A un certo punto ho avuto voglia di andare a prendere un foglio per gli appunti, la penna e gli evidenziatori colorati. Quando il premier, ieri sera, ha iniziato a spiegare la fase 2, mi sono predisposta trepidante all’ascolto, poi ho finito con la stessa faccia che fanno i miei alunni quando spiego quei periodi storici incasinatissimi pieni di battaglie e date e cause e conseguenze e l’unica certezza è sempre che si litiga per l’Alsazia e la Lorena. Speravo che alla fine, invece del testo del decreto, ci desse due schemini.
Ho aspettato trepidante anche che parlasse della scuola, che dicono tutti essere importantissima e infatti poi se ne parla sempre alla fine, di striscio e non si capisce bene cosa s’è detto. Dunque a scuola non si torna più, e fino qui. Anche se ufficialmente c’è scritto che la chiusura è sino al 17 maggio, ma è giusto così per dire; soprattutto perché il 18 pare riaprano i negozi, io ho maturato una sindrome da shopping compulsivo e già mi vedo a fare didattica a distanza da dentro a un camerino di prova (“prof, le tira un po’ davanti, provi una taglia in più”).
Degli esami, che siano di maturità o di terza media, nessuna certezza, dei gran “stiamo lavorando per voi” e “vi faremo sapere”. Praticamente il nostro mestiere è come un pressure test di Masterchef, ci danno due ingredienti sconosciuti, ci dicono cosa deve venir fuori e ci danno un quarto d’ora di tempo per farlo.
Ma possiamo dormire sonni sereni, perché alla scuola e alla sua trionfale ripresa autunnale sta pensando una task force composta apparentemente da Gandalf il Grigio, i quattro moschettieri, Paperoga, i cavalieri dello zodiaco, più altri consulenti fantastici e dove trovarli; non sbagliamoci a chiedere un’opinione a un insegnante o a qualcuno che nella scuola ci lavora, mi raccomando. Tanto che sarà mai, si tratta solo di capire in che modo far stare 28 alunni, più un insegnante, più un altro insegnante in un’aula in cui solitamente si sta pigiati in file da due a inciampare reciprocamente negli zaini, aule in cui già dall’estate ansimeremo nelle mascherine che neanche Darth Vader. Pretendo almeno la marcia imperiale in filodiffusione mentre raggiungo la cattedra.
Bisognava che arrivasse la pandemia per dire a voce alta che è un problema? No, perché era un problema già da prima, eh. Ma i problemi si risolvono: certo c’è questo dettaglio che la classe docente è un po’ agée e se prima rischiava la salute a scuola (nel senso che gli alunni e spesso anche i loro genitori ci fanno scoppiare le coronarie) adesso viene fuori che siamo pure vecchi e ciancicati, quindi tocca assumerne di nuovi, magari facendo il famoso concorsone che darà nuove sfumature di significato alla parola “assembramento”.
Di quando partecipai al concorso io, ricordo essenzialmente il maxiraduno dinanzi alla sede predisposta, il pigia pigia da biglietteria alla finale di Champions e la sensazione di trovarmi come il giorno dell’apertura dei saldi da Zara, solo con più gente incazzata. A meno che non sia anche quello un sistema di selezione naturale dei docenti, chi sopravvive avrà il ruolo. Only the brave. Tanto ci faranno sapere.