Sulla Fase 2 il governo sta seguendo un piano che “persegue l’interesse generale anche con misure impopolari“. Quello per combattere il contagio del coronavirus, infatti, “non è un programma elettorale destinato a raccogliere il consenso“. Una contrapposizione, quella tra tutela della salute e consenso, che il premier Giuseppe Conte ripete più volte nella sua informativa in Parlamento, in mattinata alla Camera e nel primo pomeriggio al Senato. Un intervento atteso perché ha spiegato al Parlamento in che modo si svilupperà la fase “transitoria“, come la definisce l’allegato del Dpcm, dove sono indicati limiti dell’allentamento del lockdown. “Lo dico in maniera chiara, a costo di apparire impopolare. Il governo non può assicurare in modo immediato il ritorno alla normalità“, sono le parole pronunciate dal premier, che ha fissato nel 4 maggio “il primo passo fondamentale e necessario affinché tutto il Paese possa incamminarsi sulla strada di una conquista di una vita serena: questa fase sarà di convivenza con il virus e non di liberazione dal virus. Siamo ancora dentro la pandemia, non ne siamo usciti“. Una linea netta quella del premier, che però ha spiegato come “allenteremo ulteriormente le misure assicurando l’apertura in sicurezza del commercio al dettaglio, della ristorazione, dei servizi alla persona se nei prossimi giorni la curva dei contagi non dovesse crescere“. Nella sua informativa, lungo più di un’ora, il capo dell’esecutivo cita Aristotele ( “La filosofia antica distingueva la doxa, intesa come l’opinione, la credenza alimentata dalla conoscenza sensibile, dall’epistème, la conoscenza che invece ha saldi basi scientifiche”) e Guido Calabresi (“scelte tragiche che diventano obbligate”) e poi sostiene – menzionando alcune “aziende specializzate” – che il “valore reputazionale del nostro Paese all’estero sia cresciuto notevolmente. L’immagine dell’Italia è cresciuta, percepita come migliore all’estero ma questo non è tanto merito del governo, è merito dei cittadini italiani. Li dobbiamo ringraziare per i sacrifici fatti: è tutto merito loro”.
L’ostruzionismo della mascherine – È tra la rivolta delle Regioni guidate dal centrodestra e la Lega che occupa i banchi del Senato per far “sentire la voce dei cittadini”, che il presidente del Consiglio si è presentato in Parlamento. “Non ci sarà un piano rimesso a iniziative improvvide di singoli enti locali ma basato su rilevazioni scientifiche. Iniziative che comportino misure meno restrittive non sono possibili, perché in contrasto con le norme nazionali, quindi sono da considerarsi a tutti gli effetti illegittime“, dice il capo del governo riferendosi ai governatori ribelli. Alla fase 2 mancano tre giorni, ma una parte della Camera protesta perché il premier non indossa la mascherina. La seduta è stata sospesa per qualche minuto dal presidente, Roberto Fico, che ha ricordato la decisione dei capigruppo: se ai banchi del governo è rispettata la distanza di sicurezza si può non mettere la mascherina a differenza di quanto deciso per i banchi dei deputati.
