La pandemia del coronavirus ha causato in particolare nel mese di marzo un drammatico aumento del numero di morti in Italia. L’Istat non ha ancora a disposizione dei dati che consentano di stimare l’incremento della mortalità in tutto il Paese o in specifiche Regioni, ma “da un primo esame che ha riguardato 5.069 Comuni, il totale dei decessi tra il primo marzo e il 4 aprile del 2020 è stato, nel complesso, superiore del 41% rispetto a quanto osservato per lo stesso periodo del 2019“. L’affermazione è contenuta nel documento firmato dal presidente dell’Istituto, Gian Carlo Blangiardo, che analizza appunto gli “Scenari sugli effetti demografici di Covid-19 per l’anno 2020”. I circa 5mila Comuni, precisa lo stesso documento in una nota, non sono stati selezionati ma sono quelli già presenti al 31 dicembre 2019 nell’anagrafe e che hanno fornito dati affidabili e tempestivi. “Non può quindi ritenersi un campione rappresentativo dell’universo dei Comuni italiani, anche se – precisa la stessa nota – ne contiene una quota di tutto rispetto che è pari a circa 2/3 del totale“.
Un dato, +41% di decessi nel mese di marzo rispetto a un anno fa, che quindi può fornire solo una prima stima dell’impatto del Covid-19 sulla mortalità in Italia. Già è certa, come sottolinea Blangiardo nella sua analisi e come emerso dalle prime statistiche, “la eterogenea distribuzione territoriale del fenomeno, con punte di estrema gravità in alcune aree del Paese”. In particolare, l’incremento della mortalità si concentra soprattutto al Nord: a Bergamo i decessi a marzo sono quintuplicati, a Brescia triplicati. Nel sottoinsieme dei 5.069 Comuni per i quali si hanno i dati, scrive Blangiardo, “se ne individua un folto gruppo (48 casi) in cui la frequenza di morti si è accresciuta di almeno dieci volte rispetto al valore dello scorso anno, e se ne riscontrano molti altri (140 casi) in cui tale frequenza è stata di almeno cinque volte superiore“.
Il presidente dell’Istat evidenzia anche che l’aumento della mortalità ha riguardato in particolare “la componente più anziana e, in particolar modo, nell’ambito di quella maschile”. Confrontando i decessi nell’intervallo 1 marzo-4 aprile del 2020 e del 2019 si rileva “una crescita del 44% del numero di casi tra gli ultra65enni, a fronte dell’11% per il complesso delle restanti età, con un divario che penalizza pesantemente la componente maschile: +56% tra gli uomini con almeno 65 anni e +34% tra le donne nella stessa fascia d’età”.
L’analisi di Blangiardo cerca quindi di ipotizzare quale scenario aspettarsi per l’intero anno 2020. Il presidente dell’Istat parte dai precedenti: dal secondo dopoguerra ad oggi, un importante aumento della mortalità si è verificato in due occasioni. “La prima nel 1956, con circa 50 mila morti in più”, la secondo “nel 2015, con un incremento ancora nella stessa misura su base annua (+50 mila)”. Per trovare un evento simile alla pandemia di Covid-19 bisogna però tornare alla fine del 1918, quando la “Spagnola” in Italia “manifestò i suoi effetti più drammatici“. Anche in questo caso, evidenzia però Blangiardo, bisogna tenere conto delle differenze tecnologiche e sociali nel confrontare le due pandemie.
Il presidente dell’Istat elabora quindi “8 differenti modelli/scenario” sugli effetti di incremento della mortalità dovuti alla pandemia di Covid-19. “Spostandoci da una situazione caratterizzata da un persistente alto livello di maggior rischio, dove si mantiene un rialzo – seppur ridotto – sino a novembre (modello I), verso lo scenario di un suo relativamente rapido contenimento, che prospetta un ritorno alla normalità entro tre mesi (modello VIII), la frequenza annua di decessi nel corso del 2020 si accrescerebbe da un massimo di 123mila casi a un minimo di 34mila“, spiega Blangiardo. In parallelo, “l’aspettativa di vita alla nascita scenderebbe di 1,4 anni nelle condizioni del modello più sfavorevole, mentre solo di 0,42 in quello meno penalizzante”. Infine, riguardo all’effetto sull’invecchiamento demografico, “i modelli mostrano come la crescita della componente anziana, sia in termini di ultra65enni che di ultra85enni, non sembra destinata ad arrestarsi in nessun caso”, conclude l’analisi di Blangiardo.