Cultura

Lo scaffale dei libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti a tre opere prime (Kochai, Mumcu, Delabroy-Allard)

di Davide Turrini

Mettetevi comodi sul vostro tappetino. Perché nella nostra vita di impenitenti agnostici è la prima volta che lodiamo Allah. Novantanove notti nel Lowgar di Jamil Jan Kochai (Einaudi) è il romanzo più pimpante e delizioso che abbiamo letto negli ultimi mesi. Ambientato in Afghanistan, nel luogo lontano di Lowgar, con protagonista il dodicenne Marwand, i suoi cugini, zii, parentado largo e nutrito, l’opera prima di Kochai è un tuffo benefico e vitale dentro ad un fenditura di guerra del presente che lascia aria fresca nei polmoni e immagini limpide negli occhi. Un romanzo che si vede pagina dopo pagina come fosse un film. Uno Stand by me afgano con Marwand, Dawood, Gul e compagnia intenti a ricercare il cane fuggito, che sembra un lupo, Budabash. La ricerca dell’animale è pretesto per esplorare il labirinto natio (Marwand è appena tornato coi genitori dagli Stati Uniti dove vive), tutto compound, grotte, rigagnoli, mine, frutteti, tracce passate di russi, e presenze incombenti di americani. Il passo è battuto al ritmo di una rimescolata tra capitoli giornalieri in rigoroso ordine sparso in modo che la linearità narrativa si perda e si mimetizzi in una simbiosi ambientale perfetta. Il tono baldanzoso da racconto di formazione si screzia di favolistico (il rilancio continuo de Il racconto del… in mezzo al testo è una trovata preziosa modello Mille e una notte) e di spiritoso realismo tra Maometto e lupi mannari, George Bush e diarree spinte, senza mai quel peso saccente da adulto che si trasforma in voce narrante da bambino. Il buffo cortocircuito culturale è infine il cuore del racconto, con una capacità descrittiva gioiosa che palpita nel momento in cui il protagonista rifà sue radici, origini, battiti che gli sono propri. Le parole sfuggite in pashto, gli attimi fulminei di preghiera, la giocosità esplorativa del gruppo di ragazzini, quel cane bizzarro che mangia falangi e salva bambini, le tre pagine scritte in arabo e Frantz Fanon citato in apertura. Un Afghanistan così non l’avete mai letto da nessuna parte. Tenetevelo stretto. Voto: 7 e 1/2

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