Il rapporto di Save the children evidenzia come gli effetti della pandemia sulle istituzioni scolastiche abbiano messo a dura prova maggiormente i ragazzi che vivono in famiglie in condizioni di difficoltà economica. Più penalizzato il Sud, ma anche al Nord ci sono molti territori che convivono col disagio
Intrappolati tra la povertà materiale crescente delle loro famiglie, causata dall’emergenza Coronavirus, e la mancanza di opportunità educative dovuta alle scuole off limits e alle difficoltà nella didattica a distanza. Se molti bambini e ragazzi rischiano di rimanere indietro perdendo motivazione e competenze, in alcuni casi l’isolamento può portare persino all’abbandono della scuola. In occasione del lancio della campagna ‘Riscriviamo il futuro’, Save the Children diffonde un rapporto che include l’inedita indagine realizzata per l’Organizzazione dall’istituto di ricerca 40 dB su un campione di oltre mille bambini e ragazzi tra gli 8 e i 17 anni e i loro genitori. Il 39,9% di queste famiglie è in condizioni di fragilità socio-economica anche a causa della crisi dovuta al Covid-19. E quasi un genitore su 7 (14,8%), tra quelli con una situazione più difficile, ha perso il lavoro definitivamente, oltre la metà lo ha perso temporaneamente, mentre più di 6 su 10 stanno facendo i conti con una riduzione temporanea dello stipendio, al punto che rispetto a prima del lockdown la percentuale di nuclei familiari in condizione di vulnerabilità socio-economica che beneficia di aiuti statali è quasi raddoppiata, passando dal 18,6% al 32,3%. Cosa accade, nel frattempo, ai figli? Circa uno su cinque incontra maggiori difficoltà a fare i compiti rispetto al passato e, quasi un bambino su 10 di età compresa tra 8 e 11 anni non segue mai le lezioni a distanza o lo fa meno di una volta a settimana. Sei genitori su dieci (60,3%) ritengono che i propri figli avranno bisogno di supporto quando torneranno a scuola data la perdita di apprendimento degli ultimi mesi.
L’IMPATTO ECONOMICO DELL’EMERGENZA – Una fotografia della povertà educativa che si alimenta, in un circolo vizioso, con quella della crisi economica che ha impoverito ulteriormente le famiglie. Dei circa 9,5 milioni di lavoratori che nel mese di marzo non hanno potuto lavorare, 3,7 milioni vivono in famiglie monoreddito, di cui la metà con figli a carico, dove pertanto è venuta a mancare l’unica entrata economica. Un impatto travolgente per il quale, sottolinea il rapporto di Save the Children, un milione di bambini in più oggi rischiano di scivolare nella povertà assoluta, andandosi così ad aggiungere agli attuali 1,2 milioni di minori attualmente certificati in condizioni di povertà assoluta ed innalzando la percentuale dall’attuale 12% sino al 20%.
IL MANIFESTO – Con la campagna ‘Riscriviamo il futuro’, l’organizzazione diffonde un manifesto firmato da oltre cento personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, della musica e del giornalismo, dell’impresa e dello sport (www.savethechildren.it/riscriviamoilfuturo), per chiedere a Governo, Parlamento, Regioni e istituzioni locali di “aiutare i bambini a uscire dalla povertà educativa con un Piano straordinario per l’infanzia e l’istituzione di una unità di missione che ne garantisca l’attuazione”. Dispersione scolastica, mancanza di asili nidi e scarsità di opportunità educative, culturali e sportive per bambini e ragazzi sono fenomeni già noti in Italia, soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud. Con l’emergenza Covid-19 rischiano di estendersi al resto d’Italia. Save the Children ha elaborato una serie di mappe del rischio educativo, per individuare le province italiane dove l’impatto socio-economico della crisi potrebbe avere effetti più gravi.
LA MAPPA DEL RISCHIO EDUCATIVO – Se è soprattutto al sud che si concentrano le percentuali più elevate di studenti in condizioni di maggiore svantaggio socio-economico e culturale, con le province di Taranto, Napoli, Barletta-Andria-Trani che presentano percentuali superiori al 30%, dalle mappe spiccano anche alcune province del centro e del nord, come Prato con il 28% e Vercelli con il 24,4%. Per quanto riguarda la copertura di asili nido e servizi per la prima infanzia, province come Caserta, Crotone e la città metropolitana di Reggio Calabria presentano percentuali inferiori al 2%, a fronte di una media nazionale del 13,5% (un dato ben lontano dal target Ue del 33% e tra i più bassi in Europa), ma anche al Nord ci sono realtà ben al di sotto della media nazionale, come Treviso, Belluno, Sondrio e Lodi (che si attestano sotto il 10%) o la città metropolitana di Venezia, che supera di poco l’11%. La mappa sulla dispersione scolastica (fenomeno che a livello nazionale riguarda il 13,7% dei ragazzi, mentre l’obiettivo Ue è quello di ridurre il tasso sotto il 10% entro il 2020) ci racconta che in Italia circa 70 province su 107 non raggiungono il target europeo. Tra queste le più svantaggiate sono Caltanisetta (27,1%), Brindisi (26%), Sud Sardegna (25,7%), ma numerose sono anche le realtà al centro e al nord che presentano forti criticità, come le province di Imperia (22,2%) e Arezzo (22%).
LA DIDATTICA A DISTANZA – Ora la scuola ha dovuto affrontare anche la sfida della didattica a distanza, che spesso ha acuito divari sociali e territoriali. Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati Istat a disposizione, più di 4 minori su 10 vivono in abitazioni sovraffollate, privi di spazi adeguati allo studio, e il 12,3% non ha un computer o un tablet in casa per seguire le lezioni a distanza, percentuale che arriva al 20% al Sud. Tra i bambini e ragazzi che invece possono disporre di questi strumenti, il 57% si vede costretto a condividerlo con gli altri familiari. Solo il 30% dei ragazzi impegnati nella didattica a distanza, peraltro, presenta competenze digitali idonee all’uso delle piattaforme online. È su questo scenario che la didattica a distanza ha incontrato difficoltà oggettive: secondo i genitori il ritmo scolastico dei figli è peggiorato nel 39,9% dei casi. In particolare, tra i genitori in maggiore difficoltà socio-economica in Italia molti sono quelli che vorrebbero un aiuto più consistente da parte degli insegnanti (72,4%) e un accesso più semplice alla didattica a distanza (71,5%) perché ritengono le attività scolastiche più pesanti per i loro figli (63,4%), difficili (53,9%), eccessive (46,7%). Ascoltando la voce dei bambini e ragazzi, emerge che uno su 5, in questi mesi ha maggiori difficoltà nel fare i compiti e il 22,4%, tra quelli che vivono in contesti familiari con deprivazioni socio-economiche, ritiene di avere bisogno di maggiore supporto perché non si sente sicuro nelle materie scolastiche.