Il contagio in spiaggia? Improbabile. Né tantomeno in piscina, o facendo il bagno in mare. Lo spiega il professor Antonio Cassone, coordinatore della Società italiana di Microbiologia e docente all’Università di Perugia, in un’intervista al Corriere della Sera: “Il coronavirus Sars-Cov-2, come i virus della stessa famiglia, ha una membrana sottile e instabile. L’acqua salina lo danneggerebbe immediatamente rendendolo innocuo, incapace di infettare“.
Le distanze di sicurezza vanno sempre mantenute, anche facendo il bagno, ma l’acqua non veicola il virus di per sé, dal momento che é un “formidabile diluente – spiega il professor Cassone – le particelle espulse da una persona si disperderebbero a tal punto da perdere la carica infettiva”. Stesso discorso per le piscine, se viene rispettata la regole di un continuo ricambio dell’acqua e a patto che non si creano gruppi di persone che giocano o parlano a distanza ravvicinata. Un aiuto in più viene dal cloro, potente disinfettante in grado di uccidere microrganismi molto resistenti come il batterio della legionella. Piuttosto, bisogna fare attenzione a “distanze e igiene negli spogliatoi, nei bagni, nei corridoi d’accesso agli impianti”.
Alla domanda del Corriere sulle alte temperature, il microbiologo risponde: “Sì il calore è un nemico, e questo vale per molti virus che si diffondono con la complicità dell’umidità invernale“. Il sole, spiega, ha un “I raggi ultravioletti fanno evaporare più velocemente il droplet – le goccioline emesse tossendo o parlando, veicolo di contagio, ndr – il virus inoltre subisce una radiazione che è germicida”. Poi aggiunge che nemmeno la sabbia può essere considerata veicolo di contagio: anche se i granelli venissero contaminati, dovrebbero entrare immediatamente in contatto con un’altra persona, nelle vie respiratorie o negli occhi. Un’ipotesi che definisce improbabile. Considerazioni che lasciano intravedere uno spiraglio per le vacanze, a patto di rispettare le norme fondamentali: distanze tra le persone, lavaggi frequenti delle mani, mascherine. “Il rischio riguarda gli ambienti chiusi – conclude il professor Cassone – mentre all’aperto si può avere una certa tranquillità“.