“Abbiamo seguito un principio di conoscenza scientifica” – Dopo questo tentativo di “ostruzionismo della mascherina”, Conte ha potuto iniziare il suo discorso. Il premier ha risposto essenzialmente a tre tipi di accuse arrivate dall’opposizione. Nell’ordine: non aver coinvolto il centrodestra sulle decisioni prese dall’esecutivo sulle riaperture, aver abusato dello strumento del decreto del presidente del consiglio, aver agito con troppa prudenza sul fronte delle Fase 2 che scatterà dal 4 maggio. Sulla base di questi tre punti si è sviluppato il discorso del premier. A cominciare dall’ultimo: la cautela sulle riaperture. “Abbiamo seguito un principio di conoscenza scientifica. È imperativo categorico per un governo che deve proteggere la vita dei cittadini porre a fondamento delle proprie decisioni non già la libere opinioni che si susseguono ma le raccomandazioni di qualificati esponenti del mondo scientifico”, ha detto il presidente del consiglio. E poi: “Questo è un modo per far ripartire al meglio la nostra economia senza battute di arresto in futuro. Un approccio non graduale e incauto porterebbe ad una recrudescenza del contagio“. E ancora: “Non possiamo permettere che gli sforzi compiuti risultino vani per imprudenze compiute in questa fase così delicata. Qualsiasi atteggiamento ondivago, come passare dalla politica del chiudiamo tutto al riapriamo tutto, rischierebbe di compromettere in maniera irreversibile questi sforzi. Se il tasso R0 tornasse vicino a 1 si saturerebbero le terapie intensive entro fine anno“. Un’evidente citazione de rapporto dell’Istituto superiode della Sanità: “Un rapporto del comitato tecnico-scientifico, che non è segreto, stima che la riapertura totale al 4 maggio porterebbe a un rischio elevatissimo di ripresa del contagio”.
“Questa fase sarà di convivenza col virus” – Il discorso del presidente del consiglio è partito dal principio, ricordando la portata dell’epidemia: “Stiamo affrontando un’emergenza che non ha precedenza nella storia Repubblica, siamo costretti a riconsiderare modelli di vita, a rimeditare i nostri valori, a ripensare il nostro modello di sviluppo. Sono giorni in cui è vivace il dibattito, anche critico, sulle decisioni assunte. La vivacità rileva la forza e la vitalità del nostro sistema democratico. Il governo ha sempre compreso la gravità del momento e proprio per questo non ha mai inteso procedere per via estemporanea, improvvisata: c’è stato accurato bilanciamento di tutti gli interessi e i valori coinvolti, buona parte dei quali di rango costituzionale”, è stato l’incipit scelto dal premier, che ha riconosciuto come “secondo le statistiche i casi sarebbero molto di più” dei “105mila contagi accertati senza considerare gli asintomatici”.
“Se calano i contagi allentiamo ulteriormente misure”- Quindi il capo dell’esecutivo ha spiegato la road map dei prossimi giorni: “Al termine delle due settimane (previste dal Dpcm del 4 maggio, ndr) avremo un quadro più chiaro e potremo procedere ad un ulteriore allentamento delle misure contenitive. Se nei prossimi giorni la curva dei contagi non dovesse crescere allenteremo ulteriormente le misure assicurando l’apertura in sicurezza del commercio al dettaglio, della ristorazione, dei servizi alla persona”. L’inqulino di Palazzo Chigi ha detto anche che “occorrerà valutare la possibile riapertura, in modalità sperimentale, di nidi e scuole dell’infanzia, oltre ai centri estivi e ad altre attività ludiche ed educative destinate a nostri bambini”. Ma un specifica attenzione dovrà essere riservata al tema della disabilità. “Anche dal punto di vista economico – ha detto Conte – Abbiamo previsto e lavorato con le associazioni, una riapertura dei centri diurni così detti semi-residenziali. Ovviamente il tutto con dei protocolli che saranno siglati a livello di patti territoriali in modo da garantire alle persone con disabilità, ai loro familiari e a tutti gli operatori che lavorano con loro, la massima sicurezza”. Nel frattempo “nel mese di maggio si procederà ad effettuare 150mila test sierologici, un campione verrà selezionato dall’Istat. Dovremo essere pronti a misure tempestive, anche restrittive in caso di nuova crescita dei contagi. Misure che potranno essere mirate su specifici territori”. Il presidente ha anche annunciato che “nelle prossime ore il ministro della Salute emanerà un provvedimento per definire criteri e specifiche soglie di allarme per una valutazione accurata della tendenza al contagio in ciascuna area del Paese”.
