260 miliardi di sterline. Questo il patrimonio che i futuri nuovi proprietari del Newcastle sono pronti a investire nel club inglese. Questa volta però non si tratta di uno sceicco, ma di un intero Stato: il Newcastle è prossimo a passare nelle mani del fondo di investimento pubblico dell’Arabia Saudita, controllato dal principe Mohammed bin Salman. Un’operazione che non ha precedenti nella storia del calcio europeo, e proprio per questo ha destato molti sospetti, soprattutto da parte di Amnesty International, da sempre in prima linea per la tutela dei diritti dell’umanità, che accusa l’Arabia Saudita di cercare di mettere in atto un’opera di “sport washing”.
Il Newcastle è da 13 anni proprietà di Mike Ashley. Da quando ha comprato la società nel 2007, non è mai nata una sintonia tra lui e l’ambiente, che ha sempre contestato il suo modo di gestire il club. Da diversi anni si parla dell’intenzione di Ashley di vendere la società, ma, complici i risultati altalenanti, non era mai stata presentata una seria offerta. Fin quando non è arrivato a bussare alla sua porta il principe saudita, che ha messo sul piatto circa 150 milioni di euro per comprare la squadra. Secondo quanto filtra dai media inglese, gli accordi sono stati trovati e il passaggio di proprietà potrebbe diventare ufficiale nelle prossime settimane.
Insieme a investitori come Amanda Staveley, business woman con forti interessi nel Medio Oriente, e al gruppo dei fratelli Reuben, secondi per ricchezza nel Regno Unito, questo cambio di proprietà può rappresentare una svolta nella storia del Newcastle. Con un patrimonio di 260 miliardi, i Magpies sarebbero per distacco la squadra più ricca della Premier League; basti considerare che lo sceicco del Manchester City si “ferma” a 23 miliardi. Oltre agli investimenti nella squadra, il fondo saudita è pronto a rinnovare il centro sportivo e a immettere molti soldi per rilanciare l’economia del Tyneside, la regione in cui sorge la città. La prospettiva di tutti questi finanziamenti, unita alla viscerale antipatia verso Ashley, hanno creato grande entusiasmo nei tifosi del Newcastle. C’è chi però invita ad essere molto cauti.
“Dietro questa operazione c’è la volontà dell’Arabia Saudita di fare sport washing, ovvero ripulire la propria immagine a livello internazionale attraverso gli investimenti nello sport”. Questo è quello che sostiene Amnesty International, come spiega uno dei suoi esponenti italiani. L’accusa, che in Inghilterra viene portata avanti da Felix Jakens, dirigente inglese della ONG, è che il principe ben Salman voglia provare a migliorare la fama internazionale del suo paese, cercando di fatto di nascondere sotto il tappeto le continue violazioni dei diritti umani perpetuate in Arabia Saudita con il suo benestare. Sarebbe l’apice di una serie di attività che vanno dall’ospitare partite di altri campionati – come la nostra Supercoppa, giocata a Jedda – all’organizzazione di eventi sportivi, come successo di recente con la boxe.
Inoltre, sostiene Jakens, si permetterebbe di mettere le mani non solo sulla squadra di calcio, ma su tutta la zona, concedendo di fatto che una regione dell’Inghilterra sia dipendente dall’Arabia Saudita. La Premier League ha un severo sistema di sorveglianza per quanto riguarda nuovi investitori nel loro campionato, ma dal punto di vista finanziario, quello più importante, il gruppo è ovviamente solidissimo, quindi risulta difficile impedire l’operazione. Proprio per questo Amnesty sta provando a far leva su quegli aspetti che questo passaggio di proprietà potrebbe generare. Anche il Manchester City, controllato dallo sceicco Mansour, ha dietro una potenza economica – è parte della famiglia reale degli Emirati Arabi – ma è pur sempre un investitore privato; in questo invece caso sarebbe uno Stato a tutti gli effetti a diventare proprietario di un club. “L’Arabia Saudita in questi anni si è macchiata più volte di reati contro i diritti dell’uomo, basti pensare alla vicenda del giornalista saudita Jamal Ahmad Kashoggi, e ora sta provando a fare in moto che l’opinione pubblica internazionale cambi idea su di loro”, sostengono i portavoce di Amnesty. La Premier League però continua a non guardare – o voler guardare – la vicenda da questo punto di vista. Tra poche settimane la storia del Newcastle, e forse di tutto il calcio contemporaneo, può subire un brusco cambiamento.