di Federica Pistono*
Il hammam, erede delle terme greco-romane nel mondo arabo-islamico, è il luogo tradizionale dell’intimità, dell’abluzione rituale, della purificazione del corpo, ma anche e soprattutto spazio di interazione sociale e culturale. L’immaginario occidentale ha fatto spesso di questo luogo il polo d’ispirazione di una visione orientalista, esotica ed erotica, dell’Oriente.
La lettura delle lettere di Lady Montague, moglie dell’ambasciatore britannico in visita ai bagni di Istanbul nel 1718, ispira il pittore francese Ingres, che nel 1862 esegue un celebre dipinto su questo soggetto, Il bagno turco. Il quadro raffigura, in una luce morbida e soffusa, numerosi nudi femminili con un’odalisca che, di spalle, suona per un gruppo di ragazze, una delle quali assume una posa speculare a quella della danzatrice sul fondo. La stessa Lady Montague sottolinea il valore sociale del hammam per le donne, per le quali i bagni rappresentano l’equivalente dei caffè per gli uomini.
Al di là di tale impostazione intrisa di esotismo, nella letteratura araba la raffigurazione del hammam come spazio letterario è presente già ne Le mille e una notte, con la celebre Storia di Abu Qir e Abu Sir, in cui il bagno è celebrato non tanto per la sua utilità, ma perché rappresenta quel valore aggiunto, in termini di piacere e amore per la bellezza, che rende perfetta una civiltà. Questo ambiente particolare, così propizio all’incontro e alla familiarità, è oggetto di rappresentazioni letterarie tanto realistiche quanto fantastiche.
Nella narrativa araba contemporanea, il contesto del hammam è spesso accostato al mondo femminile nella sua dimensione più intima e privata, anche perché l’ambiente umido, buio e, per certi versi, misterioso suscita facili associazioni con l’universo delle donne. Nel romanzo Ombra sultana della scrittrice algerina Assia Djebar (Baldini Castoldi Dalai, 1999), l’autrice ambienta proprio in un hammam l’incontro cruciale tra le due protagoniste dell’opera, due donne sposate allo stesso uomo, alla cui supremazia tentano di contrapporsi.
Il bagno pubblico è un luogo in cui tra due donne appartenenti a generazioni diverse può nascere una nuova comprensione e un’affettuosa complicità. Nel racconto Il bagno delle donne della scrittrice siriana Ulfat al-Idlibi (I. Camera D’Afflitto, Narratori arabi del Novecento, I, Bompiani, 1994), l’autrice racconta la relazione tra una nonna e una nipote e la loro rinnovata intesa proprio attraverso la narrazione particolareggiata di una seduta in un tradizionale bagno pubblico nella città di Damasco.
La visita al hammam è l’occasione, per la giovane, di conoscere meglio la nonna e le sue abitudini, e per l’anziana di attirare l’attenzione della ragazza e di farle scoprire un luogo da sempre caro al suo cuore, un luogo in cui è amata e rispettata come quando era giovane.
Nel romanzo Khatem della scrittrice saudita Raja Alem (Atmosphere libri, 2016), un hammam nella città della Mecca è raffigurato come scenario di visioni e di sogni in cui, nel calore umido di un locale rischiarato soltanto da un’apertura nella cupola, coperta di vetri colorati, la protagonista, una giovane ermafrodita, vive un momento di estasi che la induce a distaccarsi, per un attimo, dall’angoscioso segreto della sua vera natura. Immersa nei vapori del bagno e nella penombra, nei profumi lasciati dai corpi femminili sulle panche di pietra, il personaggio sente dissolversi per un attimo il tormento della sua condizione impossibile.
Se il hammam è spesso rappresentato come spazio di ritrovo e di confidenze femminili, a volte è raffigurato come luogo di introspezione e di riflessione anche per l’universo maschile, un posto in cui trovare rifugio da un mondo frenetico e riscoprire le proprie radici.
È quello che ci narra lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun in un breve e intenso romanzo, intitolato proprio L’hammam (Einaudi, 2002). L’opera narra la storia di un ricco e famoso pianista marocchino che vive a Parigi. L’uomo, pur amato e sostenuto dalla moglie, è ossessionato dall’odore sgradevole del suo corpo, che svanisce solo quando il protagonista torna nel hammam di Fes della sua infanzia.
Non basta lavarsi con cura maniacale e badare ossessivamente alla propria igiene. Il protagonista si sente sporco e intuisce che solo il hammam della sua infanzia, con la sua atmosfera mistica, potrà purificarlo. Il ritorno ai luoghi del cuore e alla propria cultura è dunque la chiave per accedere alla pace interiore.
* traduttrice ed esperta di letteratura araba