Vorrei farvi una domanda. Anzi, vorrei che ci facessimo tutti una domanda. Neanche io ho la risposta, del resto i giornalisti non devono sempre dare risposte. Devono soprattutto porre interrogativi. Eccola allora: e se quest’anno rinunciassimo alle ferie?
Ce lo ripetiamo da giorni: l’Italia – e non solo l’Italia – ha perso due mesi di lavoro e produzione. Deve recuperare perché il virus, perfino in Europa, pare aver stimolato la concorrenza, il desiderio di conquistare posizioni a danno anche dei paesi più in difficoltà. Tra questi, prima di tutti ahimè, c’è proprio l’Italia. Rischiamo che altre nazioni, anche ‘amiche’, ci tolgano fette di mercato. Lavoro.
Ognuno parte per conto suo. Cerca di guadagnare settimane, giorni, ore. Non c’è un minimo di strategia comune. Abbiamo due mesi e poi arriveranno, appunto, le ferie. Ma forse varrebbe la pena chiedersi se quest’anno, dopo aver rinunciato a tutto (perfino al sacro Campionato di Calcio!), non fosse il caso di restare a lavorare. E’ un discorso complesso, lo so perfettamente. C’è da chiedersi quale beneficio porterebbe alla nostra economia, perché forse rimetterebbe in carreggiata le industrie, ma creerebbe ulteriore affanno al turismo che da solo in Italia vale il 15% del Pil.
Ci sarebbe da parlare anche degli effetti su sanità, giustizia, scuola. E bisognerebbe prima di tutto valutare gli effetti sulla diffusione del virus. Per contenere l’epidemia e scongiurare ricadute sarebbe meglio se restassimo a lavorare o se andassimo in ferie (chi potrà permettersele)? E poi bisognerebbe dire di noi, se questi mesi di lutti, dolore, fatica e tanta solitudine avrebbero bisogno di essere ‘lavati’ andando in ferie (ma che ferie sarebbero, saranno?) oppure se più di tutto abbiamo bisogno di vederci, ritrovarci, ripopolare i nostri luoghi. Ritrovare ritmi e consuetudini.
C’è da chiedersi, anche, se un grande sforzo corale non sia proprio ciò di cui abbiamo bisogno per tentare di rialzare la testa. Chissà se per ritrovare le forze abbiamo bisogno di un momento di pausa oppure di un impegno comune. Perfino di un ulteriore sacrificio. Non ho una risposta, ma forse dobbiamo chiedercelo: quest’anno rinunciamo alle ferie?