Se in questi giorni avete parlato di “dittatura”, di “limitazione delle libertà”, allora non avete capito proprio niente. Il Potere non vede l’ora di farci tornare tutti in strada. Si è preoccupato per noi, ha evitato che morissimo, perché gli serviamo vivi.

Da vivi possiamo comprare, andare in macchina, consumare, e soprattutto lavorare al grande Leviatano. Il potere non vede l’ora che torniamo liberi, più di quanto non lo stiamo desiderando noi stessi, perché sa, con certezza, che nessuno fuggirà dal recinto. Anzi, tutti riprenderemo ordinatamente i nostri posti precedenti e ricominceremo a fare il nostro dovere, nei tempi stabiliti, anzi, con maggiore determinazione di prima, aderendo a tutte le regole.

La finanza non si augura altro di poter riprendere a crescere; le grandi multinazionali hanno bisogno di pace e tranquillità (oltre che dei negozi aperti) per vendere di più e meglio i loro prodotti; la politica ha bisogno che la gente sia distratta dalle stupidaggini della Festa della Mamma o della Giornata della Gentilezza così siamo distratti e le lasciamo fare il suo lavoro, l’interminabile trama del potere.

Perfino l’industria bellica non vede l’ora che torniamo a produrre e a fare la guerra, perché non le va a genio che a far morire la gente non sia una bomba. Non rende niente, così. Dalle assicurazioni ai Fondi di investimento e fino al telemarketing tutti devono riprendere a fare al meglio il proprio lavoro. Così deve funzionare il mondo. Nessun virus deve mettere a repentaglio l’equilibrio del sistema.

E noi, per primi, non desideriamo che questo. Talmente tanto ne siamo parte, che lo desideriamo tanto quanto il grande burattinaio. Rientrare nel logotipo, rientrare nello schema, nel cluster, tornare ad essere tipizzati da Google e Facebook non per le cose che diciamo o scriviamo via web sul virus, quelle non gli interessano affatto, e tanto meno quelle sul Governo: vogliono sapere tutto di noi nella vita normale, corrente, quella che chiamiamo “libera” per poterci orientare, vendere qualcosa.

Il nostro debito deve aumentare. Solo così potranno proporci ogni possibile soluzione, nei momenti adeguati, al giusto prezzo. Questo è lo schema. Il virus dà solo fastidio.

Che poi qualcuno tema che ci mettano presto un chip sottopelle è la divertente teoria degli ipocriti. Quel chip ce lo abbiamo già, tra carte di credito, social e smartphone. Ma soprattutto ne abbiamo uno ancora più antico, un chip che ci dice quando come e dove vivere, se e quando avere paura, di cosa, e dunque quando e cosa comprare per lenire l’angoscia, quando rinnovare la stanzetta per salvare il nostro matrimonio, quando concederci un viaggio, come vestirci, a che ora uscire di casa la mattina, come rilassarci dopo tanto traffico, come non alzare la testa mai, neanche quando umanamente dovremmo. Non protestare troppo. Non pensare che siamo nati re e moriamo schiavi.

La libertà che temiamo di aver perduto e che in queste ore ci stanno lentamente restituendo non solo non è a rischio, ma è garantita dal carceriere. Infatti non è libertà. Noi la chiamiamo così, ma solo perché il chip nel cervello ci fa dare anche i nomi alle cose. I nomi sono importanti. Servono a convincersi di quello che non c’è.

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