo, la scelta della nave rimane un bel po’ più costosa di quanto si sarebbe speso sulla terraferma: “Una prestazione di media complessità per deospedalizzati Covid in una qualunque struttura ospedaliera, anche privata, costa tra i 120 e i 150 euro al giorno per persona”, spiega Giovanni Lunardon, capogruppo del Pd in Regione Liguria.

Attraverso il suo staff, Toti dice a ilfattoquotidiano.it che la nave è stata scelta perché “è possibile spostarla lungo tutta la costa, garantisce un totale isolamento dalla città, è facilmente raggiungibile dalle ambulanze”e in virtù della sua capienza da 300 posti: “Non vi erano sul territorio della Liguria strutture sanitarie già esistenti che rispettassero le condizioni necessarie per ospitare un così elevato numero di persone”. Ma secondo Lunardon, di soluzioni alternative ce n’erano. E più di una: “Siamo l’unica regione d’Italia che in piena emergenza coronavirus ha praticamente chiuso due ospedali, quello di Cairo Montenotte e quello di Sestri Ponente”, dice Lunardon facendo riferimento a due strutture da cui è stato prelevato il personale sanitario per potenziarne altre. “Sono ospedali con circa cento posti letto ciascuno. Anche considerando le necessità di distanziamento, per i malati di Covid potrebbero garantirne 60 l’uno. Altri posti si potrebbero ricavare nelle strutture di Rapallo e Sestri Levante, oltre che negli ospedali privati. Oppure in caserme che con minime spese di adeguamento potrebbero essere messe a disposizione per le deospedalizzazioni”.

Il no all’utilizzo del padiglione del Galliera A Genova c’è molto spazio libero anche nel padiglione C del Galliera, un edificio destinato a essere demolito se, come probabile, andrà avanti l’iter per il progetto di un nuovo ospedale che avrà meno posti letto di quello attuale. Un mese fa il comitato Cittadini per Carignano, che da anni si batte contro la sua realizzazione, ha lanciato una petizione perché il padiglione venisse utilizzato per ospitare i malati di Covid, una proposta che ha trovato il supporto della capogruppo del M5S in regione Alice Salvatore.

Ma il Galliera, che pur presieduto dal cardinale Angelo Bagnasco è a tutti gli effetti parte del servizio sanitario nazionale, ha risposto picche. E ha sostenuto che la maggiore criticità era la scarsità di personale, non di spazi, tanto che aumentare il numero di posti letto non sarebbe stato risolutivo. Ha preferito dunque destinare alle eventuali esigenze di pernottamento di operatori sanitari in attesa di tampone quell’edificio che – si legge in una nota dell’ospedale – è lontano “parecchie centinaia di metri” dagli altri reparti: “Sarebbe assurdo disperdere i pazienti nel padiglione C, logisticamente distante, sottoponendo a rischi elevati pazienti e operatori”. E così i malati dimessi dagli ospedali sono finiti ancora più in là, al porto. Per quella che Lunardon definisce “un’operazione pubblicitaria, tanto più spiacevole in un momento di grande crisi in cui sarebbe richiesta alla pubblica amministrazione serietà e sobrietà”.
Twitter: @gigi_gno

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