A meno di miracoli dell’ultim’ora, alla fine è andata come doveva andare. Perché cambiare il vertice di un’azienda che vede, tra le altre cose, il proprio amministratore delegato imputato per corruzione internazionale in Nigeria e coinvolto in un conflitto di interessi per affari riconducibili a sua moglie?

Si risponderà: perché l’accusa non è stata ancora provata da un processo ben lontano dall’essere portato a termine e che la legge anti-corruzione targata Movimento 5 stelle è qui solo un principio da non applicare. Ma avevamo capito che il M5s era diverso e che con tali infamanti accuse, non dico destituire il soggetto seduta stante, ma almeno alla prima occasione utile accompagnarlo alla porta (e senz’altro con una liquidazione da far impallidire). E invece no.

Nonostante qualche mal di pancia interno, Claudio Descalzi rimane alla guida di Eni, il colosso energetico fossile italiano. Decisione presa dal nostro governo che ha il controllo, diretto e indiretto tramite Cassa depositi e prestiti (Cdp), della società con il 30,1% delle azioni. Sarà per le sue doti manageriali, visto che l’esercizio 2019 si è chiuso per Eni con un utile netto di 0,15 miliardi di euro, il 96% in meno rispetto ai 4,14 miliardi dell’anno precedente.

Inoltre, il piano 2020-2023 presentato di recente da Eni è stato ritenuto credibile e, quindi, in linea con le ambizioni che il governo italiano si è posto in materia energetica. In effetti è proprio così, l’Eni continua a svolgere il suo lavoro di colosso energetico fossile e il governo italiano lo sostiene prima presentando un Piano clima (Pniec) in linea con gli obiettivi e le strategie di Eni e poi mantenendo al suo posto il manager artefice di tutto ciò.

Sembra banale dire che sarebbe dovuto accadere il contrario: è il governo che deve dettare la linea e indicare la strategia energetica del paese, magari sostenibile, prendendo a pretesto il fatto che abbiamo sottoscritto impegni in tal senso a livello sia comunitario che mondiale. Ma in effetti, richiamando alla memoria il Pniec approvato pochi mesi fa, il cerchio si chiude e i conti tornano.

L’Italia, a parte le chiacchiere e le dichiarazioni, continuerà ad utilizzare le fonti fossili come principale fonte di energia per il proprio sviluppo economico ed industriale. Gli impegni presi in sede Onu o in sede europea vanno bene per la conferenza stampa di turno; il giorno dopo già si pensa ad altro.

Si dirà, al governo non c’è solo il M5s ma anche il Pd e quindi la soluzione va negoziata con l’alleato. Balle! O meglio, certamente va negoziata con l’alleato di governo ma partendo dal presupposto che il M5s era risultato il più votato anche perché si era distinto soprattutto per la politica energetica che intendeva portare avanti. Nessun partito politico ha mai inserito nel proprio programma gli obiettivi che invece si era posto il M5s in tema di energia. E proprio sull’energia adesso c’è un gigantesco passo indietro.

Siamo proprio sicuri che non si sarebbe potuto fare altrimenti? Siamo proprio sicuri che proporre il rinnovo di Descalzi era più importante che disconoscere i propri principi, trincerandosi poi dietro l’alibi dell’altro alleato di governo? Siamo proprio sicuri che non si sarebbe potuto proporre un altro nome, almeno per salvare la faccia davanti all’elettorato?

Credo che chi governa il M5s abbia paura, quella paura che quando sei all’opposizione ti allarga il cuore e ti dà la forza di urlare mentre quando sei al governo, se non credi veramente nell’idea che stai portando avanti, ti fa tremare le ginocchia, sempre che non si abbia la coscienza sporca.

Per il nuovo vertice di Eni, che sarà formalizzato nell’assemblea degli azionisti il prossimo 13 maggio, si farà quindi riferimento alla lista depositata dal Ministero dello sviluppo economico che vede, nei due posti chiave dell’azienda, oltre a Descalzi quale rinnovato amministratore delegato, anche il nome di Lucia Calvosa, per il ruolo di presidente, assurdamente criticata da alcuni giornali in quanto facente parte anche del Consiglio di amministrazione del Fatto quotidiano.

Sappiamo che “ognun dal proprio cuore l’altrui misura” e vedremo se la linea seguita dal Fatto quotidiano sulla faccenda Eni cambierà in futuro: chi scrive è convinto di no, e anzi prevede una maggiore attenzione e controllo, per quel che la nuova presidente di Eni potrà fare rispetto ai poteri dell’amministratore delegato.

Nell’emergenza Coronavirus, ove tante cose stanno cambiando – e il calo dei consumi energetici potrebbe essere considerato come precursore di un nuovo modello di sviluppo con meno sprechi, più efficienza e fonti rinnovabili – solo una rimane immutabile: l’asservimento della politica italiana alle lobby dell’energia fossile.

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