Cronaca

Fase 2, il cardinale Bagnasco: “Musei aperti e messe vietate, è una disparità di trattamento inaccettabile”

Per il presidente dei vescovi europei, per 10 anni capo della Conferenza episcopale italiana, se "fosse voluta una violazione della libertà di culto, la cosa sarebbe gravissima". Intanto Conte ha fatto sapere che il governo è al lavoro per "definire un protocollo di massima sicurezza per garantire a tutti i fedeli di partecipare alle celebrazioni liturgiche"

Nel decreto per la fase 2 c’è stata una “disparità di trattamento inaccettabile” tra musei e Chiesa, a danno dei cristiani che hanno già “sopportato il doloroso sacrificio” dell’assenza dei funerali e meriterebbero “una maggiore attenzione”. A dirlo è il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa, che in un’intervista a La Stampa ha ribadito la posizione della Cei sul prolungamento del divieto di celebrare le messe spiegando che dal governo “ci aspettiamo il superamento della Chiesa virtuale, che non può sostituire la Chiesa reale fatta di presenza fisica. In altre parole, ci aspettiamo la riapertura delle messe ai fedeli“. La decisione del governo è stata presa su indicazione del comitato tecnico-scientifico che ritiene prematuro aprire a tutti le funzioni religiose perché – come ha spiegato anche l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco in collegamento con Agorà su Rai3 – “le chiese sono frequentate soprattutto da persone anziane che sono quelle che dobbiamo proteggere. Se si tratta di entrare in una chiesa affollata, partecipare al rito religioso e poi tornare a casa è come andare allo stadio. Bisogna andare molto cauti”.

Ma per il presidente dei vescovi europei, per 10 anni capo della Conferenza episcopale italiana, se “fosse voluta una violazione della libertà di culto, la cosa sarebbe gravissima. Basta ricordare il dettato della Costituzione: ‘Lo Stato e la Chiesa cattolica, ciascuno nel proprio ordine, sono indipendenti e sovranì, affermazione ripresa e specificata dal Concordato del 198. Sarebbe non solo un atto indebito, ma anche controproducente“. “Ogni problema deve essere affrontato dalla politica in relazione alle persone, fondamento della società – continua Bagnasco -. La persona ha desideri non solo materiali, ma anche spirituali. Assicurare il pane della tavola è doveroso, ma non riconoscere anche il pane dello spirito significa non rispettare l’uomo e impoverire la convivenza. L’esperienza della fede genera energia morale, e questa è la vera forza di una società. Capisco e condivido l’impegno a far ripartire la macchina del lavoro – conclude il cardinale -. Ma con tutto l’apprezzamento per l’arte e gli splendidi musei del nostro Paese, mi pare che l’attenzione al bisogno-diritto di poter nutrire la fede debba essere non solo riconosciuta, ma non ostacolata oltre misura”.

La Comunità episcopale italiana non è stata la sola a denunciare “insensibilità” nei confronti di tutti i credenti: anche la Comunità religiosa islamica italiana (Coreis) e Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers) hanno sottolineato l’importanza per i credenti di poter tornare a professare la propria fede. Non segue la corrente, invece, l’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei): “Gli ebrei italiani e le loro rappresentanze istituzionali si atterranno scrupolosamente a quanto previsto nel decreto”. E ha aggiunto: “Evitiamo di alimentare polemiche”.

Intanto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto sapere che il governo è al lavoro per “definire un protocollo di massima sicurezza per garantire a tutti i fedeli di partecipare alle celebrazioni liturgiche, contiamo di definire questo protocollo in pieno spirito di collaborazione con la Cei”. E proprio sul rapporto con i vescovi, il premier ha detto che “dispiace molto, perché questo governo rispetta tutti i principi costituzionali. Dispiace di creare un comprensibile rammarico della Cei. Ci siamo anche sentiti con il presidente Bassetti, non c’è un atteggiamento materialista da parte del governo, nessuna mancanza di sensibilità. C’è sì, una certa rigidità del Cts anche sulla base della letteratura scientifica che loro hanno a disposizione sui contagi”.