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Spinosauro, il più grande dinosauro predatore di tutti i tempi aveva una “super” coda e viveva nell’acqua: “Ora si dovranno riscrivere tutti i libri sui dinosauri”

La scoperta è stata fatta da un team internazionale di ricercatori sostenuto dalla National Geographic Society e pubblicata su Nature

di F. Q.

Ora si dovranno riscrivere tutti i libri sui dinosauri”. Con queste parole Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, presenta la nuova scoperta fatta assieme a un team internazionale di ricercatori sostenuto dalla National Geographic Society: hanno trovato le prove inequivocabili che lo Spinosaurus aegyptiacus – il più lungo dinosauro predatore conosciuto, più temibile anche del TRex- nuotava nei fiumi del Cretaceo grazie a una coda lunga, alta e piatta, mai vista prima d’ora in nessun altro dinosauro. Riemersa dal deserto del Sahara marocchino, era dotata di potenti muscoli e articolazioni flessibili e si muoveva lateralmente con un moto ondulatorio come la coda dei coccodrilli. Insomma, lo Spinosauro era un animale acquatico e usava la coda come mezzo propulsivo durante il nuoto per cacciare le prede in un vasto sistema fluviale. È la prima volta che si riscontra un adattamento simile in un dinosauro.

La scoperta è pubblicata su Nature da un gruppo internazionale di paleontologi (guidato da Nizar Ibrahim della National Geographic Explorer e dell’Università di Detroit Mercy), a cui partecipano sette ricercatori italiani. “Questa coda rappresenta la prima inequivocabile prova che i dinosauri invasero anche gli habitat acquatici con un modello anatomico completamente nuovo e originale, che cancella la falsa convinzione che tutti i dinosauri privi di penne fossero costretti ad abitare solo gli ecosistemi di terraferma”, spiega ancora Dal Sasso che ha partecipato agli scavi.

Grazie agli scavi condotti tra il 2015 e il 2019 nel deserto del Kem Kem, i paleontologi hanno estratto da un pendio roccioso quasi 40 vertebre e altre ossa della coda di un grande dinosauro: “Sotto il sole cocente del Sahara e quasi 50 gradi di temperatura, è stata una sfida al limite dell’impossibile“, ricorda Gabriele Bindellini, dottorando dell’Università di Milano.

Le ossa erano racchiuse nello stesso strato da cui, a pochi metri di distanza, era già venuto alla luce lo scheletro incompleto di spinosauro pubblicato su Science nel 2014 come il primo dinosauro semiacquatico. L’analisi paleoistologica ha confermato che le ossa appartenevano tutte allo stesso giovane esemplare di spinosauro, lungo più di 10 metri e pesante più di 3,5 tonnellate. La coda, lunga 5 metri, presentava alla base dei grandi fasci muscolari, mentre lunghe spine (sia sopra che sotto le vertebre) la rendevano alta e piatta come un lungo nastro.

Per capirne il funzionamento, esperti di biomeccanica di Harvard ne hanno realizzato un modello mosso da un braccio robotico all’interno del tunnel dell’acqua. I risultati dei test “dimostrano che in acqua la coda dello spinosauro aveva un’efficienza propulsiva assai più elevata delle code lunghe e sottili dei dinosauri carnivori tipicamente terrestri – spiega Dal Sasso -, molto più simile a quella delle code dei vertebrati acquatici viventi”.

“La coda nastriforme – aggiunge il coautore Simone Maganuco – dava anche maggiore stabilità, riducendo la tendenza al rollio. A questo poteva contribuire anche la grande vela dorsale, che forse funzionava come una chiglia inversa”. Secondo i ricercatori, lo spinosauro aveva difficoltà a camminare come bipede sulla terraferma: probabilmente, all’occorrenza, era costretto a usare le zampe anteriori per puntellarsi, con un’andatura più quadrupede. Questi problemi non si presentavano in acqua, dove poteva lanciarsi in lunghi inseguimenti alle sue prede.

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