Non è la prima volta che le intemerate del fondatore Elon Musk fanno crollare il titolo di Tesla, ma il tweet postato l’1 maggio è probabilmente il più “costoso” di sempre. “I prezzi delle azioni Tesla sono troppo alti secondo me”, ha scritto il miliardario sudafricano naturalizzato statunitense. Risultato: a Wall Street il valore è crollato del 10%, pari a 14 miliardi di capitalizzazione. Il titolo – che a inizio seduta quotava intorno ai 770 dollari – è piombato in pochi minuti a quota 685 per poi chiudere la seduta a 701,32 dollari. Il pacchetto azionario in possesso dello stesso Musk ha perso 3 miliardi.


Le parole di Musk riflettono in effetti la corsa del titolo Tesla che in appena sei mesi è passato da 300 a 900 dollari, per dimezzarsi dopo lo scoppio della crisi coronavirus e poi riprendersi velocemente anche alla luce dell’ultima trimestrale. Il fondatore e imprenditore seriale deve ancora fare i conti con le conseguenze legali di un tweet del 2018 in cui – a Borsa aperta – prospettava il possibile delisting di Tesla, con conseguente alterazione del corso azionario e una denuncia da parte della Sec (la Consob americana) chiusa con un accordo in base al quale Musk non dovrebbe diffondere tweet che spostano il mercato senza prima concordarli con l’ufficio legale della sua compagnia. Così non è stato, evidentemente, con conseguenze pesantissime. Ma Musk – che negli stessi minuti del tweet incriminato, ha anche rilanciato la sua opposizione al lockdown – definito “fascista” – e annunciato l’intenzione di liberarsi di qualsiasi proprietà ‘fisica’ in nome della libertà.

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