Il primo round lo ha vinto il governo contro la Regione Calabria. Il Tar di Catanzaro ha accolto il ricorso presentato dal Consiglio dei ministri tramite l’Avvocatura generale dello Stato e ha annullato l’ordinanza del 29 aprile emessa dalla governatrice Jole Santelli.
La presidente della Regione, al contrario di quanto stabilito nel Dpcm firmato da Giuseppe Conte tre giorni prima, aveva consentito “nel territorio della Regione Calabria, la ripresa dell’attività di ristorazione, non solo con consegna a domicilio e con asporto, ma anche mediante servizio al tavolo, purché all’aperto e nel rispetto di determinate precauzioni di carattere igienico sanitario”.
Dopo qualche ora di camera di consiglio, i giudici amministrativi hanno dato ragione al ministro Francesco Boccia che aveva definito il provvedimento della Santelli “illegittimo”, “carente e lacunoso” oltre che affetto da “difetto di motivazione, illogicità, contraddittorietà e non proporzionalità”.
“Innanzitutto – è scritto nella sentenza – va ricordato che l’odierna controversia riguarda esclusivamente la possibilità di svolgere, dal 4 maggio 2020 al 17 maggio 2020, l’attività di ristorazione con servizio al tavolo. In proposito, si osserva che l’articolo 41 della Costituzione, nel riconoscere libertà di iniziativa economica, prevede che essa non possa svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
D’altronde, chiariscono i giudici amministrativi, “il fatto che la legge abbia attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di individuare in concreto le misure necessarie ad affrontare un’emergenza sanitaria trova giustificazione nell’articolo 118, comma 1 della Costituzione: il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario”.
Anche per questo motivo, “emerge chiaramente – si legge nella sentenza del Tar di Catanzaro – l’illegittimità dell’ordinanza del presidente della Regione Calabria. Spetta infatti al presidente del Consiglio dei ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus Covid-19″, mentre “alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall’articolo 3, comma 1 del decreto legge 19 del 2020, che però nel caso di specie è indiscusso che non risultino integrati”.
Il decreto legge 10 del 2020, infatti, stabilisce che le “regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive”. Non, quindi, il contrario: la possibilità di servire gli alimenti all’aperto è stata giustificata dalla Regione con il “valore di replicazione del virus Covid-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia”.
“È però ormai fatto notorio – spiega il Tar – che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale”, nonché, si legge ancora nella sentenza, “l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale)”. Non a caso, dicono ancora i giudici, “le restrizioni dovute alla necessità di contenere l’epidemia sono state adottate, e vengono in questa seconda fase rimosse, gradualmente, in modo che si possa misurare, di volta in volta, la curvatura assunta dall’epidemia in conseguenza delle variazioni nella misura delle interazioni sociali”.
I giudici amministrativi, quindi, sposano la linea del governo che ha previsto un graduale ritorno alla normalità: “Un tale modus operandi appare senza dubbio coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria quale quello in atto, dovuta alla circolazione di un virus, sul cui comportamento non esistono certezze nella stessa comunità scientifica”.
Nella parte finale della sentenza, il Tar bacchetta la Regione e la governatrice Santelli che, dopo la diffida del governo, non ha mai fatto un passo indietro rispetto all’ordinanza del 29 aprile: “È chiaro – si legge – che, in un simile contesto, ogni iniziativa volta a modificare le misure di contrasto all’epidemia non possono che essere frutto di un’istruttoria articolata, che nel caso di specie non sussiste”.
I giudici non lo scrivono apertamente ma è chiaro che dietro tutto ci sono questioni di carattere politico: “Sul punto, – scrive il Tar – occorre ricordare come la violazione del principio di leale collaborazione costituisca elemento sintomatico del vizio dell’eccesso di potere. Nel caso di specie, non risulta che l’emanazione dell’ordinanza oggetto di impugnativa sia stata preceduta da qualsivoglia forma di intesa, consultazione o anche solo informazione nei confronti del governo”. Anzi, aggiungono i giudici, “il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale e il Dpcm 26 aprile 2020 denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi, e dunque la violazione da parte della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell’assetto di competenze del titolo V della Costituzione”.
Immediata la reazione del ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia: “Le sentenze e le leggi non si discutono ma si applicano. E questo deve valere per ognuno di noi”. La sicurezza sui luoghi di lavoro per lavoratori e cittadini, aggiunge, “è una nostra priorità assoluta nell’emergenza Covid-19″. Il governo, ha concluso, “sta facendo ripartire il Paese in sicurezza. Non è la stagione delle divisioni, dei protagonismi e dell’individualismo”.
Per l’avvocato Oreste Morcavallo, uno dei legali che ha assistito la Regione Calabria, è una decisione “rispettabile ma ininfluente”. L’ordinanza, secondo il legale, “ha avuto piena esecuzione per 11 giorni e il governo ha preannunciato per mercoledì che disporrà l’apertura di bar e ristoranti a livello generale”. La Regione, prosegue, ha “vinto con il mancato accoglimento del decreto cautelare” ed “ha avuto un importante risultato acquisendo la primazia politico-istituzionale di tutela delle prerogative costituzionali delle regioni”.