A settembre nuove scosse fecero crollare quel che era rimasto in piedi. Come il campanile del duomo gotico di Venzone. Giuseppe Zamberletti, nominato commissario straordinario, requisì interi centri storici per ricostruirli identici. Per la prima volta a Gemona commemorazione in forma ristretta per l'emergenza coronavirus
In cinquantanove secondi tutto venne giù. Intorno non c’erano più case ed edifici, ma solo polvere e devastazione. Era la sera del 6 maggio 1976: alle 21 una scossa di terremoto di magnitudo 6.4 della scala Richter fece tremare il Friuli provocando gravi danni e crolli. L’Orcolat, l’orco della Carnia che nel folclore friulano scatena i terremoti, fece 989 morti, concentrati in gran parte tra Gemona, Venzone, Buja e Majano. Ma furono 137 i Comuni colpiti dalla scossa. Tremila i feriti. Circa 80mila gli sfollati. Subito cominciò la solidarietà. A centinaia i giovani friulani partirono per i luoghi colpiti nel tentativo di salvare vite. Si formarono squadre coordinate da sindaci, Vigili del fuoco e alpini della Julia.
A settembre nuove forti scosse fecero crollare quel che era rimasto in piedi. Come il campanile del duomo gotico di Venzone, che sarebbe poi stato ricostruito identico a prima diventando uno dei simboli del modello Friuli. Cioè la ricostruzione basata su due linee guida: “prima le fabbriche, poi le case e le chiese”, come aveva chiesto l’arcivescovo di Udine. E tutto dov’era e com’era, niente “new town”. A costo di espropriare tutte le case del centro storico per poterlo dichiarare opera pubblica e rifarlo pezzo per pezzo, numerando ogni pietra e rimettendola al suo posto. A capo dei lavori Giuseppe Zamberletti, nominato commissario straordinario per il coordinamento dei soccorsi con pieni poteri dall’allora presidente del Consiglio Aldo Moro. Scomparso l’anno scorso, è stato il padre della Protezione civile, di cui nel 1982 fu il primo capo dipartimento.“
Per le disposizioni legate al contenimento del coronavirus, oggi a Gemona del Friuli, città simbolo del sisma, si svolge una commemorazione in forma ristretta, con la deposizione di corone, una messa a porte chiuse e 400 rintocchi di campana per ricordare i 400 morti. “Sarà una commemorazione silenziosa – scrive il sindaco di Gemona, Roberto Revelant, su facebook – mai vissuta prima. Da quella terrificante esperienza lungimiranti amministratori e politici hanno pianificato con successo la ricostruzione e lo sviluppo della nostra regione. L’appello che rivolgo a chi ha un ruolo di responsabilità oggi è di avere altrettanto coraggio nelle scelte” per “ricostruire un Paese forte e strutturato”.