Vladimir Putin, isolato da oltre un mese nella sua residenza alle porte di Mosca e privo del suo primo ministro Mikhail Mishustin, ricoverato dopo un tampone positivo al coronavirus, parteciperà il 6 maggio ad una videoconferenza dove verrà discusso l’allentamento, a partire dal 12 maggio, dai regimi restrittivi attivi nelle regioni russe. Ma nel frattempo la Russia sta scalando la lista dei Paesi con più casi di Covid-19 e negli ultimi giorni, secondo i dati raccolti dalla Johns Hopkins University, ha raggiunto il settimo posto per numero di contagi, dietro a Francia e Germania. È da tre giorni che nella Federazione si registrano numeri record di nuovi casi giornalieri, più di 10mila ogni 24 ore, e al 5 maggio il totale dei casi di coronavirus in Russia ha superato quota 150mila, più della metà dei quali solo a Mosca. Ma a far discutere, in questi giorni, sono le proteste di medici e operatori sanitari in tutta la Russia che denunciano lo scarso livello di protezione sul posto di lavoro e l’atteggiamento di dirigenti sanitari impegnati a nascondere le mancanze e le difficoltà all’interno degli ospedali.

Tra le 1.451 persone decedute a causa del virus (il tasso di mortalità da Covid in Russia è tra i più bassi al mondo, meno dell’1%, stando ai dati diffusi il 22 aprile dal ministro della Sanità russa, Mikhail Murashko) almeno 101 sono operatori sanitari, secondo “La lista della memoria” redatta online dalla comunità medica. L’ultima vittima che figura in questo martirologio è l’infermiera 54enne di San Pietroburgo, Yulia Yasjulevich. Lavorava presso il centro nazionale di traumatologia Vreden chiuso da un mese per quarantena con tutto il personale al suo interno, dopo che circa 300 persone tra pazienti e medici sono stati contagiati dal Covid-19. La figlia dell’infermiera scomparsa, Ksenja Yasjulevich, ha detto in un’intervista al canale tv Dozhd che sua madre, anche lei rimasta dentro all’ospedale sigillato, si era contagiata lì ed era stata ricoverata in un ospedale Covid solo dopo il peggioramento delle sue condizioni. La giovane sostiene che i medici cercano di occultare il motivo del decesso di sua madre per non pagare alla famiglia l’indennità stabilità dalle autorità di San Pietroburgo.

Nella città diversi ospedali sono diventati focolai di Covid-19 e in una di queste strutture, l’ospedale Pokrovskaja, i medici hanno denunciato i dirigenti ospedalieri in un videomessaggio pubblicato in rete, sostenendo che non hanno fornito al personale adeguati dispositivi di sicurezza. Al 30 aprile nella città sul Neva c’erano ufficialmente 250 medici malati di Covid, ma secondo la disposizione del Comitato per la Sanità locale le indennità ai contagiati spetteranno solo dopo la decisione di un’apposita commissione che stabilirà o meno un’eventuale colpa dell’operatore stesso nel suo contagio.

Gli appelli dei medici per denunciare le gravi violazioni degli standard di sicurezza nella sanità arrivano dalle zone più diverse della Russia. Una trentina di quelli che lavorano nell’ospedale clinico repubblicano Kuvatov di Ufa, centro della Repubblica della Baschiria, hanno registrato un videomessaggio diretto a Putin e alle più alte autorità a cui chiedono di indagare sul contagio di massa avvenuto nella loro struttura sigillata per quarantena dal 6 aprile (il primo test ha mostrato 170 casi positivi tra medici e pazienti, mentre il secondo controllo ha confermato 52 contagi). I medici dicono di essere stati confinati nell’ospedale in condizioni di vita estreme, costretti a dormire sulle sedie e senza mezzi di protezione idonei.

In rete girano non solo le denunce dei medici, ma anche dei pazienti. Così una donna ricoverata nell’ospedale di malattie infettive numero 6 della città di Tver mostra in un videomessaggio le lenzuola bucate e dice, rivolgendosi alle autorità: “Avete mandato 15 aerei di aiuti in Italia”.

Alla drammatica situazione di alcuni ospedali russi si aggiungono le storie di tre medici precipitati dalle finestre delle loro cliniche nelle ultime due settimane. Due donne dirigenti medici sono morte a causa di quelli che le autorità classificano come “incidenti”, mentre è in condizioni critiche il 37enne Aleksandr Shulepov, il paramedico delle ambulanze dell’ospedale di Novaja Usman, nella regione di Voronezh, caduto il 2 maggio dalla finestra del suo ospedale, dove era stato ricoverato con Covid il 22 aprile. Lo stesso giorno aveva pubblicato un videomessaggio, poi da lui stesso smentito, in cui insieme a un collega accusava il primario dell’ospedale di averlo costretto a lavorare anche dopo il tampone positivo.

“I medici in Russia, anche prima del coronavirus, hanno avuto paura a parlare dei loro problemi perché si sentono intimiditi dai dirigenti, ma quando il tuo silenzio mette in pericolo la tua stessa vita, giocoforza inizi a chiedere aiuto”, dice a Ilfattoquotidiano.it il cardiologo Alexej Erlikh, presidente della Comunità medica indipendente, mentre si trova a casa in quarantena dopo aver contratto il Covid-19. “I dirigenti medici continuano a non fare i test agli operatori sanitari e a intimidirli”, aggiunge il cardiologo. “Quando non c’è la possibilità di fornire i dispositivi di protezione al personale, i dirigenti hanno paura di perdere il posto e cercano di nascondere i loro problemi dalle autorità”, sostiene Erlikh, capo del reparto di rianimazione e della terapia intensiva per i malati cardiologi presso l’ospedale numero 29 di Mosca, di recente riconvertito per far fronte all’epidemia da Covid. Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia, dice il medico, citando la paura di molti dirigenti dopo la proposta di un dicastero di addossare ai primari la responsabilità per il contagio del personale medico sul posto di lavoro.

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