Dopo l'incontro con il premier, il leader di Italia viva alza ancora la posta: chiede un accordo scritto con il presidente del Consiglio per restare in maggioranza. Lo strumento è quello usato da Lega e 5 stelle per formare il Conte 1 e che renziani e dem contestarono tanto dal non volerlo usare per il Conte 2. Ma la partita per l'ex premier ora è un'altra: "Al Senato abbiamo la metà dei senatori del Pd, 17 contro 35, eppure al governo i nostri sono solo tre"
Dicono che l’incontro con il premier è stato positivo, ma neanche 24 ore dopo l’uscita dal vertice sono ricominciate le richieste. Ora Italia viva, parola del leader Matteo Renzi, per restare in maggioranza vuole “un contratto alla tedesca“. Proprio quel contratto alla tedesca che avevano usato Lega e M5s per formare il governo Conte 1 e che il Pd (con ancora dentro Italia viva) non ha voluto al momento di fare il patto con i 5 stelle. Uno strumento contestato più volte dagli stessi renziani, tanto che, solo a fine novembre su La7 (Omnibus), la capogruppo Iv alla Camera Maria Elena Boschi aveva detto: “Ho pensato che fosse un errore e che fosse sbagliato, anche dal punto di vista costituzionale, parlare di contratto quando lo hanno fatto Lega e M5s, e continuo a pensarlo oggi, anche se lo facessero Pd e Movimento 5 stelle”. Era il momento in cui Beppe Grillo aveva chiesto di rilanciare il patto di governo con una lista di priorità per il 2020 e i renziani storcevano il naso perché formula troppo simile a quella usata dai gialloverdi.
Insomma, Italia viva, che nei sondaggi galleggia sotto al 3 per cento, in Parlamento vuole far pesare i suoi numeri in una maggioranza che si prepara ad affrontare non pochi ostacoli. Questo hanno detto i renziani ieri davanti al premier che gli chiedeva responsabilità: la collaborazione c’è, ma i 17 senatori che potrebbero fare la differenza a Palazzo Madama non se li deve dimenticare. Siamo sempre sotto la soglia della minaccia e per il momento non c’è l’interesse ad arrivare allo strappo, ma il logoramento continua. Soprattutto in vista dei prossimi ostacoli per la maggioranza: dal decreto maggio alla mozione di sfiducia al ministro Bonafede. Ma non solo: i renziani hanno chiesto al premier anche segnali su un tema fondamentale per Conte e i 5 stelle come la prescrizione. Difficile pensare che le acque possano restare tranquille a lungo e che l’intesa, come ha fatto capire di gradire lo stesso presidente della Repubblica, non sia sottoposta a continue scosse.
E infatti, dopo un confronto che tutte le parti hanno definito “positivo”, oggi l’ex premier Renzi ha rilasciato un’intervista a la Stampa, nella quale alza ancora la posta: “Se Conte fa le cose giuste, vada avanti“, ha detto. “Non ho un problema personale con lui, il mio problema sono le cose da fare per l’Italia. Al premier proponiamo di stilare un contratto di programma alla tedesca per chiarire dove vogliamo portare l’Italia: quale politica industriale, quali interventi per la famiglia, come lavorare sulla scuola”. Ma più che di una proposta, si tratta di una condizione per restare al governo: “Sta arrivando un temporale, per l’Italia sarà durissima. Migliaia di aziende chiuderanno, migliaia di persone perderanno il lavoro. Dico al presidente Conte: se vuoi che continuiamo a sostenerti, apriamo insieme l’ombrello”.
Renzi ha poi smentito che l’obiettivo sia un rimpasto, ma ha rilanciato quella che vuole usare come arma di ricatto: i 17 senatori di Italia viva: “A me interessano i posti di lavoro non i posti al governo”, ha detto. Salvo poi aggiungere: “Se dovessi chiedere più poltrone sulla base dei nostri numeri, ne dovrei chiedere decine. Al Senato abbiamo la metà dei senatori del Pd, 17 contro 35, eppure al governo i nostri sono solo tre, cioè un decimo rispetto ai dem. Ma in questa fase chissenefrega delle poltrone. Del riequilibrio non mi importa nulla”. In realtà lo scenario non è così campato per aria e già il prossimo 13 maggio, quando Palazzo Madama discuterà la mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, Italia viva dimostrerà se intende votare con l’esecutivo o meno. “Aspettiamo di vedere cosa c’è scritto e come Bonafede intenda replicare”, ha detto Renzi. “Ma sia chiaro che per noi il problema non è Bonafede, ma la sua linea. Poi vorrei capire perché ci sono state queste scarcerazioni: gli italiani in casa e il Dap fa uscire i boss? Cercheremo di capire”.
L’ex premier da settimane cerca un motivo di scontro con l’esecutivo: dai suoi continui appelli per le riaperture, nonostante le critiche di scienziati ed esperti, all’attacco a viso aperto fatto in Senato poco più di una settimana fa contro Conte accusandolo di “populismo”. Ma, ha ribadito anche oggi, il suo obiettivo per ora non è la crisi: “Io credo che la crisi non ci sarà“, ha detto sempre a la Stampa, “ma se qualcuno pensa di utilizzare l’evocazione del voto per farci stare zitti e buoni sappia che hanno sbagliato destinatario”. In caso di crisi, “il compito del Capo dello Stato è verificare se esista o meno un’altra maggioranza. Decide il Parlamento e il Colle prende atto. In Italia funziona così. Poi ovviamente spero che non ci sia bisogno di una crisi”.
Tra i nodi che il governo Conte dovrà sciogliere c’è anche quello delle regolarizzazioni dei lavoratori stranieri, proposta sulla quale la ministra Iv Bellanova è arrivata a minacciare le dimissioni se non sarà accolta. “Non avrà bisogno di dimettersi”, ha detto Renzi, “perché la sua è una proposta di buon senso e sarà accolta”. E quindi ha criticato il “silenzio pressoché totale” di “una parte del Pd”.