Il Rapporto Istat-Iss sul'impatto dell’epidemia covid-19 sulla mortalità totale della popolazione. Dal primo decesso (20 febbraio) fino al 31 marzo 25.354 morti in più rispetto alla media del periodo 2015-19. Sono 13.700 le vittime accertate del virus, quindi altri 11.600 decessi per la quale la causa non è certa. Al Nord mortalità aumentata del 94,9%, mentre in alcune province del centro-sud, fra cui Roma (-9,4%), è perfino diminuita
In Italia nel mese di marzo 2020, nel pieno dell’emergenza coronavirus, la mortalità a livello medio nazionale è aumentata del 49,4% rispetto alla media dello stesso mese tra il 2015 e il 2019. Il dato emerge dal Rapporto Istat-Iss ‘Impatto dell’epidemia covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente. Primo trimestre 2020’, il primo che stima l’aumento dei decessi a livello nazionale. Nel rapporto si parla di un Paese diviso in tre: le province più colpite dall’epidemia hanno pagato “un prezzo altissimo in vite umane”, con in testa Bergamo dove i decessi sono più che quintuplicati. Al Sud invece la mortalità è aumentata in media del 2%. Nella provincia di Roma è perfino calata del 9,4 per cento rispetto all’ultimo quinquennio.
Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 riportato al Sistema di Sorveglianza integrata (20 febbraio) fino al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946, nel 2020. Ci sono stati quindi 25.354 morti in più, di questi il 54% è costituito da vittime accertate del Covid-19 (13.710). Esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per la quale, si legge nel Rapporto, “possiamo, con i dati oggi a disposizione, soltanto ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”.
“Va tenuto presente che, a causa della forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese, i dati riferiti a livello medio nazionale appiattiscono la dimensione dell’impatto di Covid-19 sulla mortalità totale”, sottolinea il rapporto, che suddivide l’Italia in tre diverse aree a seconda della diffusione del virus. Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020, in piena pandemia di Covid-19, “si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino.
Nell’insieme di queste province, i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo”, rileva l’Istituto nazionale di statistica e l’Istituto superiore di sanità. In queste aree, “se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351, con un +23.133. Poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di sorveglianza integrata Covid-19 (12.156)”. All’interno di questo raggruppamento le province più colpite registrano incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, “a tre cifre“: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).
Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause nel periodo 20 febbraio-31 marzo è molto più contenuto, da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019). Il 47% è attribuibile ai morti risultati positivi al Covid-19 (1.151). In questo raggruppamento l’aumento della mortalità più marcato si registra a Genova (+51,9%), mentre a Firenze viene rilevato sempre a marzo un +6%. Infine, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 “sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente”. In provincia di Matera la mortalità è diminuita dell’11,3%, mentre a Barletta-Andria-Trani è aumentata del 24,9%. Nella città metropolitana di Roma i morti sono calati del 9,4 per cento.
La suddivisione regionale – A livello di macro-aree, l’aumento di mortalità più marcato si registra al Nord (+94,9%), dove si collocano anche le province più colpite dall’epidemia. Nel Centro Italia l’incremento è più basso, del 9,1%, mentre al Sud scende ancora a +2 per cento. A livello regionale, in Lombardia si riscontra un aumento del 185% nel mese di marzo, seguono l’Emilia-Romagna, con un aumento del 70%, il Trentino Alto-Adige (65%), e poi le Marche , la Liguria e il Piemonte, con incrementi dell’ordine del 50% di morti in più a marzo.
L’aumento di mortalità per età e genere – La letalità per Covid-19 è più elevata in soggetti di sesso maschile in tutte le fasce di età, ad eccezione della fascia 0-19 anni. Nel 34,7% dei casi segnalati viene riportata almeno una co-morbidità (una tra: patologie cardiovascolari, respiratorie, diabete, deficit immunitari, patologie metaboliche, oncologiche, obesità, patologie renali). L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo. Segue la classe di età 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento). L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età. Raggiunge il 20% in più della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo, tanto per la classe di età 70-79 che per la 90 e più.