Le novità del decreto in vigore dal 4 maggio non sono radicali perché la Fase 2 è organizzata per step, basati sui dati epidemiologici che nelle prossime settimane arriveranno dalle Regioni. Le riaperture con il contagocce e spalmate tra inizio, metà e fine del prossimo mese hanno una loro ragione scientifica. È tutto scritto in un allegato del Dpcm firmato domenica sera da Giuseppe Conte. La Fase 2, insomma, è stata spacchettata in Fase 2a e una Fase 2b, definite “transizione iniziale” e “transizione avanzata”. Gli spartiacque per il passaggio dalla prima alla seconda sono la “capacità di monitoraggio” – sostanzialmente i test sierologici – e la conferma della stabilità dei parametri epidemiologici ogni quindici giorni. Per entrare nella Fase 3, invece, saranno necessarie cure diffuse o il vaccino. Gli esperti hanno anche previsto una Fase 4, nella quale si entrerà solo nel momento in cui sarà finita la pandemia.
Gli standard per la Fase 2A – Il documento che spiega i passaggi da una fase all’altra è all’interno del provvedimento annunciato domenica sera da Conte. L’allegato numero 10, due pagine, racconta gli standard alla base dell’allentamento del lockdown dal 4 maggio e dell’inizio della Fase 2. Meglio 2A, come si specifica a pagina 69 del Dpcm in cui si definisce lo step come “Transizione iniziale”. Il suo inizio coincide con il rispetto di 5 principi: “Stabilità di trasmissione, i servizi sanitari non sovraccarichi, l’attività di readiness (che fa capo ai sistemi di prevenzione della Protezione Civile), l’abilità di testare tempestivamente tutti i casi sospetti, la possibilità di garantire adeguate risorse per il contact-tracing, l’isolamento e la quarantena”.
Dopo le conferme, la “Transizione avanzata” – Contestualmente, ogni Regione deve essersi allineata agli “standard minimi di qualità della sorveglianza epidemiologica”. Tradotto: deve registrare su scala mensile un trend in miglioramento del 60% di contagiati, ricoverati, pazienti in terapia intensiva, contagiati in isolamento domiciliare. Se il trend resterà stabile – o mostrerà un miglioramento – su base bisettimanale e mensile si potrà pensare all’ingresso nella Fase 2B definita di “Transizione avanzata” contestualmente al rispetto dei 5 principi previsti per la fine del lockdown più un “monitoraggio epidemiologico”, ovvero i test sierologici forniti da Abbott.
Lo scenario negativo – Nel caso in cui non fossero soddisfatti completamente i criteri per un passaggio da una fase ad un’altra e ci fosse un peggioramento dei dati, viene previsto un passo indietro: se il parametro “R con zero”, cioè l’indice di diffusione del contagio, dovesse risalire sopra l’1, verranno adottati nuovi provvedimenti di chiusura. La prima ipotesi è quella di “misure sub regionali”, vale a dire le ‘zone rosse’, per contenere la nuova diffusione, ma in casi estremi è previsto di “ritornare alla fase uno di lockdown”. La convivenza con la Fase 2B si preannuncia in ogni caso medio-lunga, a leggere il documento, anche qualora tutto filasse per il verso giusto e non fosse necessario fare un passo indietro.
Nella Fase 3 con il vaccino, poi la fine pandemia – Perché scatti la Fase 3, definita di “Ripristino”, è necessario “l’accesso diffuso ai trattamenti” anti-Covid “e/o ad un vaccino sicuro ed efficace”. Insomma, cure o vaccino. Esiste una previsione temporale da parte del governo? Come spiegato domenica sera da Conte, “anche i membri della comunità scientifica non saprebbero dirci quando ci sarà l’uscita definitiva dall’emergenza”. Quando avverrà, in ogni caso, mancherà ancora un passettino per un completo ritorno alla normalità. Per l’ingresso nella Fase4, infatti, lo schema pone come condizione “la fine della pandemia”.
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