“Per reddito 25 miliardi, 15 per le famiglie” – Durante il suo discorso Conte ha anche fatto annunci di carattere economico: “Il governo ha deciso di includere all’interno del prossimo decreto l’eliminazione degli aumenti dell’Iva e delle accise previste per il 2021 dalla legislazione vigente. Un aumento striderebbe con la fase di difficoltà che il paese sta attraversando. La politica fiscale dovrà essere espansiva, sia pure nei limiti di una gestione oculata della finanza pubblica”. Sul fronte degli aiuti “il primo decreto legge sulle misure economiche riprenderà tutti i provvedimenti del Cura Italia, li prolungherà e rafforzerà. Ci saranno 25 miliardi per le misure di sostegno al lavoro e sostegno al reddito come cassa integrazione, indennizzi per colf e badanti”. E poi “il computo delle misure per le imprese nel prossimo decreto sarà di 15 miliardi. Per la riscossione dei crediti che le aziende vantano nei confronti della Pa saranno sbloccati 12 miliardi di euro con anticipazioni di liquidità della Cdp” mentre l’esecutivo sta “studiando il potenziamento del credito di imposta per i canoni di locazione delle attività produttive e commerciali, per estenderlo anche alle categorie di pubblici servizi ad oggi scoperti dalla agevolazione”. A sentire il premier “il governo intende dedicare alle famiglie lo spazio che meritano nei prossimi provvedimenti. Sarà cruciale preparare e sostenere progetti territoriali, tutelando anche il diritto al gioco, all’attività motoria, senza compromettere le norme di distanziamento sociale”. E qui il capo dell’esecutivo ha annunciato la preparazione di un dl, che si potrebbere ribattezzare Rinascita: “Per offrire al Paese una prospettiva più ampia, strutturale e ambiziosa, il governo intende presentare nei prossimi giorni un secondo decreto legge per la rinascita economica e produttiva dell’Italia. C’è l’urgenza di riattivare investimenti pubblici e privati con un’agenda pubblica che deve predisporre un ambiente normativo il più favorevole possibilità a partire da infrastrutture, innovazione verde e digitale”. A livello di conto economico dello Stato il capo dell’esecutivo ha spiegato che “il Def aggiorna il quadro alla luce dell’emergenza: il Pil dallo 0,6 subisce una contrazione significativa dell’8%, una previsione che sconta la caduta del Pil del 15% nel primo trimestre” e si prevede un rimbalzo con “una crescita del 4,7 nel 2021“. Nel Def sono previsti anche scenari peggiori “con il rischio di una persistenza del virus” e questo porterebbe a una contrazione del Pil fino a -10,4%. Numeri che “danno la misura della gravità dello scenario“. Conte ha anche spiegato che il Consiglio dei ministri “ha adottato un decreto-legge che tra le altre cose contiene anche una copertura normativa di rango primario alle procedure di tracciamento dei contatti con funzioni di monitoraggio del virus”. Si tratta di un dl, ha continuato, “su cui il Parlamento potrà intervenire in sede di conversione in legge del decreto, ha lo scopo di chiarire e rafforzare la disciplina del particolare trattamento dei dati, in coerenza con quanto ha precisato il Comitato europeo per la protezione dei dati personali e recependo le raccomandazioni emanate dalla Commissione europea il 16 aprile 2020″.
