Il governo scrive la norma sull’app di tracciamento Covid denominata Immuni, e la pone all’interno del nuovo Decreto Legge sull’emergenza, che dovrebbe essere discusso oggi al pre-Consiglio dei ministri, dedicando un intero articolo dell’articolato normativo al tracciamento digitale. Una norma primaria dunque, anche se di urgenza.
Oggi peraltro la ministra per l’Innovazione Paola Pisano, finita al centro delle critiche di diversi organi di stampa per la gestione della fase di scelta dell’app, aveva provato a spiegare il suo punto di vista sull’app davanti alle incalzanti domande dei senatori della Commissione lavori pubblici.
Tra le prime osservazioni da svolgere su questa scelta che appare tardiva vi è la circostanza che il Parlamento italiano e con esso i cittadini, quando finalmente anche loro potranno capire qualcosa di questa app, è stato messo al corrente di tutto a cose fatte, quando addirittura l’app, già scelta e contrattualizzata, è in fase di test.
Dal punto di vista del merito l’art 6 del dl, che oggi dovrebbe essere approvato dal pre-Consiglio dei ministri, assegna al Ministero della salute il compito di gestire il tutto, in accordo con la protezione civile. La norma chiarisce che dovrà essere fatta una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati personali, come previsto dalle norme europee e nazionali sulla privacy, segno che tale valutazione non è stata fatta in precedenza. I dati raccolti saranno tenuti al più tardi sino al 31 dicembre 2020.
La gestione tecnica del tutto dovrebbe invece essere affidata, secondo quanto ha oggi dichiarato la ministra, alla Sogei, quindi alla società che gestisce i sistemi fiscali del nostro paese. Il cittadino potrà scaricare o meno l’app, non dovrebbe – chiarisce la norma – avere conseguenze sui diritti fondamentali.
Tuttavia la norma stessa non dice nulla su eventuali obblighi da parte dello stato di prendere in carico colui a cui il telefono ha fornito informazioni su possibili incontri pericolosi nei 15 giorni precedenti. Né viene chiarito se vi sia un obbligo di tampone. Il cittadino in pratica viene lasciato a se stesso e alla sua coscienza, senza che venga specificato il motivo per il quale un soggetto dovrebbe scaricare l’app incorrendo in severe conseguenze, anche dal punto di vista delle autodichiarazioni. I dati potranno essere resi anonimi solo qualora ciò sia possibile, spiega la norma.
E in ogni caso “il Ministero, in qualità di titolare del trattamento, si coordina, anche ai sensi dell’art. 28 del Regolamento (UE) 2016/679, con i soggetti operanti nel Servizio nazionale della protezione civile, di cui agli articoli 4 e 13 del codice di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, e con i soggetti attuatori di cui all’articolo 1 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 630 del 3 febbraio 2020, nonché con l’Istituto superiore di sanità e con le strutture pubbliche e private accreditate che operano nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle relative competenze istituzionali in materia sanitaria connessa all’emergenza epidemiologica da Covid-19, per gli ulteriori adempimenti necessari al tracciamento dei contatti e per l’adozione di correlate misure di sanità pubblica e di cura. La modalità di tracciamento dei contatti tramite la piattaforma informatica di cui al presente comma è complementare alle ordinarie modalità in uso nell’ambito del Servizio sanitario nazionale.”
L’obiettivo del governo è quello di rendere l’app più diffusa possibile. Leggendo però la norma si ha la sensazione che la volontarietà sia più di facciata che di sostanza, che il cittadino potrebbe avere più fastidi, anche di natura giudiziale qualora permanga l’autocertificazione, che benefici dallo scaricamento dell’app e che gli obblighi correlati dello stato, quali quelli di effettuare gratuitamente e massivamente esami sierologici e tamponi, siano del tutto assenti.