Dopo giornate di scarcerazioni eccellenti – come quella del boss di camorra Zagaria – e l’intervento del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, i magistrati di Sorveglianza in una lunga nota rispondono e replicano anche alla politica che ha espresso preoccupazione sulle liberazioni di detenuti al 41bis. I giudici “non sono sottoposti a qualsivoglia pressione” e “continueranno ad avere come proprio riferimento null’altro che non sia la Costituzione e le leggi cui unicamente si sentono sottoposti“. I magistrati dicono di sentirsi “colpiti da un ingiustificato attacco” che rischia di ledere “l’autonomia e l’indipendenza della loro giurisdizione”, dopo le polemiche sulle scarcerazioni di condannati al 41 bis.

Il Guardasigilli sta lavorando a un provvedimento che punta a contenere le scarcerazioni disposte dai magistrati per motivi di salute con un maggior coinvolgimento nelle decisioni della Direzione nazionale antimafia e delle Direzione distrettuali e la nomina di un ex pm antimafia come Roberto Tartaglia è stato un segnale politico chiaro. Le toghe però parlano di una giurisdizione “esercitata nel pieno rispetto della normativa vigente, sostenendo che a rischio è anche “la serenità che quotidianamente deve assistere” i magistrati, “in particolare in un momento così drammatico per l’emergenza sanitaria che ha colpito anche il mondo penitenziario, le loro spesso difficili decisioni”.

Il coordinamento nazionale dei Magistrati di sorveglianza “respinge con forza la campagna di sistematica delegittimazione, che in alcuni casi si è spinta fino al dileggio, proveniente da più parti, anche da autorevoli esponenti della Magistratura e delle Istituzioni, suscitata dalle scarcerazioni per motivi di salute” di alcuni condannati, al 41 bis. Il riferimento sembra diretto al Nino Di Matteo, attuale consigliere del Csm, già pm antimafia e sotto scorta da anni per le minacce ricevute, che ha parlato di un “segnale tremendo”.

“La Magistratura di sorveglianza è stata sempre consapevole della rilevanza degli interessi in gioco e del loro, quando possibile, bilanciamento ed ha sempre operato, nel pieno rispetto delle norme, in particolare dell’art. 27 della Costituzione che impone venga assicurata a qualunque detenuto, anche il più pericoloso, una detenzione mai contraria al senso di umanità, valutando – continua la nota – caso per caso previa interlocuzione, come avvenuto in questi casi, con tutte le Autorità coinvolte, che hanno il preciso dovere di rispondere nei tempi e nei modi processualmente congrui e nei contenuti adeguati”.

In tal senso, prosegue il Coordinamento nazionale dei magistrati di Sorveglianza “occorre ribadire la necessità che l’interlocuzione con chi ha responsabilità di prevenzione e cura nei confronti delle persone detenute sia sempre pronta ed efficace e consenta alla Magistratura di sorveglianza di assumere decisioni basate su elementi aggiornati e completi circa diagnosi, prognosi e profilassi necessari per la tutela della salute“.

Nel contesto “della grave emergenza sanitaria da Covid-19 non si può non apprezzare l’iniziativa dell’Amministrazione penitenziaria, in ottemperanza a norme primarie e regolamentari, di segnalare i casi sanitari critici alla Magistratura di sorveglianza che come di regola adotta tutte le sue decisioni in piena autonomia di giudizio”. Anche se bisogna ricordare che nel caso del boss Zagaria al magistrato che chiedeva al Dap di indicare una struttura dove il detenuto potesse seguire le terapie prescritte il Dipartimento non ha mai risposto, obbligando la toga a liberarlo.

Il Conams ricorda “che le norme applicate nei casi in oggetto si rinvengono nel codice penale che, ben prima dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, all’art. 147 prevede la sospensione della pena qualora essa debba eseguirsi nei confronti di chi si trovi in stato di ‘grave infermità fisica’. Rammenta che ogni decisione, anche quella adottata d’urgenza, è destinata ad essere discussa nel pieno contraddittorio delle parti pubbliche e private ed è ricorribile nei successivi gradi di giudizio“.

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