Cominciamo bene! Dopo tanto bla-bla sulla natura e gli animali che riprendono la scena mentre il mondo umano va in quarantena, la fase Uno e Mezzo si è aperta in Italia con la cattura dell’Orso M49. Peccato, in questo periodo ci eravamo appassionati in tanti per le scorribande post-letargiche dell’orso più famoso d’Italia: nelle ultime settimane aveva divorato alveari scoperchiando arnie, si era scolato bottiglie d’olio aprendo malghe abbandonate, era stato fermato a metà pasto sulle carni di un povero malcapitato vitello e persino individuato e ripreso da lontano mentre giocava, sazio e felice, con le ultime nevi (vedi blog precedente).
Alla fine il nostro eroe plantigrado è stato riportato di nuovo nel Centro di recupero della Fauna alpina di Casteller, ovvero da dove era già clamorosamente fuggito. Vedremo se adesso riusciranno a contenerlo nel grande recinto apposito, magari facendolo interessare di più, ora che è grandicello, all’altra ospite di rilievo, che le cronache registrano come l’orso esemplare DJ3, femmina adulta.
La cattura è stata una vera e propria prodezza degli specialisti della Forestale trentina, che, alla fine di una rincorsa durata mesi, non hanno sparato un colpo nemmeno di sedativo, ma utilizzato una trappola a tubo gigantesca, dove M49 dovrebbe passare un breve periodo di “ambientamento”. Sono pur sempre dei militari in divisa, e non possono nemmeno dire apertamente quello che pensano: così si sono beccati subito in silenzio il plauso dell’ineffabile governatore della provincia Maurizio Fugatti, autore di una serie di figuracce che costeranno voti a Salvini, quasi più del primatista lumbard Fontana.
Per digerire un po’ il fattaccio e alleggerire l’immagine dei nostri poveri ‘bear-hunters’ consiglio a tutti di andarsi a leggere il report annuale sugli orsi, i lupi e la lince del servizio foreste e fauna del Trentino, dedicato al loro giovane collega ambientalista militante Daniele Asson, prematuramente scomparso in un incidente. Da queste pagine ufficiali, peraltro, s’intuisce bene che la questione relativa a M49 è stata anche economica: al di là dei costi di una lunghissima ‘caccia’, a questo orso sono stati attribuiti il 30 per cento dei danni indennizzati dalla provincia, 45mila euro circa, nel solo 2019, su 152mila e rotti che hanno coperto le incursioni dell’intera popolazione locale di orsi, che ammontano a una novantina.
La storia più straordinaria che si può leggere nel report è quella relativa ai due cuccioletti orfani o abbandonati dalla madre, M11 e M56, che sono stati raccolti e cresciuti per qualche mese, con grande pazienza e con estrema attenzione a non mutarne la natura selvatica, proprio nel centro di Casteller, per poi essere liberati in natura appena un po’ rinforzati (un’iniziativa, questa sì, che avrebbe meritato il plauso della politica e dell’opinione pubblica!). Per stabilire una sorta di protocollo di questo delicato intervento i trentini sono andati a scuola dai due esperti internazionali di riferimento, un americano e un russo, che li hanno messi sull’avviso in particolare per l’irresistibile capacità d’interazione degli orsetti.
E l’assistente forestale Antonio Staffella, che ha partecipato personalmente a questo progetto, spiega bene quel che fa questo magnifico piccolo di animale in cattività: all’inizio l’orsetto cerca solo un nascondiglio e non si sogna di farsi vedere nemmeno a mangiare; passato il primo periodo di diffidenza, la paura si trasforma in atteggiamenti spavaldi tipici degli adulti, quella volta al giorno che l’uomo arriva a portare il cibo e a fare le pulizie; infine, “dopo quattro o cinque settimane, la sua attenzione si rivolge sempre di più nei confronti del custode con il quale prova a interagire: in questa fase il cucciolo inscena spesso una sorta di invito al gioco, con capriole e altro, per attirare l’attenzione su di sé”.
Il nostro fortunato forestale trentino nota a questo punto, con uno strano misto d’orgoglio e malinconia, come sia difficile resistere al fascino dell’interazione affettiva con l’orsetto, anche per un esperto di fauna selvatica adeguatamente preparato.
Probabilmente è stato qualche nostro antenato delle caverne a cominciare il recupero degli orfani d’orso, e qualche piccolo cavernicolo a giocare con gli orsetti veri, ignari che avrebbero dato la stura a una tradizione secolare di cuccioli di stoffa e di peluche.