Scienza

Coronavirus, il vaccino italiano sperimentato a Oxford verso i test su 6000 volontari. Se fosse efficace potrebbe essere pronto a settembre

I test sugli animali fanno ben sperare e si attendono gli esiti sugli umani. Gli scienziati del Jenner Institute, guidato da Sarah Gilbert, in collaborazione con la Irbm di Pomezia, programmano ora di testare il loro composto sua una platea ampia

Bill Gates qualche giorno fa aveva annunciato di essere pronto a finanziare il vaccino di Oxford sviluppato in Italia in collaborazione con Advent-Irbm di Pomezia (Roma). E potrebbe aver avuto l’occhio lungo il fondatore di Microsoft diventato nel corso degli anni un filantropo pronto a usare il suo smisurato patrimonio per ogni buona causa. Sì perché l’alleanza tra Gran Bretagna e Italia sembra non solo andare bene, ma addirittura accelerare. I primi test sugli uomini e le donne sono iniziati qualche giorno fa e gli scienziati del Jenner Institute, guidato da Sarah Gilbert, programmano ora di testare il loro prodotto “su 6.000 volontari sani entro il prossimo mese di maggio, che vanno reclutati e man mano testati”, conferma all’Adnkronos Salute Matteo Liguori, managing director di Irbm.

Il vantaggio si deve alla precedente esperienza su altri coronavirus, e secondo gli scienziati di Oxford questo potrebbe consentire di avere le prime dosi disponibili del siero entro settembre, da utilizzare nelle categorie più a rischio: qualche mese di anticipo rispetto agli altri attori impegnati nella corsa al vaccino. Tutto ciò, naturalmente, se il vaccino si dimostrerà efficace.

I test sugli animali fanno ben sperare. Perché giungono notizie promettenti dal Rocky Mountain Laboratory del National Institutes of Health, nel Montana, che il mese scorso ha inoculato il siero su sei scimmie macaco rhesus: gli animali sono stati quindi esposti a grandi quantità del virus Sars-Cov-2. Risultato: più di 28 giorni dopo tutti e sei gli animali sono risultati sani, ha affermato al New York Times Vincent Munster, il ricercatore che ha condotto il test. “Il macaco rhesus è la cosa più vicina che abbiamo all’uomo”, ha spiegato, osservando che gli scienziati stanno però ancora analizzando i dati, che saranno condivisi con altri ricercatori la prossima settimana e quindi inviati a una rivista per la peer-review. “È un programma clinico molto, molto veloce”, ha affermato Emilio Emini, direttore del programma vaccinale della Bill and Melinda Gates Foundation, che sta fornendo supporto finanziario a molti sforzi concorrenti.

I primi due umani cui è stato inoculato il vaccino sono stati due scienziati di Oxford: Edward O’ Neill, impegnato nella ricerca oncologica, ed Elisa Granato, di origine italiana, studiosa di zoologia e microbiologia nella stessa università. Un’iniezione trasmessa in diretta televisiva dalla Bbc. Di fronte all’interesse globale che questa sperimentazione ha suscitato, la ricercatrice, che si nega a interviste, ha usato il profilo Twitter per fornire aggiornamenti sulle sue condizioni di salute come in una sorta di breve diario. “Sto benissimo finora, e il team sta facendo un lavoro fantastico nel seguirci e sostenere tutti i partecipanti”. Su di lei è stata diffusa anche una fake news dandola per morta e ha quindi chiesto di non dare spazio o postare articoli falsi.