Diritti

Scuole chiuse, per bambini e famiglie c’è un’emergenza ben più grave ed estesa del virus

di Federica, una mamma molto preoccupata

Voglio ringraziare quanti, in questo periodo, si sono occupati delle scuole e della condizione delle famiglie in uno Stato che ha completamente messo da parte bambini (e donne). Uno Stato che non ha voluto in alcun modo trovare soluzioni per la riapertura delle strutture scolastiche dopo averle chiuse per ben due mesi, lasciando tutto sulle spalle dei genitori (“Si arrangino pure!”), in particolare delle mamme (“Chiudiamo bambini e donne a casa!”) che poi sono le categorie meno a rischio. Mi sembra di tornare a cent’anni fa.

La situazione nelle case è insostenibile, si devono garantire almeno i servizi essenziali (ad esempio gli asili): non vogliamo il superfluo ma il minimo per assicurare lo sviluppo psicofisico dei bambini, la continuità dell’attività lavorativa dei genitori e la serenità familiare.

Si parla di spiagge, di calcio, di cani e non si cercano soluzioni per i bambini. Ma quali sono le priorità di questo Paese?

I bambini, specie i più piccoli, e noi genitori ci sentiamo completamente abbandonati, e la questione non può certo risolversi con un bonus baby sitter che non è assolutamente una soluzione! Anzi quando si riesce a trovare una baby sitter la sua collaborazione costa almeno il triplo dell’asilo, non sta a contatto con il bambino come lo sarebbe una maestra dell’asilo e offre un servizio che non è neanche un terzo di quello proposto dagli asili (in particolare quelli privati, che rischiano di chiudere) in termini di socialità, stimoli, attività didattiche, musicali, linguistiche e sportive, mensa, orari. Insomma è solo un modo per confinare i bambini a casa senza considerare minimamente le loro esigenze di crescita.

E si vorrebbe giustificare la chiusura delle strutture scolastiche con la difficoltà di rispettare le distanze o con la volontà di non far muovere le persone, in particolare il corpo docente “anziano” (ma abbiamo insegnanti di 80 anni?!).

E’ inconcepibile cancellare valori costituzionali e i diritti dell’infanzia senza sforzarsi di trovare qualche soluzione: è molto più facile non affrontare il problema. Per questo ritengo che alcune argomentazioni siano pretestuose e basate su mere supposizioni: le strutture possono rispettare tutte le norme igieniche e il ricambio d’aria necessari. Inoltre in tutto il mondo è stato dimostrato che i bambini non sono gli untori del virus, ma sono i soggetti con minore probabilità di infezione. Tra l’altro dopo due mesi di isolamento saranno pallidissimi e verosimilmente sani (se pensano il contrario, facciano pure i tamponi/test, anche a pagamento).

A mio avviso si dovrebbe ragionare in modo diverso tra le varie Regioni o anche, ove occorra, tra le singole Province: non si può attendere che in tutta Italia ci siano gli stessi numeri ma bisogna attivarsi per far ripartire quanto prima almeno le zone del Paese in minore emergenza.

Ad esempio in Sardegna, dove vivo, il rapporto tra la popolazione (circa 1.640.000) e i soggetti attualmente positivi (772 – dati aggiornati al 28 aprile) è pari allo 0,047% – di cui si apprende dagli organi di stampa che almeno l’85% dei positivi è connesso a strutture ospedaliere e Rsa, per cui il virus sta circolando pochissimo nel resto della popolazione (0,007%) – percentuale minima che ragionevolmente non può giustificare l’ulteriore sacrificio di bambini e famiglie.

Noto invece che gli altri Stati europei (e qualche regione italiana, ad esempio il Veneto) stanno cercando soluzioni per la cosiddetta Fase 2 pianificando la riapertura degli asili e delle scuole. Si parte proprio dai più piccoli che hanno bisogno di assistenza e supporto psicofisico continuo, non fanno alcuna didattica a distanza e che, con certezza, avranno traumi a vita se non si argina subito il problema.

Questa è ormai la vera emergenza sanitaria, certa, ben più grave ed estesa della mera probabilità di contrarre il virus. Gli “esperti” non ci hanno pensato? Premesso che in questa situazione i cosiddetti esperti hanno evidenziato molte incertezze (dicono tutto e il contrario di tutto e, purtroppo, la cronaca ci dice che commettono pure tanti errori), sono convita che solo chi vive i problemi li conosce veramente e può proporre soluzioni sensate. Mi chiedo se nei gruppi dei cosiddetti “esperti” ci sia qualche mamma, che conosce bene le difficoltà dei bambini e della gestione del ménage familiare.

Il coronavirus passerà ma i disagi infantili e delle famiglie rimarranno e non si può stare ancora fermi ad aspettare!

I bambini devono potersi confrontare con i propri simili, non possono stare per mesi rinchiusi in un appartamento sempre e solo con gli adulti, non possono rinunciare al principale momento evolutivo a causa di scelte politiche disinteressate.

La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza stabilisce che gli Stati devono garantire lo sviluppo dei bambini (art. 6, comma 2).

Non voglio assolutamente minimizzare la pandemia, in relazione alla quale stiamo tutti facendo grandi sacrifici psicofisici ed economici; ma vorrei che si desse più attenzione ai dati reali e alle esigenze collettive, che diventano ogni giorno più urgenti. I bambini non sono soprammobili e, ormai, le famiglie (non più gli ospedali) sono al collasso!

Ogni situazione eccezionale deve avere una durata limitata, non può essere infinita e basata solo su ipotesi. Cominciamo a ragionare sulla realtà (0,047% e drammatica regressione dei bambini) e a prendere, quanto prima, decisioni che assicurino una vita sostenibile per i bambini e le famiglie, anche convivendo con il virus.

Potrei suggerire, ad esempio, di pensare ad una quarantena “allargata” casa-asilo-casa, in questo modo si avrebbero piccoli gruppi controllati che garantirebbero ai bambini il naturale sviluppo (in termini di linguaggio, alimentazione, sonno, interazione…), ma non isoliamo ulteriormente i bambini – sulla base di un mero sospetto – dagli amici, dalle maestre, dal gioco, dal confronto… dalla crescita!

Tra l’altro il 18 maggio cominceranno anche gli allenamenti sportivi di squadra (e ne sono felice), realizzando quindi delle piccole comunità, per cui sarebbe comprensibile anche concedere di farlo ai bambini.

Inoltre vorrei segnalare che molti degli asili – che con estrema dedizione e professionalità si occupano dei nostri bambini – sono privati e non possiamo rischiare che chiudano per l’inerzia di chi decide: in questo modo non avremo più servizi domani e, senza servizi, non avremo neanche più bambini, con inevitabile ulteriore crollo delle nascite.

I bambini non sono solo i figli dei genitori ma fanno parte della società che deve garantirgli almeno i servizi essenziali per crescere ed avere una vita sostenibile. Quella di queste settimane non lo è. Le famiglie non hanno bisogno di isolamento e piccoli sussidi, ma di servizi e lavoro.

Mi auguro che presto tutta la politica si accorga che la società non può pensare di ripartire senza iniziare dai bambini, che sono il nostro migliore investimento!