E’ ormai chiaro che l’emergenza sanitaria sta trascinando il paese verso il baratro economico e sociale.

Il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara, disegna un quadro nefasto per il settore alberghiero, dichiarando che il mondo del turismo è in ginocchio, con il 99% degli hotel chiusi. Un settore, precisa il direttore, che costituisce il 13% del Pil. Nucara avverte sulla necessità di dare liquidità alle imprese e di bloccare il pagamento delle tasse per tutto il 2020.

Anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi lancia il suo allarme dal mondo degli industriali, il quale chiede al governo più concretezza sul metodo per arrivare alla riapertura, e chiede anche lui liquidità immediata per le imprese.

Se già per le grandi aziende il blocco delle attività protratto per un tempo ancora invero indefinito e prorogabile è un danno, con cui tutta la società italiana dovrà fare i conti – perché a cascata i problemi coinvolgeranno tutti –, ma tutto sommato hanno, non tutte, risorse per poter far fronte alla crisi, un discorso diverso deve essere fatto per gli esercizi commerciali, ovvero per le piccole e medie imprese.

La fase 2 prevede che la maggior parte degli esercizi commerciali debbano restare chiusi anche dopo il 4 maggio, con ciò scatenando le ire del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, che avverte che ogni giorno di chiusura in più produce danni gravissimi e mette a rischio la sopravvivenza di imprese e lavoratori. Commercianti e artigiani sono contro la fase 2, o si riapre subito o chiudiamo, tuonano contro il governo. Federcuochi lancia finanche l’allarme sulla morte della ristorazione, nel caso in cui dovesse essere concessa la riapertura soltanto dal 1° giugno.

La riapertura e le esigenze di liquidità sono quindi i temi più caldi nello scontro tra il mondo delle imprese e il governo, ferma restando la disponibilità delle associazioni di categoria di lavorare per predisporre adeguati sistemi di sicurezza.

Sul fronte della liquidità, come ho avuto modo di spiegare di recente con il supporto di un esperto di diritto bancario – e come in realtà invocato da più parti –, vi sono notevoli criticità circa l’effettivo accesso al credito da parte delle imprese in difficoltà, nonostante gli annunci del governo.

Passando al capitolo lavoro e lavoratori, sebbene il sindacato abbia mantenuto un profilo più basso concentrandosi sulla sicurezza dei lavoratori, pare non abbia voluto ancora affrontare un tema altrettanto importante, quello della perdita dei posti di lavoro che si preannuncia essere massiccia in conseguenza del disastro economico.

Ad oggi sembra francamente complicato credere che lo Stato e gli enti locali possano farsi carico dei vuoti lasciati dall’economia reale, per il semplice motivo che sino ad ora non c’è riuscito, nonostante siano passate parecchie settimane dall’inizio del lockdown.

Non soltanto le imprese non hanno ancora avuto di fatto accesso alla liquidità con le garanzie promesse, ma nemmeno i lavoratori se la passano meglio con i ritardi sui pagamenti della cassa integrazione.

Già da quale settimana i consulenti hanno avvertito sul fatto che i lavoratori non avrebbero visto un centesimo prima di maggio. A Palermo la categoria ha addirittura denunciato il rischio di aggressioni che corrono i consulenti, poiché la gente addossa loro il ritardo sui pagamenti, quando in verità sono le norme ad essere sbagliate. Sui pagamenti la Cgil dell’Emilia Romagna denuncia i gravi ritardi delle banche, ma anche i dati drammatici sulla quantità di richieste. Situazione non certo migliore in Sicilia. Secondo l’Inps sono soltanto 519 le pratiche di cassa integrazione trasmesse dalla Regione, la quale dice però di averne evase 534, fermo restando che restano in attesa 37mila domande.

Nel frattempo le partite Iva ritengono insufficiente il bonus bimestrale messo a punto dal governo, il quale tra l’altro intende diminuire la platea dei beneficiari. Anche questa categoria rischia l’estinzione.

Si potrebbe continuare a lungo con la lista degli allarmi, delle richieste di aiuto e delle denunce circa la mancata predisposizione un adeguato supporto da parte del governo. Ma la morale è già abbastanza chiara: il governo pare non stia capendo la reale portata del disastro economico che ci apprestiamo ad affrontare, e non basterà di certo una quota di un fondo di solidarietà europeo a data da destinarsi – che tra l’altro è una sorta di Troika 1.0 – per risollevare l’economia.

Certo, c’è l’emergenza sanitaria, ma non credo proprio che gli italiani non siano disposti ad adottare adeguate misure di sicurezza, quindi il tema è la sostenibilità delle misure adottate dal governo, in un percorso di convivenza con il virus che, come detto dallo stesso presidente del consiglio, è imprescindibile. Meglio conviverci con le risorse necessarie che da morti di fame, no?

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