Donald Trump continuava a minimizzare sulla portata della pandemia, ma tra gennaio e febbraio le agenzie di intelligence Usa lo avvertirono sulla gravità del coronavirus in più di una decina di briefing classificati. Lo scrive il Washington Post che, citando funzionari Usa ed ex dirigenti, parla di “ripetuti” avvertimenti nel rapporto giornaliero per il presidente, noto come ‘Pdb’ (President’s Daily Brief). Intanto negli Usa il Covid-19 ha provocato oltre 56.245 vittime, solo tremila in meno della ventennale guerra in Vietnam. Ma il numero potrebbe già essere superiore se si considera l’analisi del quotidiano americano, secondo cui nelle prime settimane della pandemia, dall’inizio di marzo al 4 aprile, negli Usa ci sono stati circa 15.400 morti in più rispetto alla media storica, quasi il doppio delle vittime attribuite in quel periodo al Covid-19. Stando agli ultimi dati della Johns Hopkins University, i contagi nel Paese sono 988.451.
Nel corso della conferenza stampa – alle 23 ora italiana, dopo avere annullato il briefing con la task force sul coronavirus previsto per la stessa ora – il presidente ha stimato che le vittime della pandemia saranno tra i 60mila e i 70mila e ha negato qualsiasi responsabilità per aver suggerito l’idea che il virus si possa sconfiggere con iniezioni di disinfettante – idea sconfessata come pericolosa dagli scienziati e dalle stesse aziende produttrici. Poi ha annunciato che saranno fatti più tamponi (finora, nonostante una partenza in ritardo, ne sono stati eseguiti 5,5 milioni e solo nell’ultima settimana oltre 1,5 milioni) e aggiunto che “gli Usa stanno conducendo un’indagine seria sull’operato della Cina in risposta all’epidemia di coronavirus”. Quanto alla data delle presidenziali fissata per il 3 novembre, spiega di non avere “mai pensato di cambiarla, perché dovrei farlo? È solo propaganda di sana pianta”. Infine si è detto “molto felice” per i progressi dell’Italia nella lotta al coronavirus, facendo riferimento al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha definito “il mio amico”. Quanto alla salute di Kim Jong-un, “sparito” dall’11 aprile, Trump ha detto ai giornalisti che ha una “precisa idea” di come stia, ma non può parlarne, e gli ha augurato ogni bene. “So come sta. Probabilmente lo saprete in un futuro non troppo lontano”.
L’inchiesta del Washington Post – Per settimane, si legge, il Pdb ha tracciato la diffusione del virus nel mondo e chiarito che “la Cina stava occultando informazioni sulla trasmissione del contagio e il bilancio letale”, evidenziando anche “la prospettiva di terribili conseguenze politiche ed economiche“. Ma gli allarmi sembrano non essere stati recepiti: il presidente, ha scritto il quotidiano citando le sue fonti coperte da anonimato, è solito saltare la lettura del Pdb e a volte dimostra anche poca pazienza durante il briefing orale che ora avviene due o tre volte a settimana. Secondo Hogan Gidley, un portavoce della Casa Bianca, Trump ha “intrapreso un’azione storica tempestiva e aggressiva per proteggere la salute, la ricchezza e il benessere degli americani”. “Supereremo questo momento difficile – ha aggiunto nelle dichiarazioni riportate dal Post – e sconfiggeremo il virus con la sua leadership incisiva”. “I dettagli di tutto questo non sono veri”, ha invece tagliato corto un funzionario dell’Ufficio del Direttore dell’intelligence nazionale, responsabile per il Pdb.
Vittime e riaperture – Il numero dei decessi negli Stati Uniti potrebbe essere sottostimato, come lo è anche a livello mondiale: in base ad uno studio del Financial Times, su 14 Paesi sarebbe di quasi il 60% superiore a quello delle statistiche ufficiali, mettendo a confronto le morti avvenute tra marzo e aprile di quest’anno con quelle dello stesso periodo dei cinque anni passati. La ripartenza in Usa avviene mentre si sfiorano ormai un milione di casi, un terzo del totale globale arrivato ad oltre tre milioni, ma con un calo del numero di vittime. I decessi continuano a diminuire anche a New York, lo Stato più colpito (337 nelle ultime 24 ore). Ma ci sono ancora 1.000 nuovi casi al giorno e, in base ai test sugli anticorpi fatti a 75 mila persone, c’è un tasso di infezione del 14,9%, ha riferito il governatore Andrew Cuomo, che ipotizza di prorogare il suo ordine di stare a casa dopo il 15 maggio in alcune zone e di riaprirne altre solo a determinate condizioni.
Intanto Tennessee e Mississippi si sono uniti ad altri Stati repubblicani che hanno cominciato a riaprire alcune attività, come Georgia, South Carolina, Oklahoma e Alaska. Ma ci sono anche Colorado e Minnesota, guidati da governatori dem, come quello del Montana, che ha consentito anche la riapertura delle chiese, con il distanziamento sociale, mentre ristoranti e scuole ripartono il 7 maggio. Resistono i suoi colleghi in Michigan e California, ma in quest’ultimo Stato le folle hanno invaso nel weekend le spiagge vicino a Los Angeles e San Diego nonostante i divieti. Sullo sfondo di questa prima, confusa fasi di riapertura, la Casa Bianca sta mettendo a punto altre linee guida per la riapertura di scuole, programmi di assistenza all’infanzia, alcuni luoghi di lavoro, trasporti di massa, ristoranti e luoghi di culto: queste due ultime attività, scrive il Washington Post, restano i nodi più controversi.