L’atteso giudizio di Moody’s sull’Italia non è arrivato. L’agenzia di rating in una nota ha infatti spiegato di aver aggiornato il suo calendario e che quindi non comunicherà alcuna decisione. Per ora il giudizio sul nostro Paese resta quindi a Baa3 con outlook stabile e viene scongiurato il rischio di un downgrade che avrebbe portato il rating italiano in territorio ‘junk’, ovvero spazzatura, con forti implicazioni negativo. È arrivato invece l’aggiornamento della quarta agenzia di rating, la canadese Dbrs: confermato il rating BBB (high) dell’Italia ma rivisto al ribasso il trend a negativo da stabile. Il giudizio resta comunque ben tre gradini al di sopra del livello spazzatura.

Se Moody’s avesse tagliato l’attuale rating italiano, la Bce avrebbe dovuto rafforzare gli acquisti di titoli di stato emessi da Roma per evitare tensioni. E per colmare il possibile esodo degli investitori privati, quali fondi pensioni e compagnie assicurative che spesso possono tenere in portafoglio solo bond con rating elevati. Al momento comunque non è il caso dell’Italia, che mantiene il grado di investimento anche per S&P (confermato ad aprile) e per Fitch, nonostante l’inatteso downgrade deciso da quest’ultima 10 giorni fa. La newyorchese Moody’s invece rimanderà qualsiasi valutazione probabilmente al prossimo appuntamento, fissato per il 6 settembre.

La valutazione di Dbrs – L’agenzia Dbrs conferma il rating BBB (alto) sul debito della Repubblica Italiana ma rivede al ribasso le prospettive – da stabili a negative. La tendenza negativa – si spiega – “riflette la notevole incertezza sulle ripercussioni economiche derivanti dall’impatto della pandemia da coronavirus in uno scenario economico già debole“. La crisi aperta dal virus “comporta il rischio che una perdita prolungata della capacità produttiva indebolisca ulteriormente il fragile potenziale di crescita dell’Italia, incidendo sulla capacità dell’Italia di migliorare la sostenibilità del debito pubblico in futuro”. L’agenzia ricorda comunque il “livello straordinario di sostegno del governo per mitigare l’impatto economico negativo” che però “comporta un costo per il bilancio finanziario del governo. Di conseguenza, il debito pubblico salirà probabilmente dal 134,8% del PIL alla fine del 2019 al 155,5% del PIL entro la fine di quest’anno, secondo le ultime proiezioni del Fmi”.

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