La direttrice centrale Linda Laura Sabbadini anticipa che saranno sei le fasce d’età in base alle quali sarà selezionato il campione: "Da zero anni a 17, da 18 a 34, da 35 a 49, da 50 a 59, da 60 a 69 e da 70 e più anni". L'appello: "E’ fondamentale che le persone estratte a caso partecipino, così i risultati saranno più precisi"
Le 150mila persone che faranno parte del campione su cui condurre i primi test sieriologici sugli anticorpi del Coronavirus saranno estratte a sorte in “duemila Comuni” italiani. Una base territoriale “larga”, spiega la direttrice centrale dell’Istat Linda Laura Sabbadini che guida la parte statistica dell’indagine, scelta con l’obiettivo di ridurre l’errore statistico. Saranno sei le fasce d’età in base alle quali sarà selezionato il campione: “Da zero anni a 17, da 18 a 34, da 35 a 49, da 50 a 59, da 60 a 69 e da 70 e più anni”.
Il campione “sarà rappresentativo a livello regionale, poi nell’ambito della stessa regione si selezionerà in base al sesso, all’età e all’attività economica, tendendo conto di settori più esposti come la sanità e altri”.
“Le fasce d’età sono state scelte con il comitato tecnico scientifico. Andando avanti con gli anni sono maggiormente dettagliate: è importante sapere i rischi che corrono le fasce più adulte che hanno presentato più elevati livelli di mortalità, specie quelle che lavorano”. L’obiettivo dell’indagine sta nel cogliere la cosiddetta “siero-prevalenza“. In pratica, dice Sabbadini, si tratta di “capire, perché oggi non lo sappiamo, quante persone hanno sviluppato gli anticorpi al Coronavirus anche se non hanno avuto sintomi e non se ne sono accorte. Ricostruendo le loro storie, stimiamo quanti sono gli asintomatici”.
Poi l’appello ai cittadini a partecipare: “Serve a ognuno di noi e serve al Paese conoscere la situazione. E’ fondamentale che le persone estratte a caso nel campione partecipino perché più chi è stato estratto nel campione parteciperà, più i risultati saranno precisi. Non c’è l’obbligo di partecipare da parte di chi viene selezionato ma, visto che si tratta di scoprire se abbiamo sviluppato gli anticorpi, prendere parte è un bene per il singolo e la comunità intera“, ribadisce la statistica.