La scena è questa.
All’ora “X” si sentirà un rumore di ferraglia, un fragore. Saranno i cancelli, le sbarre, che all’unisono si alzeranno, si apriranno. La folla, l’immensa popolazione si proietterà fuori, tutta insieme, molti urleranno, rossi in viso. La maggioranza correrà dritta, nella direzione conosciuta, generalmente di fronte al cancello. Si ritroverà poco lontano, al primo incrocio, al primo imbuto, ammassata, in fila disordinata. Inizieranno i litigi, le zuffe. Qualcuno sparirà, i troppo furbi, o i cretini di ogni età.
Un nucleo, sparso e titubante, accosterà a dritta o a sinistra, appena messo piede in strada. 90 gradi, circa. Dall’alto sembreranno puntini, appena visibili, che si lanceranno un’occhiata gli uni gli altri. Parranno niente rispetto alla folla, eppure si stupiranno di non essere soli. Sono un avamposto. Quelli che si erano preparati per andare altrove. A fare cosa, non ce l’ha chiaro nessuno di loro, solo concentrati su un’idea: diversamente, con un altro impatto. Pensano quasi tutti al proprio destino, pochi a quello del Pianeta Terra.
Senza perdere un istante, comunque, attratti da una potenza irresistibile, punteranno verso la meta: una nuova destinazione. Avranno una piccola sacca sulla spalla. A coppie si terranno per mano. Qualcuno avrà messo il figlio piccolo seduto sul collo, lo terrà per i piedi, gli passerà un biscotto. Cammineranno, dopo la prima corsa.
Qualcuno, appena uscito, indeciso se andare dritto o accostare, disorientato, li seguirà. I bivi sono istanti, più che spazio, e sono sempre fatali. Dall’imbuto della folla, laggiù, qualcuno all’ultimo istante si volterà, vedrà i dissidenti diretti altrove, si staccherà dall’ammasso, farà un passo, poi deciderà di corrergli dietro, attirato dalle opportunità.
Chi avrà fatto la scelta migliore? Dove andranno gli uni e gli altri? Cosa accadrà loro? Nulla. L’ingorgo verrà risolto dalla polizia, le auto coi lampeggiatori e i megafoni agevoleranno lo sviluppo del grande serpente umano, la stessa gente che li aveva temuti guardandoli dalla finestra. Le regole comuni di solito sono così: le odi, poi le ringrazi. Qualcuno non ce la farà, perché nel caos l’errore è il grande giudice. Sangue sull’asfalto, per forza di cose, ce ne sarà.
Poi tutto ricomincerà. E sarà vita comunque, per tutti, com’è sempre stata. Si amerà in ogni direzione. Si soffrirà, si morirà. Tutto parrà nuovamente possibile, o impossibile. I transfughi, convinti della loro specialità, giungeranno altrove, cominceranno da capo. Per loro, come per gli altri, scorrerà il plasma delle gioie, del tradimento, degli errori. Qualcuno, nel gorgo della propria immutabile natura umana, verrà anche assalito dal dubbio: “non è cambiato niente”, e quel giorno piangerà.
Tra molto tempo moriranno insieme, poco prima gli uni, ma subito dopo gli altri, quando è scritto. Saranno stati incapaci di salvare tutto, oppure capaci, chissà.
L’unica differenza (la maggiore, nell’istante finale dell’eternità fulminea che parrà loro la vita all’ultimo sguardo) sarà averci almeno provato. O non aver fatto nemmeno quello.