La causa che scatena la malattia di Kawasaki, una infiammazione dei vasi saguigni nei bambini tra i 5 e i 10 anni, è tuttora ignota. L’ipotesi più attendibile per gli scienziati è sempre stata che i virus della famiglia dei coronavirus potessero essere considerati probabili induttori. Così quando i medici dell’ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo hanno notato un anomalo incremento dei casi hanno pensato che ci potesse essere una correlazione tra l’arrivo in pronto soccorso di bambini con i sintomi della patologia e Sars Cov 2.
“Si è molto parlato dei fattori di rischio che rendono una persona più suscettibile alla malattia, e si è detto che i bambini sono protetti dallo sviluppare forme gravi di polmonite da Covid 19 spiega Lorenzo D’Antiga, direttore della Pediatria del Papa Giovanni XXIII -. Nonostante ciò, stiamo imparando che questo virus può causare anche altre patologie, attivando il sistema immunitario dell’ospite e inducendo una risposta infiammatoria che può interessare qualsiasi organo, anche a distanza di tempo dall’infezione”.
In un mese eguagliato il numero di casi di tre anni precedenti – “Negli ultimi due mesi – aggiunge Lucio Verdoni, reumatologo pediatra del Papa Giovanni -, ci siamo accorti che giungevano al pronto soccorso pediatrico diversi bambini che presentavano una malattia nota come Malattia di Kawasaki. In un mese il numero dei casi ha eguagliato quelli visti nei tre anni precedenti. Si è calcolato che l’incidenza di questa malattia, nell’ultimo mese, è stata di 30 volte superiore al passato”.
Da queste evidenze i pediatri del Papa Giovanni, D’Antiga, Verdoni e l’allergologo Angelo Mazza hanno approfondito i casi, “e trovato delle chiare prove che – si legge in una nota dell’ospedale – confermano che per la casistica degli ultimi due mesi il responsabile è questo nuovo coronavirus. Inoltre si è visto che questi pazienti hanno delle forme più severe di questa malattia, che coinvolgono l’apparato cardiocircolatorio e talora necessitano di cure intensive”.
L’allarme è già stato lanciato all’interno della comunità scientifica e fra i pediatri di famiglia. Ora è in fase di sottomissione a un’autorevole rivista internazionale lo studio scientifico, a cui hanno preso parte anche i pediatri Annalisa Gervasoni, Laura Martelli e Maurizio Ruggeri, il cardiologo pediatrico Matteo Ciuffreda ed Ezio Bonanomi, responsabile della Terapia intensiva pediatrica, e di cui Lucio Verdoni sarà il primo firmatario.
“La pediatria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo negli ultimi due mesi ha messo in evidenza molti aspetti della salute del bambino durante l’epidemia, tra cui l’importanza del triage al Pronto Soccorso Pediatrico, la benignità dell’infezione nei bambini immunodepressi (come i trapiantati, i bambini sottoposti a cure oncologiche, i bambini con malattie intestinali che richiedono terapia immunosoppressiva), ma quella descritta oggi è sicuramente la scoperta più rilevante. È importante sottolineare che solo una piccola minoranza di bambini infettati da SARS-CoV-2 sviluppa la Malattia di Kawasaki, sicuramente meno dell’1%. Nonostante ciò, in previsione dell’imminente apertura alla “Fase 2” della lotta all’epidemia è importante tenere presente tutte le conseguenze che questo virus insidioso può causare, sia nella fascia di età adulta che in quella pediatrica.
Che cos’é la Malattia di Kawasaki – La malattia di Kawasaki, come spiega la nota, è una vasculite dei piccoli vasi che colpisce i bambini sotto i dieci anni, ma più spesso sotto i 5 anni. I sintomi tipici sono la febbre elevata persistente, un’eruzione cutanea, delle alterazioni delle mucose e delle estremità. La complicanza più temibile è l’infiammazione delle arterie del cuore, che può causare delle dilatazioni aneurismatiche permanenti delle coronarie. La malattia risponde molto bene alla terapia, che si avvale della somministrazione di immunoglobuline e acido acetilsalicilico, nonché, talora, di cortisone. Con il trattamento appropriato, somministrato in tempi rapidi, praticamente tutti i bambini guariscono. La causa della Malattia di Kawasaki, scoperta circa 50 anni fa, rimane ignota, nonostante si pensi che sia causata da un agente infettivo che, in bambini predisposti, causa una risposta infiammatoria alla base del quadro clinico. In passato alcuni virus della famiglia dei coronavirus sono stati considerati come probabili induttori della malattia di Kawasaki. “Oggi sappiano che il coronavirus Sars Cov 2 è uno di questi”-
L’allerta diramata dal Gaslini di Genova – Nei giorni scorsi anche un altro importante presidio pediatrico il Gaslini di Genova aveva diramato un’allerta per “un significativo aumento di bambini colpiti dalla malattia di Kawasaki risultati affetti da Covid-19″. Un’evidenza che ha convinto il professor Angelo Ravelli, ordinario e direttore della Clinica Pediatrica e Reumatologia dell’Istituto Giannina Gaslini, segretario nazionale del gruppo di studio italiano di reumatologia pediatrica, a segnalarla alla comunità pediatrica per promuovere una raccolta dati di questi casi. Obiettivo, caratterizzarne le manifestazioni cliniche, le terapie eseguite e indagare il possibile ruolo causale del virus Sars-Cov-2. “In diversi centri italiani, dove maggiore è stata l’incidenza del Covid-19 – ha detto il professor Ravelli all’Ansa – si sono manifestati casi della malattia di Kawasaki più frequenti di quanti ne abbiamo osservato prima dell’arrivo del coronavirus. E, sottoposti a tampone, molti pazienti sono risultati Covid-positivi. Parliamo, ad esempio, di cinque casi osservati al Gaslini in tre settimane quando la frequenza in un quinquennio precedente al Covid era di 7-8 casi all’anno. Sembra che molte di queste forme abbiano risposte inferiori alla terapia con immunoglobuline endovena a alte dosi”. Esiste dunque una possibile relazione tra malattia di Kawasaki e Coronavirus? “Molti bambini affetti da malattia di Kawasaki – ha detto il prof. Ravelli – sono risultati positivi al tampone e/o al test sierologico Sars-Cov.2. Da più di 50 anni aleggia l’ipotesi che la malattia di Kawasaki sia causata da un germe o da un virus, ma non è mai stato dimostrato. Per questo abbiamo deciso di allertare i pediatri italiani e dare il via a una raccolta dei casi per poterli accuratamente studiare”.