“Dpcm comprimono libertà? Critica ingiusta” – Da docente di diritto il premier ha dedicato una replica particolarmente articolata all’accusa di aver abusato dello strumento del decreto del presidente del consiglio: “Sono ben consapevole della responsabilità che mi sono assunto ogni volta che ho posto la firma su un atto dagli effetti così incisivi. Ma ho sempre avvertito la piena consapevolezza di agire in scienza e coscienza per la tutela di un bene primario assoluto rispetto al quale altri diritti non possono recedere. Avverto, anche da giurista, come profondamente ingiusta l’accusa di aver compresso le libertà fondamentali“. Dal centrodestra, infatti, hanno rinfacciato al capo dell’esecutivo di aver forzato la Carta amministrando l’emergenza a colpi di dpcm. “Non mi sfugge – ha detto Conte – la portata dei rilievi della riserva di legge e del principio di legalità che la Costituzione pone a baluardo della persona. Ma quei principi non sono stati né trascurati né affievoliti. Il 31 gennaio è stato deliberato lo Stato di emergenza di rilievo nazionale da cui discendono precise conseguenze giuridiche come prevede il codice civile. A questo si sono aggiunti due decreti legge che offrono copertura legislativa”. Sulla proposta che il Parlamento potesse intervenire in via preventiva sui dpcm, Conte ha detto di essere “consapevole delle prerogative del Parlamento, ricordo che le misure di queste settimane sono state ispirate a proporzionalità e massima precauzione ma anche a tempestività, condizione imprescindibile perché misure così incisive fossero realmente efficaci. Non vale solo per i primi decreti adottati ma anche per l’ultimo”. In ogni caso, ha aggiunto Conte, “il Parlamento, non sono certo io a doverlo ricordare, dispone di tutti gli strumenti per indirizzare e controllare l’azione del governo. Il governo sarà sempre molto attento ai contributi che le Camere vorranno portare. Lo sarà ancora di più nella seconda fase dal 4 maggio, con il progressivo allentamento delle misure e il ritorno alla vita”.
Orlando (Pd): “Usare meno il Dpcm”. Meloni: “Conte vuole pieni poteri” – Proprio sull’uso dei dpcm è intervenuto, dopo il discorso del premier, Andrea Orlando, vicesegretario del Pd: “Con il superamento della fase emergenziale questo male sia usato il meno possibile. Non c’è nel mondo nessuno che ha trovato la ricetta per fronteggiare la situazione. Noi non sappiamo ancora chi stiamo combattendo e ci dovremmo rassegnare ad una flessibilità dei provvedimenti e non c’è nessuno che può dire il contrario. Non è vero che il paese è stato bloccato dal lockdown“. Ettore Rosato ha invece insisto con la richiesta di comunicazione preventiva in Parlamento dei dpcm: “Venga ad illustrarli qui, anche di domenica sera se serve. Ci sono poi i decreti legge, non lo dico per polemica ma la democrazia ha strumenti per evitare che chi è solo al comando pensi di avere sempre ragione. E questo il pericolo che c’è ed io credo che ci siano gli strumenti per evitarlo”, dice il deputato di Italia viva. Per Giorgia Meloni il premier “ci sta chiedendo di approvare una legge che dice che Giuseppe Conte ha i pieni poteri: mi ricordo quando lei disse a Salvini che la sua concezione di pieni poteri la spaventava: ora però lei chiede i pieni poteri ma non ha mai chiesto le elezioni. Quando si comincia così si può andare ovunque: ma ora la misura è colma. Questo è il Parlamento”. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha invece spiegato che i parlamentari del suo partito rimarrano”in Aula sino a che non si daranno risposte concrete agli italiani: basta chiacchiere, basta parole. La prossima volta, venga a dire abbiamo fatto, non faremo, faremo”.
D’Incà contro le Regioni ribelli – Un attacco, quella della Meloni, già ripetuto più volte dall’opposizione nei giorni scorsi. Il Pd e il M5s hanno fatto quadrato attorno al premier, anche in relazione alla ribellione di alcune regioni come la Calabria. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha accusato i presidenti di Regione che hanno anticipato le riaperture: “Le ordinanze regionali che differiscono rispetto alle direttive nazionali creano confusione. Le decisioni di alcuni governatori prese per appartenenza politica o anche solo per protagonismo producono incertezza nei cittadini. Ci vuole senso di responsabilità”. Dopo la cabina di regia di mercoledì pomeriggio, dieci governatori e il presidente della Provincia Autonoma di Trento che spingono per un’apertura rapida hanno inviato una lettera a Sergio Mattarella, ai presidenti di Camera e Senato, allo stesso premier e al ministro degli Affari Regionali chiedendo più autonomia, il ritorno al “pieno rispetto dell’assetto costituzionale” e “del riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni, sempre in applicazione dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione” ritenendo “necessario giungere a una ‘normalizzazione dell’emergenza’“, che “consenta un ritorno agli equilibri democratici previsti dalla Costituzione”.