Le famiglie con disabilità sono state cancellate dallo Stato italiano. Questo è accaduto con la pandemia. Noi famiglie con disabilità gravissime ci siamo ritrovate senza alcun preavviso a non avere più alcun servizio. Neanche quei già carenti e scarsi servizi abituali. Vergognoso è dire poco. La tragedia è per tutti. Questo appare abbastanza tristemente scontato.

Ma vediamo cosa è accaduto in una famiglia media con un figlio con disabilità in età scolare e due genitori presenti. La scuola chiusa non consente certamente le lezioni online non assistite a studenti che hanno un insegnante di sostegno in rapporto 1:1 e operatori educativi su tutto l’orario. La mamma caregiver non è come le altre che possono seguire i figli e barcamenarsi tra faccende e smart working. Eh no. Il genitore caregiver fa lezione accanto a suo figlio soffrendo di tutta quella frustrazione che ne scaturisce dalla presa di coscienza della ennesima discriminazione.

Poi le lezioni terminano e tutti si rilassano e poi pranzano. Ma non il genitore caregiver che deve accudire, cambiare, imboccare, somministrare farmaci, gestire crisi di varia natura e pranzare sorridendo come tutti. Poi il giovane figlio con disabilità non ha social se non assistito dal medesimo genitore, non ha amici che lo cercano e non è presente sui vari gruppi Whatsapp. Al massimo, se è molto fortunato, ha entrambi i genitori ancora non divorziati, e se proprio vince la lotteria conta su dei fratelli.

Ma attenzione! Perché se il genitore caregiver osa chiedere troppo a quel fratello o sorella, lo stesso nel giro di poche ore sarà quasi certamente bullizzato su web, deriso, schernito e preso in giro da quei figli sani i cui genitori blaterano di essere ottimi educatori. Attenzione che poi ci si riposa, ma il figlio disabile è paralizzato. Bisogna farlo girare, bere, cambiare posizione e così ci si riposa con un occhio solo aggrappati a lui e ai suoi cuscini. Genitori caregiver esausti che dormono ovunque anche pochi minuti.

Poi arriva la cena e si ripete la scena del pranzo e tutti felici e baldanzosi arriviamo alla ennesima notte di veglia. I dolori muscolari aumentano perché le terapie sono sospese, il nervosismo è alle stelle perché gli operatori domiciliari non ci sono, i genitori discutono sfiniti psicologicamente e fisicamente sotto la più totale indifferenza.

Ma attenzione che in questo caso abbiamo genitori ancora giovani. Poi ci sono quelli più grandi che non hanno le scuole ma il centro diurno. Avevano. Perché è chiuso dopo magari decenni di frequenza, e si ritrovano soli del tutto e per davvero. Senza aiuto. Soli, abbandonati e disperati.
Poi ci sono i genitori caregiver che sono anche divorziati, disoccupati, malati, indigenti perché si sa che il male non arriva mai da solo. E allora ecco qui che la tragedia i respira tra le mura di queste case.

Io sono schifata, indignata, arrabbiata e molto di più. La farsa dei giorni di 104. Fortunato chi ha un lavoro e può prenderli, questi giorni. Peccato che la maggior parte il lavoro lo ha perso o lavora in nero. E discriminazione nella discriminazione: se un genitore può tornare a lavorare anche se in nero o titolare di piccola attività, attenzione! Il caregiver no. Perché il figlio disabile gravissimo non te lo guarda nessuno.

Ci fai i coriandoli col bonus baby sitter. Gli stessi coriandoli che usi per distruggere i diritti fondamentali di ogni essere umano. Ma si sa: noi smettiamo di essere umani nel momento in cui certificano la diversità dei nostri figli. Che non sono figli per davvero, ma solo costi sociali di uno Stato che se le inventa proprio tutte per sottrarsi. Figli accettati in classe per obbligo di legge e che infatti restano fuori al primo stop. Figli cresciuti tra indennità e pensioni che sono elemosina a danno di genitori – quasi tutte donne private della dignità del lavoro. Perché le donne vogliono essere libere di lavorare. Ma se il figlio è disabile iniziano a lavorare a titolo di volontariato per uno Stato che ti dice brava mentre ti infila un coltello dietro la schiena.

Nessuno ci ha chiamato per darci un supporto economico che ci consoli e ci permetta di fare la spesa più tranquillamente. Nessuno ci ha offerto un sostegno psicologico o una modalità di respiro due ore al giorno. Dobbiamo morire tutte. L’importante è che poi ci facciano rientrare nei Covid19 così nessuno si dovrà assumere questa responsabilità.

Sono decenni che si lotta per i diritti nostri e dei nostri figli e lo faremo ancora e con tenacia e sempre con maggiore forza. Noi viviamo la pandemia da sempre con i nostri figli immunodepressi dei quali nessuno si è mai interessato. Come mai tutti gli starnutivano beatamente addosso e nessuno si è mai posto il problema di proteggerli fino a due mesi fa? Come mai tutti i malati immunodepressi non sono mai stati considerati?

E ora in questo mondo sempre più pirandelliano fatto di tantissime maschere e pochissimi volti procediamo verso la farsa detta fase 2. Attenzione, perché alla fase 3 sarà complicato spiegare cosa sarà successo ai tanti caregiver che non ce l’avranno fatta. Chi mi segue conosce il mio ottimismo. Ma sono caregiver anche io e nonostante sia fortunatissima rispetto la maggioranza, dopo due mesi inizio a barcollare.

Barcollo ma non mollo perché ho dentro e intorno a me chi mi sostiene senza mai vacillare. Ho una mia vita ricostruita in un ventennio ed è per questo che voglio essere in prima linea a fare per gli altri genitori quello che qualcuno anni fa ha fatto per me. A tutti voi che leggete, alzate il telefono e chiamate i caregiver… lasciateli sfogare e aiutateli senza giudizio, perché hanno ragione da vendere. Sono sfiniti non dalla pandemia ma dalla totale, consueta, arida indifferenza.

Conta poco a mio avviso uscire o no. Ciò che serve è un aiuto concreto e la ripresa ponderata e seria di una vita libera. Fatichiamo a volte a capire, ma questo accade perché noi i conti con la morte li facciamo ogni minuto del giorno e della notte da tanto tempo. Tenetelo presente.

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