“I tamponi sono fondamentali nella Fase 2 ma bisogna che venga definita una soglia minima a livello regionale. Bisogna evitare comportamenti opportunistici delle Regioni, finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown”. Lo ha detto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in audizione in commissione Igiene e sanità al Senato. “Se noi oggi vediamo pochi casi in Sicilia o in Campania è perché l’epidemia è poco diffusa in quelle regioni? Oppure quanto sappiamo è condizionato dal fatto che la Calabria sta facendo 52 tamponi al giorno per 100mila abitanti, rispetto ai 192 della Valle D’Aosta? Dove ci sono pochi casi si stanno facendo troppi pochi tamponi e il rischio è individuarli solo quando poi la situazione si aggraverà, dunque fare più tamponi ora eviterà il sovraffollamento delle terapie intensive che abbiamo vissuto nei mesi passati”.
Per questo Cartabellotta ha chiesto al ministero della Salute di inserire tra gli indicatori di monitoraggio della Fase 2 la “soglia minima” di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100mila abitanti. Un’altra criticità riscontrata dall’osservatorio fondazione indipendente Gimbe è che “i dati, dal 21 febbraio a oggi, trasmessi dalle Regioni alla Protezione civile spesso sono frammentati e incompleti”. In particolare la Lombardia “per un fenomeno molto strano fino a poco tempo fa non comunicava i soggetti guariti, ma solo quelli dimessi dagli ospedali, poi per una ragione oscura tutti questi pazienti, nel report della Protezione Civile finivano nel totale dei guariti, dunque il 60% dei guariti che ci raccontava il Tg1 in realtà non erano guariti, ma erano soggetti trasferiti in isolamento domiciliare”. Ora il Ministero ha previsto 21 indicatori per il monitoraggio per la ‘Fase 2’, tutti questi dati esistono nei sistemi informativi regionali? La nostra sensazione è che per la maggior parte non ci siano”. Cartabellotta spiega che “la grande criticità è che non è mai esistito un data set della trasmissione dei dati dalle Asp alle Regioni e da queste alla Protezione civile e al governo centrale e questo è un problema enorme, perché noi stiamo vedendo un quadro che è sovrastimato rispetto ai guariti, ma è sottostimato rispetto ai decessi – e conclude – stiamo prendendo decisioni sulla base di dati che non sono affidabili”