Paolo Becattini, capo di gabinetto di Eugenio Giani (estraneo alla vicenda), è indagato dalla Procura di Firenze per abuso d'ufficio. L'iscrizione è scaturita dall'inchiesta sui parcheggiatori abusivi che a gennaio aveva portato 12 persone agli arresti
L’ipotesi è che si sia fatto togliere una multa da 28,70 euro per aver parcheggiato senza mostrare il tagliando. Per questo Paolo Becattini, capo di gabinetto del candidato governatore Pd alle regionali toscane Eugenio Giani, è indagato dalla Procura di Firenze. Il reato contestato dal pm Paolo Barlucchi, nell’ambito dell’inchiesta sui parcheggiatori abusivi che a gennaio aveva portato 12 persone agli arresti, è di abuso d’ufficio in concorso con l’ex coordinatore degli ausiliari del traffico (i cosiddetti “vigilini”), Nicola Raimondo, finito in carcere a gennaio e adesso agli arresti domiciliari. Insieme a Raimondo, destinatario di una nuova ordinanza di custodia cautelare, è finito ai domiciliari anche l’ex capo ufficio contravvenzioni della polizia municipale di Firenze, Leonardo Toticchi: secondo i pm si cancellavano le multe a vicenda per favorire “persone di loro interesse”, anche nella politica locale. In tutto sono otto i nuovi indagati accusati, a vario titolo, di abuso d’ufficio e falso.
Nelle carte dell’inchiesta dei pm di Firenze spunta anche il nome dello stesso Giani che però non è indagato ed è totalmente estraneo alla vicenda. Parlando al telefono con la moglie che si era da poco rotta il malleolo, l’indagato Raimondo le racconta di una telefonata appena avuta con il presidente del consiglio regionale e candidato del Pd che gli avrebbe fornito il numero di telefono di un chirurgo dell’ospedale di Careggi disponibile ad operarla. “Nicola Raimondo – scrivono i pm nell’ordinanza di custodia cautelare – ha quindi indicato alla moglie di dire al medico che era moglie ‘dell’amico di Giani’ e di aggiungere che era la moglie del ‘capo dei vigilini’”. Commentando la telefonata con Giani, Raimondo al telefono con la moglie aggiunge: “Capito? Gli fa comodo a questo qui perché parcheggia a cazzo”. Secondo i pm, con questa frase il coordinatore degli ausiliari del traffico manifesta “la sua idea di poter ricevere un trattamento di favore in vista di un suo intervento nel caso in cui fosse stato multato per sosta vietata”.
Il candidato governatore del Pd Giani però nega tutto: “Telefonate a chirurghi per conto di Raimondo non ricordo proprio di averne fatte – ha detto a Repubblica Firenze – La circostanza mi è assolutamente ignota e men che meno mi sono mai fatto togliere multe da nessuno. Qui siamo di fronte a millanterie”.
Le multe cancellate agli amici – L’inchiesta coordinata dai pm di Firenze Luca Tescaroli e Palo Barlucchi era scoppiata il 14 gennaio scorso quando, in seguito alla denuncia di un autista di pullman tedesco, erano finite agli arresti dodici persone tra parcheggiatori abusivi e ausiliari del traffico della Sas, la partecipata al 100% del comune di Firenze che si occupa delle soste in città. Tra gli arrestati c’erano anche il responsabile controllo sosta di Sas Raimondo e l’ausiliario Vittorio Sergi. Per i dodici indagati i reati contestati erano a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’estorsione, abuso d’ufficio, usura e corruzione. Secondo i pm fiorentini, i parcheggiatori abusivi estorcevano denaro agli automobilisti e rilasciavano false ricevute, mentre i “vigilini” li avvertivano in anticipo dei controlli della municipale, si assentavano per lavoro timbrando il cartellino fino ad arrivare a stralciare multe per fare favori agli amici.
Ed è proprio la cancellazione delle multe che è diventata oggetto della seconda puntata dell’inchiesta, tra queste anche quella nei confronti di Becattini. Durante le perquisizioni di gennaio, dal cassetto della scrivania di Raimondo era spuntata una multa con scritto “Beca” e “archiviazione”, mai depositata all’Ufficio verbali della Polizia Municipale, da cui gli investigatori ne deducono l’annullamento. La multa alla Yaris di Becattini sorpreso senza tagliando era stata fatta il 3 ottobre 2018 dalla “vigilina” Beatrice Chiaverini, anche lei arrestata a gennaio.
Le polemiche politiche – Ma, a sei mesi dalle elezioni regionali posticipate per l’emergenza coronavirus, la seconda puntata dell’inchiesta provoca lo scontro politico. “È molto preoccupante che un membro della segreteria del candidato Eugenio Giani possa essere coinvolto – attacca la Lega – delle due l’una, se il capo della banda Nicola Raimondo dice il falso, Giani ed il suo segretario lo devono querelare, viceversa al Presidente Giani non resta altro che dimettersi”. I capigruppo a Palazzo Vecchio del centrodestra, in una nota congiunta, parlano di “un quadro fosco che rischia ancora di estendersi e che mina la fiducia del cittadino nelle Istituzioni. Ci aspettiamo una parola da parte del sindaco Nardella” mentre la candidata del M5S, Irene Galletti, pensa che Giani sia “estraneo” alla vicenda ma poi va all’attacco: “L’inchiesta sulla sosta a Firenze ci sta restituendo l’immagine della Toscana peggiore, la Toscana degli amici degli amici. Quella in cui, se hai le conoscenze giuste, tutto ti viene permesso e perdonato, persino la sosta vietata”. Al momento il Pd regionale non ha commentato la vicenda.